Il dilemma della sinistra del Terzo Millennio.


A me questo fatto della dismissione immobiliare del Paese per salvare il debito proprio non mi va giù.

Come non mi va giù l’idea di vendere le aziende pubbliche legate ai bisogni primari (luce, acqua, produzione di energia), perché chi le mette in vendita sono gli stessi che se le possono comprare o sono i sodali di quelli che possono farlo.

C’è una sorta di conflitto di interessi che rende la privatizzazione una sorta di amplificatore dell’ingiustizia sociale. Perché le cose vengono svendute perché vengono considerate un peso, vengono acquistate da chi se le può permettere ed infine (quasi sempre) le fa fruttare.

Eppure è proprio qui il nodo della sinistra odierna: si gioca tutto sul filo sottile che lega insieme tutta una serie di questioni quali il libero mercato, la competitività, l’ efficienza e la meritocrazia delle aziende pubbliche.

I due sistemi che si sono combattuti nel secolo scorso erano uno liberale e liberista, l’altro statalista e monopolista. Da una parte il mercato libero, la proprietà privata, la libera impresa, dall’altra le aziende di Stato, il lavoro per tutti, forse troppi. Quel dualismo non sta più in piedi e non c’era Paese meglio del nostro che vivesse questa dialettica meglio di altri.

Le aziende pubbliche oggi sono il modo con cui oggi la politica di ogni colore foraggia e premia i sodali più poveri, la massa. Storicamente poi il PCI che amministrava i comuni e le regioni ha foraggiato i costruttori locali (cosiddetti palazzinari di sinistra), ha gestito le aziende pubbliche a dimensione comunale e regionale, la DC oltre a queste cose ha governato pensando anche agli industriali. Sto tagliando con l’accetta e non sto dando alcun giudizio di merito. In alcuni casi, alcune cose, sono persino state fatte bene.

Nelle aziende pubbliche non c’è lo stress del fatturato e nemmeno dell’efficienza delle risorse umane e tecnologiche. Così le aziende pubbliche divengono una fonte di perdita per i comuni e lo Stato e quindi arrivano al punto da dovere essere vendute. Una volta vendute a basso costo, il privato risistema l’azienda, manda via qualcuno, assume persone valide, fa fruttare l’azienda, magari alza anche le tariffe più del dovuto, tanto ormai è sua.

Domanda: non sarebbe arrivato il tempo di mettere mano alle aziende pubbliche in modo efficiente per farle funzionare anche a costo di cominciare a cacciare chi non fa niente, dando obiettivi ai dirigenti pubblici e selezionandoli non con criteri politici? Difendere i lavoratori – in modo indistinto, intendo, e quando capita – non è condannare l’azienda al fallimento e quindi obbligare alla privatizzazione? Siamo davvero così sicuri che nella maggior parte dei casi azienda pubblica significa perdita e azienda privata significa profitto? Insomma siamo sicuri che nella catena del funzionamento delle cose, nell’intervento di sindacati e partiti di sinistra non ci sia nulla da rivedere? Non dobbiamo fare nessuna autocoscienza? Non è meglio assumere qualcuno in meno e farlo con dei criteri che assumere chiunque e poi difenderlo in quanto “lavoratore” a prescindere da come lavora? E se difendiamo il lavoratore, in quel caso, stiamo difendendo il Lavoro? Il lavoratore fa difeso sempre o come accade in Germania sono gli stessi sindacati che per conservare autorevolezza isolano gli elementi che non lavorano come gli altri (non per limiti fisici, ovviamente), creando un sistema virtuoso di controllo interno?

Sono consapevole che toccare questo tasto è scoperchiare il vaso di Pandora. Per questo ho preso un tema caro alla sinistra, quello delle privatizzazioni. Insomma siamo convinti che non si possa rifondare la sinistra del nuovo millennio su una spina dorsale liberale ma non liberista?

Competitiva, ma equa.

Insomma quella famosa terza via mai ancora davvero imbroccata, che comporta una diffusione della ricchezza e delle responsabilità. Una sorta di partecipazione responsabile.

Tutte queste caserme da dismettere non potrebbero essere ristrutturate e parcellizzate e riqualificate e “distribuite” a più acquirenti?

Tutti questi immobili di pregio non potrebbero diventare dimore storiche i cui proventi li intaschi lo Stato? Quanto lavoro potrebbero dare in un Paese come il nostro che è un giacimento turistico inutilizzato? O non possono diventare, in parte, luoghi dove gli artisti creano, studiano, dipingono, pensano?

Le Case Cantoniere non potrebbero diventare luoghi per viaggiatori lowcost, magari gestite dai giovani locali con borse da assegnare ogni anno?

E non potremmo fare il servizio civile obbligatorio tutti, magari di 8 mesi, maschi e femmine e lavorare tutti un po’ a questo Paese, crescere, studiare, mischiare i dialetti come si faceva da militari? Non ci farebbe bene a tutti uscire dal nucleo famigliare, un calcio nel sedere a 18 anni, che faceva tanto bene almeno a maturare un po’ anche se era brutto farlo da militare, agli ordini, in divisa.

Insomma non c’è una via di sinistra alla costruzione ed alla cura del Paese? Non c’è un modo più collettivo di far funzionare le cose senza evocare il socialismo? E non c’è un modo più efficiente di far funzionare le cose senza evocare la Thatcher o Reagan?

22 pensieri riguardo “Il dilemma della sinistra del Terzo Millennio.

  1. “Insomma siamo convinti che non si possa rifondare la sinistra del nuovo millennio su una spina dorsale liberale ma non liberista?”

    cosa vuol dire liberale e cosa vuol dire liberista? Tu che significato attribuisci ai due termini?

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  2. Liberale: competitività. Liberista: Stato poco presente in economia.

    Io vorrei un Paese liberale, dove si può fare impresa, ma dove lo Stato sia presente, sia in termini di Welfare sia in termini di controllo di alcuni settori strategici.

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  3. Curioso. Io invece credo che il liberalismo indichi la teoria che predica il non interventismo in campo economico e che invece il liberismo sia quella che pro-competition.
    C’è sempre stata grande confusione tra i termini: liberalismo ha un significato politico ed uno economico. Ti faccio però notare che i cosiddetti “liberali” italiani di fine Ottocento possono essere classificati soltanto come liberali economici. Sicuramente non furono liberali politici, visto che non avevano alcun problema a reprimere nel sangue le frequenti manifestazioni di dissenso.
    Appurato che furono liberali economici, dobbiamo dare un’occhiata alle politiche che adottarono, che furono appunto anti-concorrenziali e di sostanziale astensione dello Stato da qualsiasi intervento nell’economia, sia nella costruzione dello Stato sociale, sia nella predisposizione di strumenti per garantire la concorrenza nei mercati (anti-trust e così via).

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  4. Ma non diciamo la stessa cosa quindi? liberalismo (liberisti): NON intervento dello Stato. Liberismo (liberali): competitività sul piano economico. Mi sfugge in cosa divergiamo…porca miseria. 😉

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    1. Certo, diciamo la stessa cosa XD La mia era una divagazione storica ed un tentativo di arrivare ad una conclusione preliminare al tuo post: vale a dire il fatto che ormai, almeno nel nostro paese, per motivi storici e per gli abusi che si sono succeduti, i termini “liberale” e “liberista” vogliono dire poco e generano molta confusione. Spesso la gente usa queste parole per indicare concetti diversi pur essendo d’accordo sulla policy da applicare concretamente. Oppure c’è chi, come Vendola, le usa del tutto a sproposito (vedi le sue accuse di “liberismo” a Berlusconi, che è un po’ come accusare Cicciolina di essere vergine). Il mio punto quindi è: non è arrivata l’ora di trovare un nuovo termine per indicare le posizioni su cui concordiamo?

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  5. mi intrometto, di ritorno da madrid. analizziamo un attimo in italia quante “libere imprese” abbiamo, almeno fra quelle grandi. abbiamo parecchie imprese, la fiat su tutte, che non conoscono minimamente la parola “competitività”, non investono, non cercano di imporsi grazie a un prodotto migliore di quello dei concorrenti; soffrono anzi la concorrenza; e poi periodicamente battono cassa dallo stato minacciando licenziamenti di massa; il problema sono, insomma, molte imprese private che non si comportano da impresa privata, ma da impresa pubblica che però poi si tiene il profitto che riesce a realizzare grazie all’intervento statale. e qui mi sembra sbagliato dare la colpa a chi “difende il lavoratore a tutti i costi” (?!). quanto poi alle imprese autenticamente pubbliche, basta vedere quali classi dirigenti, a livello nazionale e locale, hanno gonfiato le assunzioni per ricavare voti; basta vedere quali sindacati vanno forte in quelle realtà; basta analizzare, e qui hai perfettamente ragione cristiana, le levate di scudi bipartisan che si levano quando si toccano certi tasti, anche e soprattutto in casa pd, che oggi ha, fra la sua base elettorale, soprattutto pensionati (ma questo è un altro discorso) e dipendenti pubblici…

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  6. Fermati Jacopo per carità. Confondi la produzione con le vendite. Il mercato italiano dell’auto è uno dei mercati più competitivi al mondo….il fatto che Fiat sia la sola a produrre in Italia è un’altra cosa….nessuna casa automobilistica ha voluto prendere Termini Imerese….per esempio. Inoltre la Fiat di cui tu parli è la Fiat del pre Marchionne….da quando c’è Marchionne non ci sono stati aiuti di Stato. Inoltre vai a vedere cosa hanno fatto in Germania quanto ad incentivi qualche anno fa per rilanciare il mercato.

    Parliamo di liberismo, appunto, per fare sviluppare le imprese da sole, non farle chiudere.

    Parliamo di liberalismo per dire che vogliamo lo Stato presente sotto forma di Welfare e per far funzionare le aziende pubbliche.

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    1. Ecco, vedi che continuiamo a fare confusione? Il liberalismo non è ciò che tu indichi. Se proponi il liberismo (più concorrenza e libertà d’impresa) come tua posizione economica il liberalismo lo puoi proporre solo come posizione politica, cioè come difesa dei diritti degli individui dall’arbitrio dello Stato. Il che lascia scoperto quel che dicevi: lo vogliamo lo Stato sociale? Certo che lo vogliamo. L’approccio possiamo definirlo “liberalsocialista”.
      Ma cosa significa far funzionare le aziende pubbliche? Quali aziende che ora sono pubbliche dovrebbero rimanere pubbliche? Ad esempio, io le Poste le venderei quanto prima. Non sono un servizio strategico. Su Eni ed Enel starei molto più attento.

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  7. come spesso capita, non mi son spiegato bene. per quanto riguarda la fiat, a quel che mi risulta oggi la produzione è piuttosto bassa (mi pare di aver letto addirittura sotto alla bmw, che pure è nel comparto del lusso, e dovrebbe produrre di meno); le vendite sono in caduta libera, in italia e ancor più in europa. e allora vien da chiedersi: come mai? e negli altri paesi come fanno? ed ecco l’esempio più calzante, quello tedesco. perchè è vero che in germania lo stato è intervenuto per aiutare l’auto, soprattutto il “colosso” volkswagen, che era in difficoltà; è vero che la suddetta volkswagen ha proposto ristrutturazioni abbastanza pesanti ai suoi operai; prima, a parità di lavoro, stipendi più bassi, per non licenziare nessuno; e poi, un aumento del numero di ore lavorate mantenendo però lo stesso salario; se lo è potuta permettere, la volkswagen; gli operai dell’auto in germania prendono uno stipendio molto più alto dei loro omologhi italiani, e all’epoca lavoravano 36 ore settimanali contro le 40 degli italiani. oggi le vendite volkswagen sono tornate a schizzare in su; in europa, dove prima era testa a testa con la fiat, oggi non c’è più partita; persino in brasile la decennale egemonia fiat oggi viene messa a rischio dalla casa di wolfsburg. ma come mai la volkswagen è risorta e oggi sta più in salute che mai, mentre la fiat no? sarà stato merito solo di tagli e aumenti di ore? in realtà abbiamo da un lato una casa che si è (ri)messa a fare ricerca, innovazione, sviluppo di modelli nuovi, molto appetibili sul mercato e a prezzi tutto sommato contenuti rispetto al valore del prodotto (vedi la recente, esilarante polemica di marchionne sui prezzi troppo bassi delle macchine del rivale). insomma abbiamo una casa che ha superato un momento di difficoltà certamente imponendo sacrifici ai lavoratori (sacrifici pesanti ma non impossibli, visto i loro standard), ma soprattutto rimettendosi a fare il suo mestiere; l’auto; e oggi volkswagen aumenta di nuovo gli stipendi e distribuisce incentivi a 7500 euro alla volta, roba che un lavoratore fiat deve lavorare sei mesi per metterli assieme. questo io lo chiamo fare impresa; di modo che poi, se arriva la difficoltà, l’azienda potrà essere più credibile nel momento in cui chiederà sacrifici. è vero che, nell’era marchionne, non ci sono stati aiuti di stato; ma dipende ormai dai vincoli europei ai quali siamo sottoposti (marchionne è arrivato nel 2005); infatti marchionne, se potesse, se ne andrebbe domani dall’italia. e lo stato cosa fa? prevede un welfare efficiente? regole sulla rappresentanza veramente democratiche (o anche solo regole, visto che oggi di fatto non ci sono e si finisce sempre in tribunale)? non sembra. le uniche cose che si vedono sono pseudo-riforme che riducono i diritti ma lo fanno in modo talmente pasticciato da risultare, di fatto, inapplicabili (altro lavoro agli avvocati, quindi); oltre a dichiarazioni incoscienti, irresponsabili, virulente che non fanno altro che surriscaldare il clima per niente. quello che volevo dire io, che non sono un liberismo, è che in italia del liberismo si è preso sempre e solo il peggio; profitti sempre; rischi mai. e la colpa? quella è sempre della sinistra…

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    1. era la produzione fiat senza la chrysler; con la chrysler, dati di giuseppe berta in un pessimo peana alla fiat che mi tocca leggere per la tesi (fiat-chrysler e la deriva dell’italia industriale, tabella di pag. 44) il gruppo fiat chrysler è sesto con 3,671,000 vetture all’anno, dietro toyota, gm, vw, ford e nissan; i dati sono relativi al 2010.

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  8. Libera economia in libero stato. Salvando il welfare, lo statuto dei lavoratori e usando la leva fiscale a controllo di inflazione e liquidità. Posto ke sul socialismo aveva ragione Orwell, ke sul capitalismo avevano ragione marx e hengel, e sul lavoro la fiom è ancora da preferire a Biagi ( laddove su un anno un lavoratore interinale è rimasto impiegato una media di 42 giorni!) .
    Troppo forte x la sinistra? Ma sta sinistra poi ke vuole, ke obiettivi ha, quali sono i progetti di bersani & C? No xkè x entrare nell’euro sborsammo tutti cash il Prodi docet salvo poi ritrovarci i valori monetari dimezzati in busta al cospetto di dio Marco, oggi di una merkel ke nn si vergogna di mostrare il gambaletto a mezzo polpaccio alle olimpiadi manco fosse pamela prati. Della serie: il primo ke parla vedi lo spread dove gli skizza.
    Dico questo xkè la globalizzazione nn può essere dribblata tout court: e x glob intendo il mondo della finanza. Quello cioè ke fluttua come canne al vento se l’agenzia di rating di turno dà tre A o due B all’uno o all’altro paese. Influendo ahinoi sulla lista degli esodati della Fornero: si può o non si può allungare? Costa TROPPO? I fottuti so loro, ke ce frega. Oggi se un giornalista economico degno di nota scrive qualsiasi minkiata gli vanno dietro come al pifferaio magico sui mercati e nn ci sono bersani o pd ke tengano: ce ne rendiamo conto?
    E oggi cosa è + prioritario: creare il posto di lavoro nelle sakke dove mafia&camorra imperano (e nn solo) o la salvezza di Monte paski? Ke risponde LA SINISTRA?
    Vogliamo mettere mano alle aziende pubblike? Lo sappiamo ke le esternalizzazioni costano + delle municizzalizate e ke gli enti pubblici stanno facendo marcia indietro?
    È possibile ke la provinxia dove lavoro produce il 70% dEll’energia ELETTRICA italiana senza ristoro ambientale? Ke sul + piccolo rio stanno sorgendo centraline elettrike come funghi , lo sappiamo ke 1 delle + belle valli del Belpaese sta x ospitare la + grossa centrale realizzata? Il Vajont nn ha insegnato nulla. Ma noi ci kiediamo se è meglio aVERE 4 posti di lavoro oggi piuttosto ke un ecosistema integro domani e quanto di sinistra sia sto ragionamento.
    Xkè, bisogna essere di six x far tornare i conti nelle aziende pubblike? O nello stesso Stato? Dobbiamo svendere la ns argenteria (il patrimonio storico e artistico) xkè frutti le taske private? Possibile ke il deve essere esempio di inefficienza anke dove funziona?
    L’Italia sta distruggendo il sistema DELLE PMI, LE piccole e medie imprese: spiacciCate Sul muro delle imposte. Ha idea la six dei posti di lavoro ke creano?
    Casa di proprietà e faBBRIKETTA: lavoRavaNO MAMMA, padre, figlio e nuora in questo sistema nordestino oggi spazzato via, nn solo dal mercato. Montano le stekke degli okkiali da SOLE esportate in tutto il mondo: come li consideriamo? Dipendenti? Ditte tErziste, ArtigiANE, PICCOLI INDUSTRIALI? A me sembrano tanto dipendenti, sì ke vivono degli del grande gruppo di turno.
    Sì cri, c’è un modo collettivo di far funzionare le cose: bastA fare le cose giuste. Avere in mente la conduzione del Paese in mano al buon padre di famiglia del codice. Oggi sarebbe già 1 cosa di sinistra. invece si bada al magna magna generalizzato…un po’ il si salvi ki può

    Ps.: la posto qua ke su fb hai scatenato 1 inferno. E io, sleeper, so allergica ai vespai.

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  9. “Le aziende pubbliche oggi sono il modo con cui oggi la politica di ogni colore foraggia e premia i sodali più poveri, la massa.”

    EH?
    ma se abbiamo più dirigenti di municipalizzate e affini presi tra i trombati dei partiti e amici degli amici di quanti non ne servirebbero per amministrare l’intera europa?

    http://milano.corriere.it/milano/notizie/cronaca/12_agosto_11/comune-record-collaboratori-spese-2111408174079.shtml (solo un esempio “di sinistra” , non che gli altri siano meglio)

    Non è che vi sovviene che il pubblico non funziona perchè è inefficiente ( incompetenza) e pieno di cariche e sprechi?

    per favore , fate un passo in più, siamo nel 2012 , “Dite qualcosa di sinistra”

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      1. Quella frase non è corretta, invece di consigliare me di andare oltre al mio naso consolati controllando il significato delle parole.
        Gli amici e i trombati non sono la massa, non è il popolo. Non tutto il popolo è clientela. la Clientela è selettiva, e la categoria dei trombati e degli amici è una casta superiore ancora.

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