Né silenzio, né rumore. Bruciamo tutto parlando coi nostri figli.


Quello che ci fa paura più di tutto di questa cosa di Giulia Cecchettin è che, in questa storia, ogni alibi discriminatorio per “non vedere” è stato abbattuto. Giulia e Filippo non sono stranieri. Non possiamo dire che provengano da una cultura diversa (leggi: inferiore). Non sono di classe sociale povera (leggi: inferiore). Hanno studiato, non si sono fermati alla terza media. Sono giovani, non possiamo dire “vedi le nuove generazioni sono diverse”. Sono giovani quindi non sono vecchi, non si sono consumati in litigi, in frustrazioni, in fallimenti di desideri giovanili. Lei non stava con un altro. Lei non lo aveva eliminato dalla sua vita. Giulia Cecchettin ci ha messo davanti l’esercizio accademico del possesso senza darci una via di fuga.
Un pertugio che ci salvasse da doverci guardare allo specchio.
Ci ha svegliato e ricordato che la cultura patriarcale, il possesso malato, l’ossessione che oggettivizza è più sottile e ingombrante di tutti gli alibi che di solito elenchiamo per dire: a noi non succederebbe. Mio figlio non lo farebbe mai. Mia figlia è salva. È tutto ok. L’esercizio che dobbiamo fare non è la criminalizzazione del maschio, di tutti i maschi. Io questa cosa scusate non riesco a farla anche se poi lo faccio quando parlo con gli amici maschi.
L’esercizio che dobbiamo fare parlando con le nostre figlie, coi nostri figli è l’autopsia dei sentimenti. Parlare dei sentimenti. Viviamo l’epoca delle emozioni concesse forse più di ogni altra epoca e spesso ci dimentichiamo la cassetta degli attrezzi per gestirla. Il destino ha voluto (e forse non è un caso) che l’epoca delle emozioni sia anche l’epoca in cui le donne sono più emancipate (non è un caso certo).
E va gestito tutto questo. E non si fa nel silenzio. Se in ogni famiglia il 25 novembre si spegnesse la tv, si spegnessero i cellulari e si parlasse? Tra di noi. Coi figli. Va spezzato il silenzio intorno alle emozioni, un privilegio di noi occidentali senza guerra da decenni: avere il tempo e lo spazio di farlo.

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