Il Congresso del PD: dalla lotta nel fango al torneo di bocce.

Il congresso PD sembra (almeno sulla carta, ma anche nelle chat) la riproposizione (con solo maggiore frammentazione) delle stesse dinamiche degli ultimi 12 anni e, come ripeto in modalità Cassandra, i delegati li decideranno i potentati locali, debitamente divisi dove fa più comodo circolo per circolo a meno che il/la candidata/o segretario/a non faccia un lavoro di mappatura serio e profondo (che equivale a fare un partito davvero, ahem).
Serve una discontinuità totale e per avere discontinuità ci deve essere aggressività sia politica che interna. Mi spiace doverlo dire ma l’unico vero congresso del PD, ad oggi, sembra essere stato quello dell’inverno 2012 in cui volavano coltelli, colpi bassi, insulti, diversità totale di vedute e che poi nel 2013 prese il 40% alle Europee (anche se dopo un altro laconico congresso in cui chi aveva fatto eleggere Bersani nel 2012, fece eleggere Renzi nel 2013).

Ma era un partito vivo dove ci si scornava a tutti i livelli. (poi ucciso brutalmente dallo stesso che lo aveva rivitalizzato per eccessiva, diciamo, fretta)

Oggi mi sembra più un torneo di bocce.

Maria Antonietta e l’aborto.

Le ragazze (e i ragazzi) manifestano. Sono tornate a manifestare. Sono, come eravamo tutti noi, dure e pure.

E quindi cara Laura Boldrini ci sta che ti contestano, non a te in quanto te, ma in quanto rappresentante di un mondo che sentono lontano (mi pareva che domenica questo messaggio fosse stato fortissimo e chiarissimo) che sentono lontano dalla loro generazione, lontano da alcuni ceti sociali!

Liquidare le ragazze che chiedono che la 194 trovi applicazione in tutte le regioni dicendogli di farsi rappresentare da Meloni è sbagliato. E’ esattamente il motivo per cui non vi abbiamo votato.

p.s. Quando Meloni parla di 194 dicendo che la vuole applicare meglio aiutando le donne che NON vorrebbero abortire ma lo fanno per condizioni economiche, coglie (dalla sua parte ovviamente e solo su un pezzo della legge) che il tema della 194 e dell’accesso all’aborto è anche un tema di classe.

Lo fa dal suo lato, dimenticando l’altro lato: il diritto ad abortire se si vuole abortire senza affrontare un calvario fisico, logistico e psicologico.

Se la sinistra non rivendica la difesa di entrambi i diritti: abortire e non abortire, che sinistra è? Quella che se ne va applaudendo le manifestanti come Maria Antonietta che consigliava le brioches?

Se gli stracci che volano tra Zingaretti e De Gregorio possono ricostruire la capanna.

Post

Sarà passato inosservato ai più (la dice lunga sullo stato della sinistra se la sua comunità non si “accalora” più) il botta e risposta tra Nicola Zingaretti e Concita de Gregorio (qui CDG, qui NZ , qui il botta e risposta) ma per me invece è sintomo di una cosa che sta accadendo da tempo e che mi va di condividere. Ma prima una premessa. Chi ha seguito le vicende de l’Unità e quelle personali di Concita che dell’Unità è stata direttrice, sa bene che tutto si può dire a Concita tranne che sia stata “aiutata” dal potere o dai salotti. Al di là del giudizio che alcuni hanno sul suo periodo di direzione si sappia, di nuovo, che Concita ha pagato tanto la sua libertà e continua a pagarla. Tutto le si può dire, tutto le si può contestare ma non che non sia stata una direttrice di giornale che si è presa le sue responsabilità, è il caso di dire, fino all’ultima lira. Detto questo. C’è una parte enorme di me, veramente enorme, tentata di riprendere la tessera del PD. E non perché il PD di oggi mi entusiasmi più di tanto, ma perché malgrado tutto continuo a pensare che solo un partito di massa, solo un partito che contenga più anime, che sia capace di fare sintesi possa cambiare il Paese. Nessun partito personale che non reggerebbe alla sparizione in un tombino del suo fondatore rappresenta la speranza per questo Paese. Il M5S ha provato ad essere alternativa di massa al PD, ma si è sgretolato nel tempo di una legislatura. La Lega è salita moltissimo cavalcando la rabbia del Paese come il PD di Renzi aveva cavalcato la rottamazione dello status quo, tradendo completamente quel fortissimo mandato. Oggi il PD è tornato ad essere non la sintesi di due culture, ma l’associazione di due nomenclature e lo dico con enorme affetto per la comunità degli iscritti e per tantissimi eletti a tutti i livelli che stimo e a cui, ad alcuni, voglio persino bene. E’ vero quello che scrive Concita De Gregorio. Nel PD continua ad esserci un problema e se posso, non è nemmeno un problema di prevalenza tra ex PCI e ex DC, ma è l’assenza quasi totale di quel terzo pezzo di nativi democratici che si era saldato a due tradizioni popolari che avevano esaurito la propria spinta. Con il senno di poi, oggi, dico che servirebbe la visione di Veltroni, l’organizzazione di D’Alema, la calma di Zingaretti, l’energia intellettuale di Bettini, la forza comunicativa di Renzi (non mi fraintendete, spero si capisca cosa intendo). Perché la verità è che l’errore è stato sempre far prevalere un tratto su un altro e non fare la sintesi, trovare la quadra per il bene del Paese. In una squadra di calcio non si potrebbe essere tutti difensori o portieri o attaccanti o ala destra o terzino. Servono tutti. Se il PD capisce questo, sopra le macerie di cui parla il segretario, davvero si potrà ricostruire qualcosa (e non con quelli di cui sopra, ma con le caratteristiche di quelli di cui sopra). Ma il gioco di squadra, per prevalere, ora vi svelo un segreto, può nascere solo se tutti i giocatori giocano per il bene comune del Paese e non per il partito, non per la propria corrente o per i propri fedeli. Ecco questo ce lo avevo qui e lo dovevo dire, un po’ come se fosse ancora possibile, cambiare le cose.

Umbria, lesson number one: back to basics

Ogni elezione locale fa storia a sé.

In Umbria vince una coalizione che non ha mai governato la Regione ma sta già governando tutti i comuni importanti. Si chiama ricambio, si chiama alternanza. Si chiama mancanza, da parte di chi ha tenuto il governo della regione per 49 anni, di capacità di rinnovamento. Ora l’alternanza nei comuni e in regione deve determinare un cambiamento forzato. Speriamo che la lezione serva. A Roma purtroppo non sembra sia servito molto, forse serve stare fuori dai giri più di un giro?

M5S al 10% (così sembra). Cosa vi aspettavate dagli elettori che votavano M5S solo per scardinare il sistema? Che gli piacesse l’alleanza col PD che in Umbria è il sistema? Per gli Umbri il cambiamento radicale è Salvini. Piaccia o no.

Un altro piccolo tema. Leggo che Salvini ha pianificato questa candidatura da almeno 2 anni. La Tesei era sindaca. La candidano in senato per darle visibilità nazionale e ora in regione. Ma con un piano che nasce da lontano. Quindi la candidata sono due anni che lavora e probabilmente incontra cittadini con questo obiettivo.

La nostra capacità di pianificazione a sinistra dove sta? Prendiamo una città a caso. Prendiamo Roma. Abbiamo un piano per evitare la Meloni sindaco? La coalizione di centro sinistra cosa aspetta a mettere in campo una candidatura e fargli fare una campagna elettorale sul territorio che non duri un mese con un candidato sconosciuto nato a tavolino come un mostro di laboratorio?

Non si vince sommando i voti dei partiti a livello locale, scordatevelo. Non funziona più, non esiste più la fedeltà al marchio.
Si vince mettendo in campo candidature che convincono e si perde mettendo in campo candidature che non convincono.
Torniamo ai basics.

Perché Calenda (e Minniti) sui migranti si sbagliano (e anche sulla globalizzazione)

Quando leggo che i migranti non arrivano più e qualcuno del PD rivendica che il merito è di Minniti (per dire che non è merito di Salvini) non posso fare a meno di pensare a quanti ne muoiono nel Mediterraneo, a quanti sono nei lager libici di cui ormai abbiamo prove evidenti (che siano lager illegali o che siano lager di stato se in Libia di stato si può parlare) e di quanti si stiano incamminando dai loro paesi per arrivare in Europa. Per inciso quello che dice Calenda è vero. 

Dopo il tweet di ieri di Calenda sui migranti difficilmente integrabili e sugli arrivi diminuiti grazie a Minniti  mi ero ripromessa di affrontare il tema con un approccio diverso.

Siamo in un momento molto complicato rispetto alla questione migranti che sta apparentemente dividendo l’Italia, ma che in realtà vede i due fronti contrapposti non incontrarsi mai sullo stesso piano.

Mi spiego meglio.

  1. c’è un pezzo di Paese razzista che sta emergendo grazie alla violenza verbale che parte del governo sta scatenando
  2. c’è un pezzo di Paese che non si considera razzista ma che ritiene che i migranti siano troppi, che vi sia un’emergenza e che gli sbarchi vadano fermati, che alla fine le ONG facciano il gioco dei trafficanti. In questa parte di Paese si è andato collocando anche un bel pezzo di PD, tutta una schiera di personaggi che si sente “razionale” e “intelligente” davanti ad un effettivo (secondo loro) problema
  3. c’è un pezzo di Paese dichiaratamente antirazzista che appoggia e finanzia le ONG che vanno recuperano i migranti in mare e che non riesce a convivere con la propria coscienza pensando di non fare nulla per salvarli, ma che spesso non si concentra su cosa accade dopo

In realtà le 3 categorie di cui sopra, come sempre, sono molto fluide e più complesse di come appaiono. Se si frequenta il mondo senza starsene seduti solo nel proprio ambiente si scopre che spesso dietro al razzismo (come dietro all’omofobia) c’è la paura. La paura legata alla sicurezza, la paura legata alla concorrenza sleale sul lavoro (e questo vale sia per i lavoratori di bassa professionalità, ma vale anche per i commercianti), la paura legata alla diversità. Si scopre anche per esempio che la categoria n°2 è una categoria politicamente cinica (chiamiamoli i Calendaminnitiani) che ritiene che dicendo che gli sbarchi debbano diminuire in fondo si sta riconquistando un pezzo di elettorato da Salvini e che recuperandolo si tornerà al governo e si farà molto meglio di Salvini. C’è anche un pezzo nella 3 categoria che non si pone minimamente nei panni di questa maggioranza (stando almeno ai sondaggi) per cercare di capire cosa sta accadendo nel Paese. Ecco io penso che la soluzione sia solo nella terza categoria di persone (e che una volta trovata quella soluzione può: riconquistare alla ragione la categoria 2 e abbassare la presa della categoria 1).

Parliamo di questo.

E’ vero che abbiamo un’emergenza in termini di quantità? No. l’Italia ospita il 7% di stranieri NON nati in Europa e solo il 3% di nati in Europa. Per capirci: l’Olanda ne ospita il 9% di non nati in Europa e il 3.4% di nati in Europa (senza contare tutti i naturalizzati e le seconde generazioni che ovviamente sono olandesi, quindi non mi venite a dire: eh però le colonie!), la Germania l’8,8% e quasi il 6% di nati in Europa, il Regno Unito l’8,6% di nati fuori dall’Europa e il 5,5% di nati in Europa. Ripeto: senza contare chi è inglese ma viene da colonie, seconde generazioni, ecc. Mi direte: è normale, questi paesi sono molto appetibili, vanno meglio di noi, quindi è giusto che abbiano più immigrati di noi.

E’ vero che abbiamo un’emergenza in termini di migranti? Certo. E’ vero. l’Italia è stata fino a qualche anno fa un porto di passaggio. Il che significa che l’Italia, in quanto punto di approdo, riceve (riceveva) tutti i migranti a prescindere dalla loro nazionalità, religione, preparazione scolastica. Molti migranti passavano dall’Italia per raggiungere parenti già integrati in altri paesi. Molti migranti arrivati da soli e magari con livelli di alfabetizzazione bassi sono rimasti in Italia e il più delle volte sono finiti a fare i braccianti, i lavoratori in nero nelle nostre terre, nelle nostre fabbriche, nei nostri cantieri. O le prostitute sulle nostre strade. Insomma sono finiti ad alimentare una sorta di economia sommersa facendo quei lavori che gli italiani NON vogliono più fare. Aggiungo che abbiamo un enorme problema di applicazione della legge. Il tema non è se un negozio cinese evade il fisco o se un migrante compie un reato. Il tema è che gli italiani sono insicuri perché in Italia far rispettare le leggi a TUTTI sembra un miraggio.

Guardate questo è un passaggio importante. Nessun italiano vuole raccogliere i pomodori. Nessun italiano vuole pulire il culo di un vecchio. Nessun italiano vuole arrampicarsi su un cantiere edile. Nessuno per quella paga. Qui si apre tutto un mondo che coinvolge il reddito minimo e il reddito di cittadinanza. E’ tutto collegato. E’ collegato anche alla competitività. Mi spiego meglio: se io ho una fabbrica di alluminio e pago la manodopera più che in Cina sul mercato globale sono destinato a fallire. Quindi ho due opzioni: pago in nero e comunque di meno i migranti (o gli italiani se lo accettano…difficile) oppure voto un governo che mi garantisce dazi ai competitor cinesi. Queste sembrano essere le uniche due soluzioni. La destra e il PD dei calendaminnitiani vi dicono questo: la globalizzazione è un casino, ripensiamola e intanto siccome non possiamo gestire i migranti, blocchiamo gli sbarchi. Non siamo cattivi, ma è l’unica strada per salvare il nostro piccolo mondo. Anche Trump e Salvini (e Corbyn qualche sovranista di sinistra) possono iscriversi a quel partito, hanno l’unico difetto di essere maleducati rispetto ai primi due.

E’ questa l’unica soluzione? Chiudere tutto o pagare in nero la gente? Secondo me no.

Esiste un’opportunità a mio avviso e questa opportunità si chiama integrazione. Per assurdo l’Italia sta vivendo quello che gli altri Paesi hanno vissuto 20/30 anni fa solo che gli altri ne hanno approfittato mentre noi ci stiamo rotolando per terra disperati. Ci sono mestieri che gli italiani non vogliono più fare anche se sono pagati il giusto e in regola.

E’ un dato di fatto. Pensate all’appello di Fincantieri, ma basta chiedere a qualsiasi imprenditore di qualsiasi lavoro che richieda manodopera specializzata. Non è vero che in Italia non c’è lavoro altrimenti non ci sarebbe spazio per moltissimi mestieri che ormai fanno solo gli stranieri. Perché li fanno gli stranieri? Perché molti di loro vive un’altra epoca rispetto alla nostra e questo è un’opportunità reciproca. L’abbiamo vissuta anche noi emigrando all’estero o da sud a nord.

L’accoglienza in Italia è un business? Sì. Buttiamo una marea di soldi per dare un tetto e cibo da migliaia di migranti senza dare loro alcuna opportunità. Questo modello di accoglienza (che NON è un modello di integrazione se non in pochi casi) genera paura ed alimenta il razzismo.

Cosa dovrebbe fare l’Italia? Ripensare il suo modello di accoglienza. I centri di prima accoglienza siano veramente dei luoghi di riconoscimento veloce (mentre spesso sono luoghi di detenzione in cui si resta per mesi, se non per anni) e nascano piccoli luoghi di professionalizzazione e di insegnamento della lingua italiana in tutta Italia in stretta collaborazione con le aziende e gli enti pubblici. Magari che siano aperti anche agli italiani (sì, è vero, abbiamo ucciso le scuole professionali!) che volessero imparare un mestiere che poi dia opportunità di lavoro. Perché no? Stiamo perdendo (e questo certo non per colpa dei migranti) tantissima professionalità che era tipicamente italiana (la carpenteria, l’edilizia, l’artigianato, ecc) perché tutti vogliono fare lavoro d’ufficio e guadagnare tanti soldi (questo è quello che sta accadendo, è naturale che accada, perché stiamo vivendo un’altra epoca come popolo rispetto a quella che vivevamo negli anni 50/60).

Come facciamo a farlo se non lo facciamo nemmeno per gli italiani? Ottima domanda. Questa è LA domanda che dovremmo farci quando pensiamo al Paese che vogliamo. La soluzione della politica basata sul consenso immediato (l’approccio dei calendaminnitiani) è sbagliato, secondo me, perché parte da una posizione di difesa dello status quo, è una politica di resa. Serve una politica di visione che dica: i migranti in mare si salvano sempre, ma abbiamo un problema. Quel problema non si risolve chiudendo i porti o diminuendo gli sbarchi, ma si risolve ripensando il Paese. Ripensare il Paese davanti ai flussi migratori significa ripensarlo (e qui veniamo a quello che DEVE accadere) per tutti, anche gli italiani. Raccontare agli italiani che è meglio chiudersi, mettere i dazi, significa raccontare al Paese dei prossimi 3/4 anni. Raccontare al Paese che i flussi migratori sono la storia dell’universo, che vanno governati, che il Paese deve ri-dotarsi di un sistema scolastico professionalizzante, che la giustizia e il rispetto delle leggi devono essere veloci ed efficaci per TUTTI, che vanno individuate soluzioni e cambiamenti profondi che portino beneficio a tutti è raccontare al Paese i prossimi 20/30 anni.

 

 

 

Elezioni europee 2019: cosa votare

Il mio voto per domenica Collegio Centrale (lLazio, Marche, Umbria, Toscana):

Voterò Più Europa ed esprimerò preferenze per: Emma Bonino Francesco Mingiardi (che ha denunciato fin dai tempi di Minniti gli accordi con la Libia e lavorato con la squadra dei radicali Roma su tutti i temi scottanti di Roma dal bilancio all’Atac), Silvja Manzi

Se proprio dovete votare PD, voterei: Simona Bonafè, Bartolo.

Se votate La sinistra: Marilena Grassadonia

ALTRI COLLEGI:

Collegio Nord Est, per Più Europa: Pizzarotti e Manzi.

Collegio Nord Ovest: per Più Europa Della Vedova, Manzi. Se dovete votare PD Irene Tinagli e Pierfrancesco Majorino e Daniele Viotti

Collegio Sud, per più Europa: Francesco Galtieri, Manzi.

Collegio Isole, se dovete votare PD votate Mila Spicola e Bartolo.

IN TUTTI I CASI ESPRIMETE UNA PREFERENZA, NON VOTATE SOLO IL PARTITO.

Sulla piazza di ieri a Roma.

Ho appena letto il comunicato stampa di Virginia Raggi sulla manifestazione di ieri in Campidoglio (c’ero anche io) in cui liquida la manifestazione come radical chic e composta per lo più da gente del PD o da nostalgici di Mafia Capitale. Raggi ha ragione: ieri c’era tantissimo PD in piazza, anche quello complice di Mafia Capitale. Come in ogni manifestazione che si preannuncia di successo e che non abbia una connotazione chiara la Roma dei poteri e poteruncoli sale a bordo. Come sempre. Posso aggiungere che c’erano leghisti, fascistelli con striscioni di cui nessuno di noi ha voluto cogliere la provocazione (quelli del “Che Schiava di Roma Iddio la creò” scritto a pseudo caratteri fasci) e sì c’erano anche i “no Cordoli” e pure quelli dello stop alle multe di Portonaccio (?!). Ma se Virginia Raggi si fosse affacciata avrebbe visto anche un pezzo ampio di città che non scendeva in piazza da anni (alcuni di noi da quando quel pezzo di PD suddetto che ora cerca sponde e voti in vista del congresso ha fatto saltare Ignazio Marino proprio con l’aiuto di Virginia Raggi & Soci), avrebbe visto i radicali romani che stanno cercando di offrire alla città un momento di riflessione sul trasporto pubblico, riflessione totalmente cancellata da chi dovrebbe promuovere la partecipazione, avrebbe visto in mezzo a quello che ha visto, molto più numerosa, una folla che non ne può più. Ma non ne può più di tutti, anche di quelli che si erano infiltrati nella manifestazione. E con quel pezzo di città NON si è ancora veramente alleato nessuno. E’ vero. Ieri eravamo in piazza “contro” qualcosa e quindi c’erano tutti, anche gente a cui non stringerei mai la mano (incluso qualcuno della mia parte politica). La sfida di Roma non è portare in piazza migliaia di persone contro il degrado. La sfida di Roma, di tutti noi, sarà provare a mettere a sistema la parte buona della città. Metterla insieme. Allearla intorno ad una visione, un progetto, un piano, un’idea di comunità rinnovata. Altrimenti quando e se cadrà la Raggi la discussione sarà tra consegnare la città alla Lega (si parla di Giulia Bongiorno) o all’ennesimo carciofo di sinistra magari con la faccia nuova e spendibile dietro il quale si raccoglierà quel pezzo di città che ha ridotto Roma nello stato in cui la Raggi l’ha trovata e che continua ad andare alla deriva per la palese incapacità dei grillini di metterci mano. Serve adesso sì, un progetto civico, ma pieno di competenze e non infiltrato per ridare alla città un futuro vero.

Perché il 4 marzo voterò +Europa.

SIMBOLO-ELETTORALEIl 4 marzo voterò radicale al proporzionale (in fondo a questo post trovate anche un paio di istruzioni per votare) dando il voto a +Europa.

Ci sono innumerevoli perché che credo sia giusto elencare e raccontare nel dettaglio.

Ho sempre pensato che la politica sia prima un’idea di Paese e poi la fedeltà ad un gruppo di persone. Quando ho preso la tessera PD (sono tra i fondatori) pensavo che l’unione di due tradizioni antifasciste, di massa, fosse il miglior modo di traghettare l’Italia nel nuovo millennio. Doveva essere l’unione del buono di quelle due entità e il lasciar fuori quello che non aveva funzionato. Dalla nuova casa (che molta società civile aveva voluto e molta classe politica aveva combattuto) doveva restare fuori il clientelismo DC e doveva stare fuori il modo di gestire il partito che aveva il PCI, la ditta, il lavarsi i panni in casa, la dinastia politica che passava di padre (in senso politico) in figlio (sempre in senso politico). Fino all’arrivo di Matteo Renzi (a cui voglio sempre un gran bene e lui lo sa) ero sempre all’opposizione: sempre dalla parte dei gruppi più vicini ai nativi PD che alle vecchie caste dei due vecchi partiti, con due cose prevalenti in testa entrambe strettamente legate ad una lettura più moderna della realtà: la realizzazione dei diritti civili, tutti i diritti civili e la comprensione politica delle trasformazioni del mondo del lavoro. Ed insieme il modello di un partito più aperto, permeabile, basato sul merito e non sulla fedeltà.

Matteo Renzi sembrò a molti di noi la soluzione di quanto sopra. Lo era certamente sui temi del lavoro, forse per questioni generazionali (questione dalla quale non si può prescindere per leggere la sua storia politica), lo era meno sul tema dei diritti, ma si dimostrò molto più aperto ad ascoltare di quanto la dirigenza EX PCI avesse mai fatto nei fatti veri (vedi come finì la questione PACS). Nel modello liquido di una classe dirigente che si andava componendo intorno a lui, senza vincoli pregressi, si facevano più passi avanti su quei temi che dentro la Ditta di Bersani. La dimostrazione è senza alcun dubbio l’approvazione delle Unioni Civili che avrebbero dovuto addirittura contenere la stepchild adoption e che l’avrebbero avuta se non ci fosse stato il voltafaccia del M5S (e io lo so perché c’ero e potrei portare testimoni sani del M5S che quella sera rimasero di stucco quanto me quando Di Maio fece saltare l’accordo per mettere in crisi il PD e fare un favore alla CEI) costringendo il PD a mettere la fiducia e ad accontentarsi di un istituto equivalente al matrimonio per le coppie.

E allora , direbbe sicuramente un mio amico fiorentino, perché non voti PD e la fai poco lunga?

Intanto (grazie a questa terrificante legge elettorale) votando +Europa voto comunque la coalizione che ruota intorno al PD, ma votare +Europa mi dà anche l’opportunità di mandare un segnale forte su almeno un paio di grossi errori fatti in questi anni.

  • La questione Roma. Forse i radicali (insieme a pochi altri tra cui umilmente mi annovero) sono stati gli unici a mantenere una posizione corretta durante l’epoca Marino. Critica quando doveva esserlo, di supporto quando serviva. La questione romana è stata una catastrofe politica (forse sono l’unica folle a pensarlo, così mi dicono tutti i soloni che ne sanno più di me) che ha avuto ripercussioni in tutta Italia, non solo a Roma. È stata una catastrofe il coinvolgimento in Mafia Capitale di un sistema che era anche vicino al centro sinistra, è stata una catastrofe essere incapaci di trovare la chiave per fare squadra con un sindaco (che era, sì, uno strano marziano), ma che con il senno di poi, grazie soprattutto alla squadra diffusa, avrebbe portato Roma in direzione opposta a quella dove sta adesso. La questione Roma non può essere archiviata ritrovando nelle liste tanta di quella roba lì. A Roma nelle liste oltre a ministri e Bonino ci sarebbero stati benissimo qualcuno dei presidenti di municipio saltati. Non gente del vecchio schema. Non serve solo essere inquisiti per non essere ricandidati. Esistono anche responsabilità politiche. Come se niente fosse successo. Io non ce la faccio a votarvi. Mi dispiace. Se fossi a Milano probabilmente avrei votato PD. Immagino anche a Firenze. In Friuli.
  • La questione migranti. Mi dispiace, io non sono d’accordo. Non sono d’accordo con il dire aiutiamoli a casa loro perché non siamo credibili nel dirlo. Non possiamo aiutare a casa loro chi fugge dalle dittature o dalla siccità. Non esiste una “casa loro”. Non possiamo riportarli in Libia. Non possiamo fare accordi con la Libia. In Libia ci sono lager e io non so come possiamo dormire sonni tranquilli sapendo che cavalcare le pance rabbiose di una parte di Paese ignorante, aizzata da capo popolo, procura la morte di esseri umani al di là del Canale di Sicilia. Bene i corridoi umanitari, ma per quanti sono? E quando anche a sinistra abbiamo cominciato a mettere distinguo, abbiamo aperto una specie di cloaca. Perché le chiavi dei limiti se non le ha la sinistra chi diavolo le possiede? Un vaso di Pandora immenso che ha giustificato qualsiasi cosa. Noi su questo tema dobbiamo tenere il punto. Chi se ne frega dei risultati elettorali. Se la gente non capisce non ci spieghiamo bene noi e allora invece di usare le parole degli altri, ricominciamo a raccontare bene le cose come stanno: siamo un paese di transito. Non abbiamo una politica di integrazione, non abbiamo una politica dell’accoglienza se non lasciata nelle mani dei sindaci o dei volontari. Se non integri e non accogli, se non fai rispettare le leggi, generi criminalità. La criminalità purtroppo, gliela insegnano le nostre mafie ai migranti. Perché sono più presenti dello Stato nel procacciare un mestiere ai disperati. Sul tema considero la proposta Ero Straniero la proposta meno demagogica, più umana, più razionale.

Ci sono altre mille questioni per cui voto +Europa. Hanno a che fare con la libertà delle donne (siamo ancora il Paese dove centinaia di attrici firmano un appello contro il potere, si dichiarano accanto a chi denuncia, e poi non lo fanno con chi lo ha fatto davvero e la politica tace, siamo ancora il Paese dove in alcuni ospedali non si può abortire, siamo ancora il paese dove esiste il gender gap, dove i ristoranti hanno i menù con i prezzi per i maschi e senza per le femmine), con il fatto che è un partito a favore dei matrimoni gay e il PD non ha avuto il coraggio di metterlo in programma, con il fatto che abbiamo bisogno di riforme strutturali e non di bonus o di assegni di sostegno se davvero vogliamo un welfare degno di questo nome. Io so che il PD avrebbe tutto questo nelle sue corde, ma non ha ancora il coraggio di essere quello che dovrebbe perché (soprattutto in tempi di sondaggi negativi) ci si attacca alla tradizione, al vecchio schema, ai vecchi nomi. In tutta Italia ci sono tanti bellissimi candidati PD (pensate a Milano) e non vi sto dicendo che fa tutto schifo, anzi!, ma io a Roma voterò per + Europa: perché in questo momento è la cosa più simile al PD che avrei voluto e dò il voto alla coalizione, senza mettere il Paese a rischio di finire nelle mani di Berlusconi, Salvini e Di Maio.

Per l’esattezza:

  • Al Plurinominale di Camera e Senato (il proporzionale), voterò per +Europa, fatelo anche voi in tutta Italia.
  • Camera, collegio 10: per fortuna abito nel collegio 10 a quindi voterò Riccardo Magi alla camera, alcuni di voi in giro per il Paese avranno altrettanto bei candidati della coalizione, altri purtroppo no.
  • Senato Lazio 1: sempre per fortuna avremo Emma Bonino candidata, quindi nessun imbarazzo.
  • Al consiglio regionale del Lazio, per il collegio della provincia di Roma, scriverò Alessandro Capriccioli, facendo una x sopra il simbolo di +Europa

Abolire il dipartimento “Mamme”. Per evitare confusione.

Patrizia Prestipino non è razzista. Su questo non ci sono dubbi.

La verità è che per difendere un dipartimento che molti di noi non comprendono, Patrizia è caduta in un tranello linguistico che giustamente a molti sembra mostruoso includendo i padri omosessuali nel materno e parlando di razza. Un papà è un papà anche dove non c’è una mamma. E di certo l’idea del PD per aiutare le madri non è quello di aiutare quelle italiane contro altre ipotetiche madri, non a caso siamo quelli dello Ius Soli mentre tutti rincorrono il consenso sul razzismo vero. A prescindere dalla parola razza quel concetto è grave (e stupido) a prescindere.

La verità è che il nostro Partito deve chiudersi in una stanza e definire la visione del Paese: vale per le infrastrutture, per l’energia, per il modello di trasporto pubblico, ma vale anche per il modello di famiglia e il tipo di sostegno da mettere in campo: continuiamo con i bonus o costruiamo asili con i soldi? Ho raccontato ieri al segretario che non saprei come spiegare ad uno dei miei ex operai che ha perso la moglie di tumore e che sta crescendo i suoi due figli a cosa serva per lui un dipartimento “Mamme”. Sembra quasi, quel nome, deresponsabilizzare i maschi alla genitorialità o costringerli al femminile se si occupano dei figli. Che esattamente uno dei problemi culturali che abbiamo in Italia: declinare la cura della famiglia al femminile e far finire i padri che si occupano di casa e figli come degli sfigati effeminati (poi non lamentiamoci del femminicidio o dell’omofobia) e le donne che non vogliono figli delle stronze.

Più che chiedere le dimissioni a Patrizia Prestipino o fare incauti paragoni (che io stessa ho vissuto sulla mia pelle una volta) suggerirei al segretario di abolire il dipartimento “Mamme”, onde evitare confusioni e scivoloni dei 40, e di riempire di contenuti il dipartimento Welfare e quello Pari Opportunità e di lanciare una bellissima iniziativa sull’essere genitori (per chi lo vuole) fatta di cultura e investimenti.

Renzi si e’ fermato ad Acquapendente: ovvero perche’ il congresso del PD romano non dovrebbe annoiarvi e chi votero’.

I congressi locali del PD (vorrei dire dei partiti, ma, ehm…il PD resta l’unico a farli in questo modo “aperto”) di solito finiscono nella mortale noia di dibattiti autoreferenziali e nella quarta pagina delle cronache locali dei giornali che si alimentano di dinamiche che di solito riescono ad appassionare ben pochi.

Eppure la definizione degli organi locali, soprattutto sotto elezioni e’ fondamentale perche’ il segretario “provinciale” e’ quello che fara’ le liste per entrare alla Camera e al Senato, oltre che ad avere la missione di guidare il partito locale a costruire una linea di opposizione o di governo coerente e a fare da collegamento (cinghia di trasmissione!!!) tra gli eletti e gli iscritti ed elettori.

A Roma, perche’ di Roma stiamo parlando, c’e’ (ci sarebbe) da fare una rivoluzione.

Qualche considerazione:

  1. Il PD a Roma ha sbagliato tutto. Su Marino ha fatto un pastrocchio indicibile, mettendo in difficolta’ il proprio sindaco (Marino) e la propria giunta ancora prima dello scoppio di Mafia Capitale (ricordiamoci la Panda rossa). Poi lo scoppio di Mafia Capitale e un po’ di pace (dal fuoco amico), mentre parte del consiglio veniva travolto dalle inchieste (ancora da chiudersi) e mentre in molti si aspettavano che l’inchiesta si allargasse molto di piu’ di dove e’ arrivata andando a toccare anche altri “compagni ed amici” che all’epoca sedevano in altre istituzioni. Poi il fuoco amico e’ ricominciato (complice una situazione romana drammatica e la totale mancanza di gioco di squadra tra vari livelli) e siamo arrivati al pastrocchio delle dimissioni di Marino (che non avrebbe dovuto darle anche se la pressione era enorme), alle dimissioni ritirate (una volta date, e’ stato stupido ritirarle, sarebbe stato meglio come gli avevo consigliato anche io salvare la sua squadra che andava dalla giunta ai presidenti di municipio), alle firme dal notaio.  Uno dei motivi per cui non votero’ Casu e’ che e’ appoggiato da tutti quelli che hanno fatto il pastrocchio suddetto e faccio parte di quelli che ancora aspettano una semplice frase da tutta quella classe politica (che ad onore del vero passa per buona parte del notabilato romano e finisce all’attuale segretario nazionale a cui voglio un bene dell’anima, ma su Roma non andiamo proprio d’accordo per usare un eufemismo edulcorato): ” Scusate abbiamo sbagliato. Abbiamo sbagliato a non aiutare Marino (e si’ con tutti i difetti che aveva), ma sopratutto a NON sostenere i nostri assessori e i nostri presidenti di municipio (il PD li aveva tutti!). Scusate, abbiamo sbagliato a rottamare un’intera classe dirigente (che oltretutto era quasi completamente nuova). Scusate abbiamo sbagliato: ci voleva piu’ pazienza e sopratutto un grande aiuto nel comunicare con la citta’ (invece di infiammare le veline giornalistiche fino al NYT).
  2. Dei 4 candidati, tutti e 4 hanno votato Renzi al congresso nazionale (quindi NON esiste un candidato ufficiale, forse esiste un candidato appoggiato dal notabilato, bene per lui e il fatto di spacciarlo per candidato ufficiale e’ cosi’ antirenziano, su…eravamo quelli che si candidavano senza permesso e che rompevano le palle…)
  3. Due di quei candidati sono espressione di governo nell’epoca Marino ed entrambi hanno fatto bene: Valeria Baglio ed Andrea Santoro. Una consigliera comunale e poi presidente dell’Asemblea in uno dei momenti piu’ difficili e l’altro presidente di Municipio. Ricciardelli e’ un giovanissimo ed agguerrito renziano, tra i giovani dem e’ uno dei piu’ intelligenti e lucidi, ma non so se saprebbe reggere il peso delle dinamiche interne e avere la leadership per fare la tabula rasa che serve. Di sicuro serve gente come Livio, anzi Livio e’ gia’ servito perche’ con la sua candidatura ha smosso il commissario dormiente (Orfini, per i non addentro) ad accelerare la questione (il che ha comportato che l’accordo unanime sovietico (nascere della Margherita e morire stalinisti e’ il nuovo proverbio romano?) su un unico candidato NON si e’ trovato, quindi bene cosi’, se no sai che noia.
  4. Vogliamo un segretario che controlli il tema delle liste a Camera e Senato (da qui la corsa ad avere un candidato ufficiale e a concentrarvi quasi tutto il notabilato) o un candidato che ricostruisca un partito che faccia politica? Veniamo al dunque. Serve un segretario che rimetta in piedi il partito. Il partito e’ come la cultura: con il partito si mangia. Non nel senso che pensate voi, ma nel senso che bisogna restituire, utilizzando tutto quello che il XXI secolo ci mette a disposizione) un partito che dialoghi con le persone, che raccolga idee e lamentele, le trasformi in programma e visione, costringa gli eletti a seguire quelle indicazioni come traccia di elaborazione. Va bene la sto facendo troppo difficile: a Roma, Orfini, ha commissariato il partito praticamente quasi chiudendolo. Bloccandolo (non mi citate convegni e magliette gialle, per favore, grazie). Io non conosco quale e’ la linea del mio partito (l’ultima volta che il PD romano ha avuto una linea era segretario Miccoli e Alemanno faceva il sindaco e non a caso da quel partito e’ nata una classe dirigente che aveva poca esperienza di governo, ma almeno una parvenza di visione di citta’ su molti temi) a Roma. E questo comporta che la gente ci vota per le nostre facce e non per le nostre idee. E su questo perdiamo (sono rimasta basita dai festeggiamenti di questi giorni perche’ il PD Roma ha superato il M5S…si’, ma con uno dei minimi storici, quindi cosa c’e’ da festeggiare? A Roma siamo ridotti al lumicino). Insomma per me serve un segretario che abbia un minimo di esperienza di gioco di squadra e per lo meno di governo della citta’ (che sa di cosa parliamo sul serio perche’ si e’ beccato\a le urle della citta’). Queste due caratteristiche (secondo me) le hanno solo Valeria e Andrea (che io avrei voluto insieme, ma non si puo’ sempre avere tutto e a Roma questa cosa e’ una dannazione).

Ho scritto troppo, lo so. E’ che mi fa rabbia sapere che di questo congresso non freghera’ nulla a nessuno e invece e’ uno dei congressi piu’ importanti del Paese perche’ a Roma la rottamazione non e’ mai arrivata.

Renzi si e’ fermato ad Acquapendente e qualcuno deve pur dire qualcosa (anche se per tutti questo e’ il momento di tacere o per lo meno non fare troppo casino).

In estrema sintesi: votero’ per Valeria Baglio. Perche’ sa fare squadra, sapra’ tenere insieme il positivo che c’e’ da tutte le parti (ce ne e’ anche con Casu, come accade sempre), perche’ sa cosa significa tenere insieme parti distanti. Serve la politica. Non servono slogan, non servono candidati ufficiali, serve ripartire dalla classe dirigente vasta che stava nascendo, continuare il lavoro di dialogo con la citta’ che e’ in ginocchio per capire quale direzione prendere sui grandi temi: sui rifiuti, sui trasporti, sul turismo, sul commercio, sugli asili! So che stanno nascendo (e uno di questi e’ Spazio x Roma a cui da lontano partecipo) think tank sulla citta’ che stanno finalmente ricominciando a congiungere idee e politica ed esigenze della citta’. IL futuro del PD (e quindi di Roma) puo’ essere migliore. E lo sara’.

Andiamo a votare Valeria (ogni municipio ha la sua data, quindi andate su pdroma.it per trovare quando andare a votare nel vostro municipio).

 

L’esercizio di Lampedusa.

Su Lampedusa avrei anche io voluto scrivere tante cose. Mia cugina ha insegnato sull’isola per due anni e ci ha dato, durante una delle nostre ultime visite in Sicilia, un punto di vista diverso da quello del “continente”. Persino il film che abbiamo tanto amato, non e’ stato cosi’ amato da tutti (e in effetti non faccio fatica a crederlo).
Lampedusa ci insegna tante cose.
Ci insegna la separazione che c’e’ tra la storia e il presente, tra l’umanità e gli uomini. Forse ci dice tante cose anche su cosa e’ destra e su cosa e’ sinistra, ma siamo diventati troppo veloci per ragionarci su. L’abdicazione alla storia o alla vita. O voler essere cosi’ testardi da voler coniugare insieme le due cose. Che e’ difficile, eh.
Ma il mio abbraccio va lo stesso a Giusi Nicolini​ soprattutto adesso. Perche’ perdere per avere amato il mondo, tutto il mondo fuori da una piccola isola e’ una vittoria.
A Lampedusa adesso (come a Roma e altrove, ma Lampedusa e’ un porto e non puoi fare a meno di salvare le persone in mare, capito Raggi?, quindi ci devi fare i conti) la politica ha il famoso doppio compito. Far funzionare l’idealismo e la vita. Perche’ l’esercizio di Lampedusa e’ esattamente quello che le altre citta’ NON possono fare/ Lampedusa quell’esercizio deve farlo sul serio.