Mia madre.


Ho riscoperto mia madre con grande e grave ritardo. Quando, per cause naturali o di forza maggiore, tutti i maschi della famiglia hanno terminato di essere più importanti di quel “noi”.

E non è questo l’incipit della storia, ne ho scritti molti e terminati pochi, chissà un giorno troverò l’inizio giusto.

Ho scritto tantissimo di lei negli anni del distacco che sono stati lunghissimi. Rileggendomi, io che pensavo di essere ossessionata da mio padre, mi rendo conto che il mio vero filone narrativo e produttivo è, in realtà, lei. Mia madre.

Mia madre è nata in una casa per ragazze madri. Fu strappata a sua madre in fasce per crescere in una famiglia più consona (quella paterna). Tanti anni in collegio, un collegio di Trastevere. La comunione da Padre Pio di cui i miei bisnonni erano amici. Una madre conosciuta, inseguita, persa, rifiutata, amata, odiata che è stata tanti anni in Australia e che sbucò a casa nostra quando io avevo 7/8 anni in formato di “zia” quando la sua figlia maggiore avuta sempre da ragazza madre e prima di mamma (motivo per cui mio nonno ventenne andava con lei, considerandola libertina e non pericolosa) morì di una terribile malattia. Me la ritrovai in casa. Scoprii il mistero perché un mio compagno scambiò mia nonna per mia madre e mi chiese come mai mia madre fosse così invecchiata. Le guardai: erano identiche, di una bellezza magra, appuntita, forse figlia delle origini ungheresi.

Mia madre sposa senza padre, il quale ricomparve solo la domenica in cui nacqui.

Mia madre spaventata di essere madre, in piena Pianura Padana dove la malattia sempre covata (come dice Emilio Vercillo It-its abbiamo tutti un punto di rottura, ma magari non ci sono mai condizioni estreme per scoprirlo, ma uno schizofrenico è una 500 lasciata nel deserto) esplose con ricoveri e crisi e periodi infiniti nel buio di una stanza dove ogni tanto mi affacciavo per sentirmi dire di non bere acqua ghiacciata se avevo appena finito di giocare a calcio. Una malattia negata da tutti. Scambiata per pigrizia a volte. Curata con violenza.

Mia madre colpevolizzata perché ero un maschiaccio. Io che disegno alberi sui fogli. Mia madre abbandonata. Sì, anche da me e se non siete mai stati feroci con qualcuno che dovreste amare vi invidio.

Mia madre che dorme sul sagrato di una Chiesa. Mia madre ricoverata.Mia madre che dopo anni mi salva, tira fuori qualcosa che nessuno sa, dice le cose giuste al momento giusto e aiuta me nella mia fuga che è un’altro film fatto tutto di donne sia dalla parte giusta che dalla parte sbagliata (ah, qui non troverete nulla sulla sacralità del femminino).

Ho avuto tante madri mentre cercavo la mia, sono grata a tutte.

Mia madre no. E’ stata molto sola. E’ stata poco amata. Un solo abbraccio, un solo bacio le cambia l’umore per settimane io sto imparando di nuovo a farlo, non è facile. E’ tutto complicatissimo.

Oggi vive nella grande casa di famiglia che abbiamo messo a posto dopo la morte di mio nonno e che nel 2018, con lei dentro, cascava a pezzi.

Oggi è un grande gineceo (anche piuttosto rainbow), dove c’è un re pescatore che porta il pesce, dove i nostri amici vanno e vengono, dove mia madre tiene il conto delle coppie e dei figli e chiede spesso dei maschi come se fossero più fragili e tutte le ragazze di questa famiglia non fossero tanto brave ad occuparsene. Fa l’elenco dei nomi e li sgrana sui rosari, quando qualcuno sta male glielo diciamo così si sente utile e ci ricorda tutti nell’infinita nenia della preghiera. Io smadonno San Benedetto, dico che se lei ORA io LABORO e le nascondo i libri del tizio perfido di Radio Maria.

E per la prima volta dopo più di 40anni quando non la vedo per un po’ mi manca. Non giudicate, ripeto: è complicato.

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