Cimiteri dei feti o luogo del dolore di una donna?

Sui cimiteri dei feti (presenti e approvati in tantissime città, Torino inclusa) io la penso nel seguente modo (e penso anche che non si dovrebbe parlarne per attaccare Renzi ma se ne dovrebbe parlare perché nelle comunità si discute di cose che toccano la sfera emotiva)

Io penso che la salute (fisica e psicologica) e la scelta della donna vengano prima di ogni cosa.

E questo significa che se io fossi incinta e perdessi il “feto” per me sarebbe perdere un figlio e non ci dormirei la notte se fosse considerato dallo Stato un “rifiuto speciale” e magari vorrei un luogo dove poter andare a piangere, così come non butto via mai niente. Magari all’inizio. Poi mi passerebbe. Io sono fatta così, ma magari qualcun altro è fatto diverso. E vorrei che questa differenza fosse rispettata.

Quindi non ho nessun problema se un’altra donna non avesse bisogno di quel luogo perché per me vale, in quella fase, ciò che prova la donna. Perché SOLO lei prova qualcosa. Ma ha ragione Zauberei quando dice che che quel dolore non è confrontabile con la perdita di un figlio. Solo un genitore, solo una madre in questo caso, può raccontare quella differenza. Ha ragione, appunto, quando dice che, se ci estrapoliamo dal dibattito tra laici e cattolici, un aborto non è la morte di un figlio, ma la morte di un pezzo di quella donna. O forse no. E dobbiamo rispettare anche questo.

Insomma se esiste un luogo che fa stare bene una donna (e magari anche il suo partner) non ci vedo nulla di male.

Nel caso di Roma, l’azione di Alemanno e della vicesindaca era palesemente rivolto con l’attenzione non alla donna o ai genitori, ma al feto per affermarne l’esistenza ontologica di “figlio” e quindi avallare l’idea che chi abortisce uccide e quindi a mio avvisto era un atto violento e di aggressione alla 194, perché così era stato presentato.

Per assurdo, questo è il caso di uno stesso atto con finalità diverse: in uno è la donna al centro. Nell’altro la donna era la vittima.

Capisco che Renzi si attira amore e odio addosso o che il PD è sotto congresso, ma vi imploro quando si parla di questi temi di entrare in modo delicato.

Piuttosto chiederei a Matteo Renzi cosa intenda fare per evitare la non applicazione della 194, come si arginano CL e Opus Dei che occupano gli ospedali pubblici. Chiederei una legge che imponga almeno una % di non obiettori per ogni ospedale per garantire l’applicazione della legge e non far finire le donne dalle mannaie (o le ricche nelle cliniche ad arricchire medici in malafede). Chiederei una campagna di prevenzione contraccettiva nelle scuole. Io chiederei questo ad un candidato segretario e ad un candidato premier. O non vogliamo raccontarci che anche la sinistra ha lasciato la sanità in mano ai privati o al cattolicesimo integralista?

Leggete anche Suzukimaruti.

P.s. Come non ho avuto problemi a dire a Matteo che il programma sui diritti della nostra mozione è “moscio” (potete rivedere il video su Radio Radicale, quando è andato via l’audio stavo per parlare di matrimonio egualitario) non avrei problemi a dire che su questo sbaglia. 

Omofobia: un appello al sindaco Marino per una grande stagione culturale contro l’omofobia.

La nostra lettera al sindaco Marino, firmata tra gli altri da Ferzan Ozpetek, Serena Dandini, Ivan Cotroneo, Walter Siti, Alcide Pierantozzi, Maria Sole Tognazzi, Alessandro Gilioli, Roberto Vecchioni, Valerio Mastandrea, Umberto Veronesi, Dacia Maraini e tantissimi altri. Firmate anche voi.

PD: raccontiamo il tesseramento esplosivo? (per usare un eufemismo)

Ho scritto poco fa su FB: Epifani che dici lo commissariamo il PD romano per un paio di anni? Magari pure quello della Provincia di Roma. Magari tutto il PD Lazio. Te li stanno mandando i dati del tessaramento? Ti piacciono? A me no, chiunque sia a farlo. Stiamo distruggendo quel tanto di buono che i circoli sani hanno costruito sui territori, quei circoli che sono come è la Leopolda, per dire, e come dovrebbe essere tutto il partito.

E dopo il mio post dell’altro giorno:

Mi scrivono di % dal 2010 al 2013 del 150%.

Mi scrivono di congressi in cui ci si tessera, si vota, e non si discute.

Mi scrivono di vendita di tessere, di sconti comitiva.

Mi dite cosa accade nei vostri circoli? In tutta Italia. Scrivetelo qui, poi mandiamo il link ad Epifani e glielo facciamo leggere. Scrivete la città il nome del circolo, il dato di tesseramento e cosa sta succedendo.

La politica alla #leopolda13

L’ intervento di Matteo Renzi alla #leopolda13.

Consiglio ai detrattori, ma anche a quelli saliti sul carro ( sia alla prima che alla seconda ora)
, di ascoltarlo bene. Qui si parla lungamente di politica e di contenuti. Se non siete d’accordo discutiamo. Per favore non dite più che non ci sono contenuti.

I Congressi del PD: le regole inutili e gli eterni cammelli.

Voi lo avete visto che in questi mesi ho parlato poco il che non significa che io non osservi, non veda, non rilevi le cose (tante) che ancora non vanno nel PD e che non mi incazzi.

Scrivo poche righe su quello che sta accadendo in questi giorni un po’ in tutta Italia e poi vi dico perché sta accadendo.

Sto nel PD (molti di noi ci stanno) perché nel DNA c’è il tentativo vero di decidere le cose in modo partecipato, dandosi delle regole non solo per votare le persone, gli organi, ma anche per “vivere” quella partecipazione. Siamo ancora al paleolitico sul tema: non sappiamo ancora “aprire” la partecipazione a chi non vive di partito e soprattutto facciamo regole che possano essere aggirate.

Per esempio abbiamo deciso che dovevamo fare i congressi cittadini in una data (e farli chiusi ai NON iscritti), poi fare quelli nazionali l’8 dicembre che invece sono aperti (al netto della convenzione di “accesso” dedicata agli iscritti) ed infine di fare quelli regionali in primavera.

Un errore NON farli tutti insieme anche se qualcuno dice che è meglio così, perché così non ci sono candidati che basta che gli metti l’etichetta “Renzi” e li votano anche se sono analfabeti (non è che qui non le mandiamo a dire, come è noto).

Un errore consentire il tesseramento anche durante le operazioni di voto, di un voto di cui nessuno sa (a Roma qualcuno che non sia del PD sa per caso che si sta votando per il segretario romano? No, appunto, non ve ne frega nulla) e quindi succede quello che sta succedendo in alcuni circoli che invece di arrivare cammellati a votare alle primarie aperte, arrivano i cammellati a farsi la tessera (un’operazione un pochino più costosa delle primarie aperte) e gli iscritti, giustamente, si incazzano perché questi non li hanno mai visti e anche se è corretto normativamente parlando, NON è etico.

E porca miseria, sarà il caso anche di riconquistare un po’ di etica se le regole non riescono a crearla.

Così a Trastevere c’è qualche renziano (ha ragione Matteo: renziano è una malattia), ma poteva essere di chiunque altro, i cammelli non hanno colore, hanno solo “interesse”, che vuol fare vedere quanti voti ha portato pensando che Renzi ragioni come gli altri e gli darà un premio, una seggiola, contando i voti del candidato renziano portati in quel circolo.

La stessa cosa sta avvenendo in altri circoli da parte di tutti i candidati, forse ad eccezione di Lucia Zabatta (candidata civatiana appoggiata da pochissimo apparato).

Ora tenere un partito chiuso ai tesserati non funziona: primo perché è una chiusura politica e secondo perché se uno ha i soldi per tesserare 1000 persone porta mille voti e si cammella il voto.

Fare primarie aperte, se non le pubblicizi, per le cariche intermedie, significa che puoi cammellare il voto perchè il voto di opinione non è abbastanza coinvolto e non ridimensiona il voto cammellato.

Queste regole vanno rottamate entrambe. NON funzionano.

Si fa che si decide un giorno dell’anno, ogni 4 anni (al netto di emergenze) in cui il PD vota tutti i suoi organi.

E lo si racconta al Paese che così chi vuole partecipa.

Si fa che si stabilisce un albo elettorale a cui ti puoi iscrivere anche prima di votare, questo albo è aperto a tutti, le persone devono essere contattabili e una commissione deve stabilire dei parametri di controllo, delle medie numeriche, si chiamano “KPI”, dei misuratori di valori: se un circolo raddoppia le tessere in fase di voto mentre la media Italia è del 30%, quel circolo viene commissariato. Io per esempio fossi Epifani mi sarei fatta fare un foglio xls con tutto il dato del tesseramento e avrei voluto un monitoraggio quotidiano. Non è complicato “controllare”. Se si vuol farlo.

Si fa che i soldi si controllano centralmente e si certifica ogni singolo soldino che entra e che esce.

Poi – ma soprattutto – si costruisce una classe dirigente che parla di politica e non di potere e fa solo due mandati, così non ha l’ansia da prestazione per non perdere poltrone e così la si smette di fare politica coi voti personali (che portano i singoli, ma fanno perdere il complessivo), ma la facciamo con le idee (che portano voti al complessivo e non ai singoli).

Diseguaglianze: la mia parola alla #leopolda13

Cosa ho detto ( e volevo dire) alla Leopolda questa mattina, malgrado il microfono.

Buongiorno a tutti,

è bello e strano ritrovarsi qui dopo questi 12 mesi bizzarri. Sono stati strani, no?

Eravamo in area di rigore da soli davanti al portiere, al 89° minuto, poi si è messo a piovere forte e l’arbitro ha interrotto la partita e ha dichiarato il pareggio. A tavolino. (Avevamo anche un possesso palla non da poco, no?)

Non voglio ricostruire cosa sono stati gli ultimi 12 mesi, non ha più importanza, lo abbiamo già fatto come catarsi collettiva (anzi spero lo abbiate fatto tutti) e lo abbiamo capito tutti che questi mesi sono i tempi supplementari dell’ultimo ventennio: io che non sono parlamentare mi prendo la libertà di dire quello che ho detto dal primo giorno: queste larghe intese sono insidiose e per quanto mi riguarda non riesco ad intravedere davvero come possano dare una direzione alla crescita e alla stabilità del Paese.

Sapete perché? Perché siamo troppo diversi. per fortuna.

Siamo diversi in tutto e quando parliamo di maggioritario lo facciamo anche per questo. Fa bene Matteo a farlo: per sancire la nostra differenza. Poi fa bene anche a dire che se il Governo Letta fa bene siamo tutti contenti. E’ quel “fa bene” , però, che è dirimente. Un Governo che perde tempo a discutere dell’abolizione dell’IMU per poi inventare un’altra tassa e che non lanci una grande riforma che parta dalla riduzione del cuneo fiscale per rilanciare consumi e assunzioni per me non “fa bene”. Guardate la cosa è semplice: o un Governo tocca la nostra vita in termini di servizi, di opportunità e di qualità della vita oppure non “fa bene”. Punto.

Non è uguale se governiamo con loro o se governiamo da soli. E se non è uguale, cioè è diverso, significa che in questo momento il meglio per il Paese non è ancora in cantiere.

Ed è su questa diversità che bisogna costruire il futuro, l’orgoglio della sinistra del III millennio che abbiamo cominciato a raccontare qualche anno fa, fino a trovarci in quella famosa area di rigore dove a fare il tifo c’eravamo portati un sacco di Paese se non fosse che qualcuno ha chiuso le porte dello Stadio sperando così di vincere una semifinale (la battaglia interna al PD) tranne poi dimenticare di giocare bene la finale (la battaglia contro due idee diverse dalle nostre: quella furbetta ed egoista del PDL e quella distruttiva e populista, pericolosissima, di Grillo che Ichino in confronto aveva i baffi del sovietico!)

Ora siamo di più, siamo i “favoriti” (a me questa cosa mi dà un po’ di vertigini, eh) e voglio dire una cosa su questo, senza stare a farla troppo lunga: voglio dire a tutti i nuovi arrivati: benvenuti. Benvenuti davvero.

Questo è il laboratorio dove stiamo costruendo il futuro. Dove non esiste, non deve esistere, la professione politica, ma il servizio al Paese. Altrimenti noi non siamo più noi.

Questo è il luogo dove si studia come rottamare le disuguaglianze: quelle di genere (il governo “fa bene” se legifera sugli asili nido, se interviene con la prevenzione culturale sul femminicidio e non sulle sole aggravanti), quelle di generazione (c’è un’intera generazione cancellata dalle università e dalla politica e dalle sicurezze del mondo del lavoro), quelle di orientamento sessuale (per me un governo che nel 2013 non parla nemmeno- NON ne parla nemmeno! – di matrimonio gay non “fa bene”), quelle di provenienza (per esempio se questo governo non fa lo “IUS SOLI non “fa bene”), quelle di contratto (per me un governo che non risolve definitivamente la questione delle partite IVA abbattendo burocrazie e riconoscendo diritti elementari non “fa bene”).

Questo è il luogo, il laboratorio, dove dobbiamo semplificare la vita del Paese, lavorando sulla realtà delle esistenze e non sui bisogni delle corporazioni.

Se siete qui per tutto questo: siete i benvenuti. Se siete qui perché tutto cambi per non cambiare nulla, siete nel posto sbagliato.

Dal 9 dicembre dobbiamo costruire un Partito che divenga miniera di talenti e fabbrica di idee, non il mausoleo delle fedeltà e delle obbedienze, non un luogo praticabile da professionisti, ma un luogo, IL luogo, dove il Paese possa trovare orecchie per ascoltare e gambe per camminare il futuro.

Grazie a tutti e buon lavoro. davvero.

#altrolavoro : il bibitaro

maxresdefaultEsistono mestieri che non consideriamo. Li guardiamo (non li vediamo) e sono di complemento, di arredo a scenari cui partecipiamo, tanto da “non vederli” per ciò che sono.

Venerdì sera ero allo Stadio a vedere Roma – Napoli.

Quando ci siamo seduti era tutto normale. La Curva Sud che sventolava le bandiere, padri con figli, ultrà che non avevano trovato posto in curva ricoperti di tatuaggi e con il peggior dialetto della città, turisti (un sacco di tursti), l’angolo del Napoli che si tirava petardi con la curva nord e si ricopriva di rumori intermittenti e fumo, i ragazzi che facevano su e giù con le birre e il caffé Borghetti. Tutto normale.

Se non fosse che ad un certo punto, uno di quei ragazzi ha attirato alla mia attenzione. Erano ancora le otto di sera, inizio partita e aveva gli occhi scavati da un’ombra, lo sguardo stanco. Era grosso di corporatura con la barba folta e riccia e i capelli anche. Se avessi dovuto indovinare avrei detto senza ombra alcuna di dubbio che era un ragazzo calabrese  e avrei detto che aveva un disperato bisogno di soldi.

Guardo la partita, ma ogni volta che passa lui e poi gli altri mi distraggo a guardarli. La maggior parte, tranne lui ed un altro, sono giovani nord africani.

Ognuno di loro porta su e giù per le scale per tutto il tempo della partita a partire almeno da un’ora prima del fischio di inizio, una cassetta piena di botiglie di birra, di cola e di acqua. Ogni volta che gli chiedi una bibita si fermano, te la aprono, te la versano in un bicchiere di plastica per motivi di sicurezza (scongiurare il lancio di bottigliette per tutto lo stadio) il tutto senza mai posare la cassetta ed in equilibrio sulle scale. La cassetta deve essere pesante. Ognuno di loro ha usato almeno un rotolo di scotch per rendere il peso su un’unica spalla meno tagliente. Forse dentro c’è un panno che abbraccia la cinghia e viene chiuso con il nastro. Ad un certo punto, il ragazzo che mi ha colpito con gli occhi stanchi, sale anche con una busta piena di altre cose, arrampicata sull’altra mano: gelati. E’ una gara a chi riesce a portare più cose, a fornire più varietà ai tifosi che hanno fame, sete continuamente. Non si fermano mai, continuano a fare su e giù. Non vanno mai in contrasto tra di loro, cerco di capire se tra loro ci sono regole, se si sono divisi il mercato e in quale modo lo hanno fatto se lo hanno fatto. Non riesco a capirlo, forse ce ne è per tutti e litigare non è possibile. Non se fai quel mestiere. Mi chiedo se i due ragazzi italiani fanno più soldi dei ragazzi africani e se sono scelti preferenzialmente.

Provo a pensare a quanto peso si stanno portando su e giù per le scale. Una cassetta di plastica, sempre piena di bottiglie di acqua e di birra da 0,50. Dentro ce ne sono almeno una ventina. 10 litri sono circa 10 kg, tutto su una spalla e a sbattere sulla coscia che aiuta a salire le scale. La mattina dopo avranno le spalle doloranti e i lividi su ogni coscia. Chissà se c’è qualcuno la mattina dopo che gli conosce quel dolore.

Penso a come si diventa bibitaro, come ti viene in mente di farlo, chi decide che puoi farlo e quante volte lo fai (ai concerti, alle partite). Penso se hanno un contratto. Se gli pagano i contributi, se cascano dalle scale – che salgono e scendono senza guardare con il braccio alzato e due bottiglie in mano per fare “promozione” – se sono assicurati. Mi chiedo se qualche sindacalista ha mai parlato con loro. Mi chiedo se hanno un fisso. Secondo me no. Sono troppo agguerriti, si vede che anche se hanno un fisso è molto basso, e devono guadagnare sul variabile (ma non lo so con certezza, quindi se qualcuno possiede questa informazione mi piacerebbe saperlo).

Mi chiedo se il bibitaro, come altri mestieri strani a cui nessuno fa caso, rientra nei mestieri difesi, regolamentati, assicurati e via dicendo. E mi chiedo se qualcuno da qualche parte si sta occupando di tutti questi “altri lavori”, diversi da quelli in cui siamo abituati a ridurre, superficialmente, il mondo del lavoro.

Roma vuole vivere meglio (messaggio per i maniaci dei costi dello staff del sindaco)

Spero che i costi di ogni manifestazione in termini di caos, devastazione, costi AMA, costi polizia siano addebitati tutti allo Stato e non alla città di Roma. Non voglio fare demagogia, sono i costi della democrazia, ma che vengano divisi equamente.

Roma sta diventando una città invivibile tra traffico congestionato, sosta selvaggia, autobus che non passano mai, manifestazioni continue, scioperi ogni venerdì.

La qualità della vita a Roma è l’unica vera grande sfida di questa giunta.

Il resto delle chiacchiere sui costi dello staff (che sono meno di ogni altra giunta precedente e che probabilmente sono solo fuoco amico perché qualcuno è rimasto senza seggiola) o gli scivoloni sulle procedure mi interessano di meno, raccontano solo quanto è difficile per un cittadino qualsiasi, che non sia cresciuto in politica, amministrare la Cosa Pubblica.

Gli errori si perdonano,è il dolo che non si perdona.

Tanto per capirci su quanto è demagogica la questione degli stipendi, il sindaco di Londra guadagna £137.579 (fonte wikipedia) e sulla parte del sito di Londra a lui dedicata c’è il dettaglio di ogni singola spesa aggiornata al 14/10/2013 (ecco, su questo dovremmo adeguare tutti, dico tutti, i politici italiani). In sintesi: se paghiamo un parlamentare tra stipendi ed indennità una cifra variabile tra i 15000€ e i 20000€ al mese, per me un sindaco di una grande città dovrebbe guadagnare almeno altrettanto. Se mi cambia la città e mi migliora la vita sarebbero soldi ben spesi.

Dobbiamo rendere Roma una città abitabile, vivibile, che non succhi tempo alle vite e che sia accessibile. Consiglierei ai giornalisti di segnalare le cose che non funzionano in città non di mandare in stampa le veline di corvi rimasti senza poltrona alle cronache dei giornali locali “amici”.