LGBTQI+: generazioni a confronto, molto diverse.

C’è una cosa su cui sto riflettendo da giorni e che ho detto qualche giorno fa alla bella giornata di lancio de Le Contemporanee (a proposito seguitele!) dopo avere ascoltato le parole di Simonetta Sciandivasci sulle nuove generazioni.


La generazione di gay e lesbiche e trans (uso queste definizioni appositamente) prima della nostra – parlo dell’Italia, ovviamente USA e UK potrebbero avere anticipato di mezza generazione – quindi chi ha oggi più di 60 anni non aveva parole per definirsi. Spesso nemmeno si autodefiniva e le uniche parole esistenti erano offese, insulti. Si diceva “frocio”, si diceva “pederasta”, si facevano addirittura gesti per non dire, per non nominare. Si “era” senza “dirsi”. Non ce ne era bisogno. Fa eccezione ovviamente quella parte di pionieri del Fuori (Enzo Cucco Tosco e Giovanni Minerba prima che mi tiriate le orecchie!)


La mia di generazione ha combattuto per definirsi. Per distinguersi. Per conquistare il diritto a “dirsi”, per uscire dalla dimensione buia ed affermare l’amore, la transizione. Forse siamo stati anche la generazione “normalizzante” che ha convinto l’opinione pubblica che gay, lesbiche e trans non erano persone disordinate che vivevano di nascosto il loro peccato. Siamo diventati genitori, famiglie, abbiamo combattuto per il “matrimonio”, sentendoci anche dire dalle punte più avanzate della generazione precedente che forse eravamo un po’ borghesi.


La generazione LGBTQI+ di oggi sta combattendo una battaglia completamente diversa. Sta combattendo per non definirsi. Per non etichettarsi. Per viaggiare attraverso le definizioni facendo scoprire a molti di noi che forse nelle definizioni che ci siamo dati e date siamo persino stretti e strette. Devo confessare che dopo un primo momento di stupore, di vertigine, è bellissimo guardare e ascoltare i giovani e le giovani di oggi in questa ricerca che non finisce.
Forse quello che osserviamo nel movimento LGBTQI+ non è una specificità della categoria, ma è probabilmente il luogo più evidente dove sta prendendo forma la differenza di queste ultime 3 generazioni post-belliche (sto sempre parlando solo d’Italia). La mancanza di riferimenti e di ideologie che per noi è stata immensa nostalgia per quello che non avevamo potuto “sperare” come i nostri genitori, per i ragazzi e le ragazze di oggi è libertà. Ed è tutto molto bello. Anche se a molti fa tanta paura.

Di Maio come Ponzio Pilato

Se ancora avevate dubbi sul M5S spero vi sia bastata l’intervista a Di Maio di oggi. Sui diritti delle persone non servono i referendum, la politica non si deve lavare le mani, non deve abdicare al suo ruolo di trascinamento del Paese. Il referendum del fifone è quello di Ponzio Pilato e sappiamo tutti come vanno a finire quel tipo di referendum. Di Maio continua ad arrampicarsi sugli specchi senza dire cosa pensa. Di Maio fai politica, non sei un cittadino come andate cianciando: dicci cosa pensi. O dobbiamo pensare che se governeranno faranno politica al Colosseo con la folla che decide se dovranno alzare il dito o abbassarlo sulle decisioni?


M5S sta diventando un partito di centro non per posizione ma per spinte contrapposte che si annullano: un partito così NON può governare. Come le prende le decisioni? Lo abbiamo visto: cambiano idea ogni 10 minuti.

Preferisco le polemiche aperte del PD, la carne viva del dibattito, e sono felice che il PD si sia preso la responsabilità di blindare il risultato parziale piuttosto che fidarsi di chi si è dimostrato palesemente inaffidabile e ondivago.

Trovo assurdo che si parli di supermarket dei bambini solo quando si parla di coppie gay, che si usino toni degni della destra più bieca solo perché il M5S alla fine ha capito che i suoi voti rabbiosi e immaturi li becca solo da destra. Ma almeno stiamo capendo che partito è.

Perchè il 5 io sarò in piazza.

Sarò in piazza perchè le associazioni non hanno convocato una manifestazione contro la legge approvata al Senato, ma una manifestazione che ricorda a tutti che poteva andare meglio e che non ci accontenteremo fino alla piena uguaglianza. Come ho sempre detto io voglio il matrimonio e sarò pienamente felice solo quando saremo tutti uguali davanti alla legge. Sarò in piazza come vado ai Pride, in mezzo alla gente.

Abbiamo fatto fare al Paese un salto mortale carpiato. Portato l’Italia a parlare di noi ovunque, ad interrogarsi sulla nostra capacità di essere genitori.Ho sentito persone esprimere dubbi sulla Gestazione per Altri e dire nello stesso tempo: “però io ho cambiato idea sulle adozioni, io a voi adesso un figlio ve lo darei, prima di tutta questa discussione no.” Ho sentito persone capire cosa è la GPA e sapere che è cosa diversa dall’utero in affitto. Ho visto persone capire quanto questa battaglia era importante anche per loro, per un’Italia migliore. Ho sentito giornalisti dirmi che non avevano mai ricevuto così tanti commenti per una trasmissione, alla faccia del “non importa a nessuno”.

Ho visto senatori nelle nostre case, ho visto in questi giorni dopo l’approvazione della legge genitori gay e cosiddetti cattodem scriversi su facebook, perchè comunque si sono generati dei legami, e non lo dico per democristianitudine (che Dio mi fulmini), ma perchè tutti questi mesi sono patrimonio culturale e di crescita a prescindere dalla legge e tutto questo servirà. Tutto questo è stato arare la terra. Tirare via i sassi dalla vigna.

So perfettamente che il 5 ci sarà qualcuno che sarà arrabbiato con questo Governo e con Renzi. Pazienza, ci sta.

Vi dico anche un’altra cosa: che in questa battaglia è servito tutto. E’ servito chi ha lavorato per anni per trascinare il Partito Democratico e se volete possiamo discutere se siamo stati bravi o no, se potevamo arrivarci prima, se abbiamo sbagliato qualcosa (certo non lo abbiamo fatto per avere qualcosa in cambio, potete non crederci, c’è solo una persona che può testimoniare quanto a volte ci siamo incazzati, abbiamo protestato che non si facevano visibili passi avanti, quanti toni duri sono stati usati ogni volta che rimandavamo il momento di discutere in aula). E’ servito chi ha protestato fino all’ultimo perchè invece della Cirinnà voleva il matrimonio, chi ha pestato i piedi per lo stralcio della stepchild. Le critiche e gli insulti anche se dolorosi, sono serviti e serviranno ancora: per aiutarmi a sostenere il nostro asintoto, per ricordarmi ogni giorno dove dobbiamo arrivare, per ricordarmi che finché non saremo lì non saremo contenti e romperemo le palle ogni giorno, senza mai cedere perchè si continui a camminare e a fare passi avanti. Ora dobbiamo lavorare per una legge sulle adozioni in questa legislatura e per fare una battaglia programmatica affinché il PD il prima possibile contenga nel suo programma il matrimonio egualitario, questa legge  e il dibattito nel Paese ci aiuteranno perchè renderanno passare alla forma più facile una volta avuta la sostanza.

Qualche giorno fa ho lanciato l’idea di un comitato che ci tenga tutti insieme e che divenga il luogo di una piattaforma comune e semplicissima: l’estensione del matrimonio egualitario. Secondo me dobbiamo farlo e tutti insieme. Litigheremo ancora. Discuteremo ancora di come arrivarci, lo so. Ma so che adesso è più facile stare tutti insieme.

State soltando parlando di amore.

E’ doloroso sentire parlare di noi nei termini usati da alcuni senatori ieri. Sembrava così straniante essere in pigiama con la tosse e la febbre, accudita dalla mia compagna e sentire le enumerazioni delle definizioni, dei distinguo. Ascoltare insulti abominevoli, tollerare definizioni, classifiche sulle forme di amore, visioni apocalittiche che d’ora in poi potranno abbattersi sul Paese. Sentirci definire una lobby come se fossimo un’organizzazione abietta pronta alla conquista delle anime dei bambini innocenti, ovviamente con l’aiuto delle multinazionali americane. Pronti a falcidiare ogni certezza, a devastare famiglie.
La misura era tutta lì, a casa nostra, come in centinaia di migliaia di altre case. La nostra banalità, la nostra così semplice esistenza, l’abisso tra la stupidità della cura, dell’amore, persino della noia dello stare insieme contro questo macigno di parole insolenti, sconclusionate. Noi non siamo diversi da voi, non amiamo in modo diverso, non siamo né meglio né peggio. Vogliamo figli per gli stessi motivi per cui li volete voi perchè noi siamo voi.
Il portiere che ci saluta ogni giorno, i negozianti, i colleghi, gli amici più cari e i semplici conoscenti. Noi siamo qui. Ehi, toc toc noi siamo qui. Siamo i vostri figli, i vostri vicini di casa, il vostro medico, il vostro spazzino, i vostri fratelli, i vostri genitori. Sappiate cari deputati che state soltando parlando di amore. State soltanto parlando di amore. State soltando parlando di amore.
 
p.s. lo dico anche a quelli che stanno votando sì e si devono giustificare. Quelli che la stepchildadoption non sono le adozioni ai gay, state tranquilli. Le unioni civili non sono il matrimonio, state tranquilli. Fate malissimo anche voi, per cui andateci piano con le parole. Sono le nostre vite, fatela bene questa politica. State soltando parlando di amore.

Unioni Civili: i pareri dei Capo di Stato Stranieri.

Trovo poco rispettoso dell’Italia che un Capo di Stato straniero intervenga sulle nostre questioni interne, non mi pare poi di averlo sentito intervenire sul referendum Irlandese o sulla decisione della Corte negli USA. O sbaglio? Aggiungo per i cultori della materia (religiosa) che il matrimonio civile non c’entra nulla con il matrimonio religioso, nessuno vuole toccare l’istituto religioso che tutti rispettiamo e nessuno vuole accedervi. Siamo cittadini italiani e vogliamo accedere ad un istituto civile di uno Stato che fino a prova contraria non è uno stato teocratico. Mi meraviglio che Sua Santità sia caduto in un così banale errore diplomatico. Abbiamo un ambasciatore che può farglielo notare?

Altrimenti perchè non intervistiamo anche tutti gli altri Capi di Stato stranieri su cosa pensano delle unioni civili in Italia? Magari Obama può darci un contributo.

Unioni civili: avevo scritto una letterina al direttore di Avvenire, ma…

…non l’hanno pubblicata. Non voglio pensare male, in questi giorni hanno molto di cui occuparsi e chissà quante lettere ricevono. Quindi non me la prendo a male e la pubblico qui.

Caro Direttore,

Ho letto oggi lo scambio avvenuto tra lei e l’amico Senatore Chiti. Provo a rompere il muro che tradizionalmente porta persone come lei e me a cercare confronti in zone di maggiore comfort. E le scrivo.

Provo a scriverle perché continuo a sperare che le sue posizioni e quelle del suo giornale siano posizioni in buona fede e ho deciso tempo fa che il tempo speso per parlare con chi non è d’accordo con me, ma è in buona fede non sarebbe mai stato tempo perso. 

Facciamo parte entrambi di una comunità vasta, quella italiana, dove Guelfi e Ghibellini hanno smesso da tempo di farsi la guerra e l’Italia non può prescindere dalla sua storia e la sua storia è anche la storia della Chiesa Cattolica, io questo non lo nego anche se faccio parte di quelli che abolirebbero il concordato. Non lo nego perché provengo da una famiglia profondamente cattolica e non posso prescindere dalle mie origini anche se spesso e volentieri le contesto. L’esercizio che faccio da quando discussi con il mio catechista è quello di separare le due cose. Il mio essere cittadina in relazione con altri cittadini da quello che provo spiritualmente. Mi definirei qualcuno che ogni tanto ci crede. Che spesso vorrebbe crederci di più e altrettanto spesso mi arrabbio per quanto si dipana il potere della Chiesa attraverso vie che non mi fanno scorgere la finalità spirituale. Sono cresciuta tra i francescani e confesso che tifo per il lavoro di questo Papa: riportare la Chiesa alla sua pietra iniziale, allo spirito del cammino comune, dove le guide non hanno ruoli gerarchici, ma solo più responsabilità. I pastori vivono con le pecore. Non altrove (potremmo anche discutere per ore se davvero la relazione tra credenti e Chiesa debba essere ancora considerata quella tra pastore e pecore, ma non è per questo che Le sto scrivendo) 

Ci sono però alcune cose che non comprendo nel dibattito sulle unioni civili. Non comprendo perché la Chiesa si sia opposta negli anni al riconoscimento civile (e non religioso, anche se nei paesi del Nord Europa il dibattito è così avanzato che la discussione è arrivata anche a quel livello) da parte dei Governi di consentire a due persone dello stesso sesso di potere avere lo stesso riconoscimento giuridico civile (attenzione: civile) di una coppia sposata civilmente.

Non lo comprendo. Non sto discutendo del matrimonio religioso, né del fatto che la Chiesa oggi voglia (ancora) attribuire alla procreazione un motivo per benedire di più e meglio una relazione d’amore. Come si può dire che io e la mia compagna non ci amiamo come le tante coppie eterosessuali di nostri amici? O che non abbiamo le stesse difficoltà? O che non compiamo lo stesso cammino di crescita insieme? 

In questo passaggio che vorrei chiarire con lei non sto toccando il tema dei figli, lo farò più sotto, a parte. Mi spieghi, la prego, con parole semplici perché la mia famiglia è meno famiglia di quella dei nostri amici che non hanno figli e magari non li faranno?

Veniamo ai figli. E’ un argomento di cui si parla da pochi anni perché le coppie omosessuali così come le tantissime coppie eterosessuali moderne possono accedere a tecniche di riproduzione assistita. Prima dei figli non se ne parlava, ma la Chiesa si opponeva comunque al riconoscimento delle coppie omosessuali. Ora mi spiega perché non vi arrabbiate con i governi che non mettono le famiglie in condizioni di fare figli? Io più che combattere la teoria gender (che non esiste perché nessuno sostiene che non ci siano differenze tra maschi e femmine, ma tutti sosteniamo che anche le bambine devono essere felici e pensare di potere arrivare ovunque come i maschietti) farei manifestazioni perché a Roma le famiglie non trovano gli asili pubblici. Organizzerei imponenti manifestazioni in ogni città dove il sindaco dorme e non mette in condizione le donne di poter fare figli senza dovere temere di perdere il lavoro che è la vera, macroscopica causa del calo demografico italiano.

 

Oppure convertirei tante strutture religiose in asili per consentire alle donne di fare figli e di essere aiutate a crescerli. Io non capisco perché la Chiesa sia entrata in questo cortocircuito per cui si oppone al fatto che due adulti vogliano comporre una famiglia. Insomma nell’immaginario collettivo le persone omosessuali erano persone disordinate e promiscue. Per questo venivano additate come perverse, pericolose. Questa era la narrazione che degli omosessuali veniva fatta quando io ero bambina. Nel frattempo magari a molestare i bambini erano il vicino di casa padre di famiglia, il parente, il parroco (non si arrabbi, non voglio polemizzare).

Poi gli omosessuali sono diventati visibili si è scoperto che si amano come tutti (perché l’amore è dell’umano e non proprio del solo umano eterosessuale). Lo avevano sempre fatto, ma non si vedevano.

Poi gli omosessuali hanno dato voce al loro desiderio di genitorialità che in realtà avevano sempre avuto perché quel desiderio è un istinto anch’esso così naturalmente proprio dell’essere umani. Perché negarlo? Ovviamente io non sto negando che per fare figli non ci voglia la combinazione di uno spermatozoo e di un ovulo. Non lo nego affatto, sarei stupida a negarlo.

Ma quanti di coloro che sono in grado di procreare sono anche bravi genitori? E quante persone sterili o religiosi sono stati ottimi genitori? Perché chiamiamo i parroci, “padre”? O le suore “madre”? Non è perché riconosciamo della genitorialità nella loro scelta di farsi pastori di anime?

Posso comprendere profondamente il dibattito sulla questione figli se questa diviene una questione etica che ci riguarda tutti. Omosessuali ed eterosessuali. Discutiamone senza brandirla come arma anti gay, vi prego, vi imploro. Il dibattito sulla procreazione assistita non riguarda i gay. Ci riguarda tutti. So che sul tema (anche quando riguarda coppie eterosessuali) io e lei non potremo mai andare d’accordo, ma proviamo a portare il dibattito ad un livello più giusto, più onesto. Almeno voi, che sono certa siete in buona fede. Vi prego. 

Continua il terrorismo psicologico sulle unioni civili

In attesa che la legge di stabilità e l’emergenza terrorismo ci facciano tornare alla normalità della vita parlamentare e ricordando che la legge è incardinata al Senato, accade, ahimé, che femministe (ahem) e attivisti LGBT stiano prestando il fianco ai peggiori omofobi contribuendo alla confusione sul tema che riguarda la step-child adoption.

L’utero in affitto non c’entra nulla con le unioni civili e l’ho scritto ampiamente su repubblica alcune settimane fa (ma guarda caso adesso è diventata una questione da affrontare) e soprattutto va distinta fermamente dalla gestazione per altri che NON ha nulla a che fare con l’utero in affitto.

Mi dispiace dove registrare in questo femminismo la stessa ottusità di chi è contrario all’aborto, cioè che esista qualcuno che voglia dire alle donne cosa devono o non devono fare con il proprio corpo. E’ scorretto non fare distinzione tra le donne sfruttate a pagamento e le donne che lo fanno liberamente dove è prevista questa libertà per la donna che, lo ricordo, lo fa gratuitamente e NON può farlo se non è economicamente stabile, se non è sposata e se non ha già figli. E’ profondamente scorretto.

Unioni civili: storia di una lotta che chiede responsabilità verso l’altro.

Per quanto le parole della CEI mi facciano rabbia so che non dobbiamo cadere nel tranello di prendercela con la Chiesa. La Chiesa ingerisce se lo Stato la fa ingerire e lo Stato non deve farlo, deve mostrarsi all’altezza del compito che gli è dato, quello di rappresentare e possibilmente guidare il proprio Paese e la sua complessità. Sono tra le persone che abolirebbe il concordato subito, ma sulle unioni civili i miei occhi saranno puntati sulla politica che ha fatto una promessa e ora deve mantenerla. Saranno settimane di fuoco. Accompagniamo la legge al voto e difendiamo il testo, un testo che non rappresenta la piena uguaglianza, ma che tutela i figli delle nostre famiglie, determina responsabilità. Stiamo chiedendo una legge che tuteli i soggetti deboli delle nostre famiglie, che consideri i destini delle persone quando morte, malattia e separazione capitano. Più che diritti di una lobby di viziati, stiamo chiedendo di potere esistere nel compito più alto: quello delle responsabilità verso gli altri.

p.s. Se solo la Chiesa afferrasse questo aspetto nella lotta omosessuale, capirebbe di dovere essere la nostra prima alleata e non la nostra prima nemica.

Unioni civili: la legge si farà, ma ora difendere il testo.

Che il cammino della legge sulle unioni civili non sarebbe stato facile anche dopo essere state incardinate al Senato lo sapevamo e l’ho scritto ieri. Di sicuro le parole di Di Maio sulle adozioni non aiutano (per me era molto importante che il M5S si dimostrasse compatto per costringere il PD a non tentare altre strade come quello dell’emendamento sull’affido rafforzato). Una cosa è certa: la legge sarà una buona legge solo se la votano PD, M5S e SeL. Se M5S si sfila o non conduce una battaglia aperta sul testo presentato in aula, il testo è in pericolo perchè il PD da solo i numeri su quel testo non lik ha. Questo è lo stato dei fatti ad oggi. Vedo in giro omofobi che gioiscono perché la Boschi parla di gennaio 2016 (la promessa era di votarle entro l’anno). Non sanno proprio su cosa gioire: la legge si farà. Mettetevi l’anima in pace. A questo punto la cosa importante è difendere il testo, se dobbiamo votare una porcata il 31 dicembre preferisco votare a gennaio. Penso che su questo chiunque di buon senso possa essere d’accordo. Comunque la strada è ancora in salita.

Unioni Civili: adesso difendere il testo (e la data).

Adesso dobbiamo difendere questo testo. Tutti insieme. basta vedere quanto si stanno incazzando a destra per capire che il testo è buono e deve reggere.

Lo abbiamo sempre detto, non è il matrimonio, è un macroscopico compromesso, ma meno di questo non si può accettare.

E sopratutto dobbiamo spiegare anche urlando che la step-child adption e soprattutto l’omosessualità NON c’entrano nulla con l’utero in affitto. E’ un argomento usato ad arte come un’arma da chi ha perso argomenti.

Il testo va difeso dagli emendamenti che sicuramente ci saranno anche in aula (soprattutto chi vuole tentare di trasformare adozione in affido che determinerebbe solo problemi di continuità affettiva al minore (per non parlare della discriminazione macroscopica a parità di impegno e responsabilità da parte dei genitori) in caso di problemi tra i genitori) e la data va difesa a gran voce, almeno per incardinare la discussione entro il 15. La cosa più importante adesso è il testo.