Se la democrazia non è consenso e viceversa.

Voglio dire una cosa a tutti noi: non è che chi ha consenso allora è anche buono e bello. Chi ha consenso accede agli strumenti della democrazia. Poi si verifica nel tempo se quel consenso è sano (si chiama studio della Storia vedere i casi Hitler, Mussolini) o se è illegale (vedere chi si compra le preferenze, i casi di conflitti di interesse, uso di risorse improprie). Esistono in democrazia delle cose che si chiamano: dissenso e magistratura. Servono per impedire le dittature, per questo sono sempre le prime cose ad essere “soppresse”: nei partiti, negli Stati. Insomma “consenso” non significa allora “devo essere d’accordo con te” perché tanta gente è d’accordo con te. Non compite mai questo errore né dentro i partiti, né con Grillo, (che considero in alcuni casi in antitesi agli eletti del M5S, cosa che nel tempo verrà a galla ed e già accaduta) né con Berlusconi (vedere alla voce Bicamerale). Il male è banale ed è molto organizzato. Ricordatevi che la vera rivoluzione è organizzare il bene che è sempre caotico, anarchico. In questo la sua bellezza e i suoi limiti.

Io continuerò ad elencare gli errori che il PD (per esempio) ha fatto non parlando con chi ha votato M5S e non cogliendo quell’esigenza. Ma continuerò a credere che chi pensa di abolire i partiti (la costituzione li prevede come il momento più meravigliosamente antifascista del suo contenuto, più ancora delle norme transitorie sull’apologia del fascismo) non faccia parte della mia cultura profondamente democratica. Sia la via facile, ma brevissima al cambiamento. Continuo a preferire la via complessa e tortuosa che si muove dentro la dinamica della democrazia. Quella democrazia difettosa, imperfetta, fallace che consente a tutti – però – di poter esistere politicamente (dove quella parola assuma il suo senso etimologico più profondo).

Teniamo la barra dritta. Tra D’Alema-Berlusconi e Grillo esiste una meravigliosa terza via.

Perché voterò Matteo Renzi.

Chi prende posizione si prende la responsabilità dei propri atti, delle proprie scelte. Ho deciso di farlo, in modo netto ed anche lacerante.

Voterò per Matteo Renzi alle primarie per un motivo molto semplice:  non voglio solo vincere le prossime elezioni. Vorrei un governo che duri almeno dieci anni e che sappia incidere sul Paese, trasformandolo radicalmente. Ad oggi Matteo Renzi è l’unico che ha le carte in regola per vincere ed è l’unico che consenta attorno a se spazi per poter partecipare a quel progetto anche se non si proviene dalla tradizione di partito o da una qualche corrente benedetta. Bersani fa parte della classe dirigente degli ultimi venti anni. E’ una brava persona, forse un po’ ingenuo considerato che ha nominato Penati suo responsabile della campagna elettorale da segretario.

Bersani, come Veltroni, non ha saputo smarcarsi dal giogo correntizio della fusione fredda di due partiti.

Renzi oggi pur provenendo da una storia e da una tradizione diversa dalla mia, è un democratico a tutti gli effetti. Ha persino un senso molto meno reverenziale nei confronti del partito, non perché i partiti debbano essere spazzati via come professa Grillo. Ma perché devono tornare ad essere strumento di democrazia e non fine ultimo di interessi di parte. E questa la terza via tra Grillo e D’Alema, Dei partiti utili. Trasparenti. Non di proprietà. Non ostaggio. Contendibili. Lo abbiamo visto nel Lazio con la candidatura di Bachelet. Avevamo contro tutti. Tutti i consiglieri regionali che hanno tappezzato il Lazio di manifesti abusivi per Gasbarra e cammellato truppe per impedire che Bachelet potesse occupare anche solo un po’ di spazio nel partito con la sua gente. Tutto chiuso. Sbarrato. Di proprietà.

Matteo Renzi oggi viene dipinto come il male assoluto. E’ il sindaco del PD di Firenze. A Piazza Pulita hanno elencato i personaggi che lo elogiano: Berlusconi, Iva Zanicchi, Lele Mora, Flavio Briatore, Marcello dell’Utri.  Tutti personaggi del ventennio che hanno in comune una cosa agli occhi di un osservatore con un minimo di cultura politica. Sono soggetti alla fascinazione del carisma. Se chiedete loro se gli piaceva Berlinguer vi risponderanno di sì. Il fatto che Matteo Renzi abbia carisma non può essere un’affermazione ontologica che lo collochi a destra. E’ una follia propagandistica. Il carisma non è l’arte di imbonire. Lo è nella declinazione berlusconiana.  Esiste anche il carisma che proviene dal “sentire” il proprio tempo. Dal sapere cosa dire.

Voterò Matteo Renzi perché parla agli elettori e non alle sigle.

Voterò Matteo Renzi perché non voglio lasciarlo nelle mani dei post democristiani che saltano sul suo carro perché odorano il buon risultato. Fa bene Matteo a non volere comitati centralizzati. In questo modo (lo dico chiaro con nomi e cognomi così non lascio dubbi) se a Viterbo ci sono 10 comitati, Fioroni non potrà intestarsi il risultato. Così Moscardelli a Latina. O i lettiani eretici in giro per il mondo.

Voterò Matteo Renzi perché vive da contemporaneo il problema del precariato, sa cosa è. Sa cosa passa una donna a 34 anni sul lavoro. Sa cosa significa fare il creativo e non pagare l’affitto. O l’operaio nella fabbrichetta dove ti schiavizzano davvero, dove la sicurezza non esiste, mentre tutti parliamo dell’operaio della grande industria, quello che sul contratto ha persino descritti i pesi che può caricare. Una cosa che nessun cameriere, nessun falegname, nessun saldatore sa cosa sia. E nemmeno i lettori dei giornali da salotto, tutti occupati a sparare altrove, dove fa più audience. Consiglio il bel libro di Santarossa “Viaggio nella notte” per sapere cosa significa lavorare in una fabbrichetta di provincia. Preparate il Maalox.

Voterò Matteo Renzi perché non credo all’Europa dei mercati, ma all’Europa “abitata” dai suoi cittadini (vedi la proposta di servizio civile europeo). Non ho paura di vederlo parlare con la Merkel. La cosa importante è cosa si fa in Italia, non il capello brizzolato che fa autorevolezza. Che se sei autorevole di aspetto, ma poi sei ostaggio delle correnti del tuo partito, non decidi nulla davvero.

Voterò Matteo Renzi perché ha il coraggio di dire che in Italia spendiamo poco per i dipendenti pubblici. E’ che spendiamo male.

Voterò Matteo Renzi perché è un cattolico che dice che se i gay si sposano a lui non frega nulla. Il sacramento è una cosa privata. Lo voterò anche per essere la sua goccia cinese sulla questione dei figli. Ha una cosa, Matteo. Non fa finta che i problemi non esistano. Li affronta. Prende posizione. Vi dice come la pensa. Per questo in molti lo odiano – lo odiate – perché siamo assuefatti ad una classe politica che quando ha paura di dire la sua e di perdere consenso non parla. Tace. Tanto il tema è vincere le elezioni, non governare.

Voterò Matteo Renzi perché incarna meglio di chiunque altro il motivo per cui abbiamo fondato il PD, la casa comune dei progressisti che superava l’accrocco delle alleanze, dei giochetti, della spartizione.

Lo voterò perché ha capito che tra la gente che ha votato a destra c’è qualcuno da recuperare, altrimenti – banalmente – si perde.

Lo voterò perché abita il futuro, come me, e mi sono stufata degli interventi per i giovani come se fossero degli interventi straordinari per chissà quale categoria protetta. Da oggi gli interventi per il Paese SONO gli interventi per i giovani perché in tutti i luoghi del mondo è così, perché esiste identità tra progresso e futuro e quindi tra i giovani e la loro esistenza.

Lo voterò sapendo che molta gente non prenderà posizione o alla fine voterà Bersani, per sicurezza. Per comodità. So che queste primarie saranno laceranti. Chi promette di lasciare il PD se Matteo Renzi vince. E’ una battaglia strana, che coinvolge tante cose. Generazioni piantate ancora nel secolo scorso, con i loro giovani sodali e fedeli che governano i meccanismi decisionali. Non è una questione di generazioni, infatti. E’ una questione epocale che riguarda il Paese, le sue dinamiche corporative, il modo con cui si va al potere e quello con cui si governa. Ed io so da che parte stare. Non sto dalla parte di chi è parte del ventennio appena passato, anche se ha solo 20 anni. Sto dalla parte di chi ha una visione complessiva, anche avesse 90 anni.

Non lascio a Matteo Renzi quello spazio. Lo occupo con lui nella speranza di ridare futuro a chi non lo ha, alla mia generazione e a quella dopo la mia. Quelli che i figli no, il mutuo no, il contratto no. Per trasformare quei no, in sì.

Il suo programma è qui, per chi volesse leggerlo. Così parliamo di contenuti e non di ceroni televisivi.

Renzi, Berlusconi, gli Ufo e il vero piano segreto per il 2013

Dicono che Verdini (ex consigliere di D’Alema e ora di Berlusconi) abbia consigliato a Berlusconi di fare un accordo segreto con Renzi e di mandare a casa tutto il PDL.

Fossi Renzi farei l’accordo, vincerei le elezioni, poi li manderei a cagare.

A parte le battute, sembra che sia partita la sagra delle bufale per eliminare gli avversari scomodi. Evviva.

Facciamo finta che questo documento esista. E che i giornalisti siano in buona fede. Lo ricevono. Gli dicono che è vero. Lo pubblicano.

E se fossero stati imboccati apposta?

E’ vero, come dice Gilioli che un tale scenario non dà alcuna colpa a Renzi, anche se non capisco le conclusioni del pezzo secondo cui dovremmo da sinistra farci domande su Renzi se piace a destra. L’unica questione è il tema del lavoro, visto che Renzi sui diritti civili ha posizioni più avanzate di Bersani. Cioè ha un collocamento politico simile ai democrats americani, all’ala veltroniana del PD. Non è il solo. Anzi.

Ed è vero come dice Sofri che messo come è messo l’articolo sembra più una roba che danneggia Renzi che altri. In effetti tutto sembra insinuare che lui sia d’accordo (le parole una messa accanto all’altra hanno un senso oppure ne hanno un altro).

E se invece l’accordo (come si dice sul serio nei corridoi) fosse un accordo vecchio regime PDL e vecchio regime PD per portare D’Alema o Berlusconi al Quirinale e Casini premier?

E se Grillo e Renzi in fondo fossero gli outsider, in tutto questo, che rompono lo schema?

E come mai nessuno parla delle liste civiche che Italia Futura sta costruendo in giro per l’Italia, anche a Roma?

Anche io davo dei consigli alla dirigenza PD su come vincere le prossime elezioni e su certe cose (tabula rasa della dirigenza PD) somigliava tanto al piano di Verdini (diciamo che ci vuole poca fantasia oggi per capire cosa vorrebbe il Paese).

Mi domando come mai (vi prego cogliete sia l’ironia che l’autoironia) il piano segreto di Alicata non sia stato pubblicato su alcun giornale.

La democrazia iperdiretta ovvero la dittatura.

La democrazia iperdiretta che declama Grillo e’ la strada con cui sono iniziate le peggiori dittature, nate sul non ricambio di democrazia rappresentative.

Se i partiti NON cambiano saranno i primi responsabili dell’ennesimo ventennio. Sia chiaro. La colpa non è di Grillo, ma di chi si ostina a non vedere.

Benito Mussolini in un’epoca simile a questa, maestro di scuola, bestemmiava Dio e faceva il giornalista in un Paese per più della metà analfabeta. Il 28 gennaio del  1924, Mussolini lancia il #LISTONE aperto a chiunque voglia collaborare con il fascio “al di fuori, al di sopra, e contro i partiti”.

Insomma niente di nuovo sotto il sole.

Tenetelo a mente: i partiti sono i più grandi responsabili dell’epoca che verrà.

Grillo è oggi un blogger come una volta Mussolini era un reduce di guerra, ex maestro di scuola. Lui fa il su0 mestiere insieme al suo Guru di Casaleggio: si infila nella voragine.

Banalmente: la democrazia iperdiretta è quella cosa che avviene sulla foga emotiva, che sceglie tra Barabba e Gesù, che plaude alla cosa più semplice. Una democrazia sana ed adulta è una democrazia che sceglie dei rappresentanti, li delega e poi li giudica per il loro operato e, nel caso, li manda a casa. Il problema dell’oggi è una democrazia infantile ed oligarchica che non è nè diretta nè adulta, ma che vede se stessa nelle mani di pochi e sempre degli stessi. Come accadeva ai tempi di Giolitti al tempo in cui Mussolini era il nuovo. Come lo era al tempo del CAF + PCI/PDS quando Berlusconi e Bossi erano il nuovo. Insomma, Grillo è il Gattopardo italico che torna e ritorna per cambiare tutto e non cambiare nulla.

Attenzione, ci tengo a dirlo. Grillo. Non chi – cacciato a pedate dal sistema partitico italiano – ha trovato cittadinanza solo nel Movimento 5 Stelle. Confondere Grillo e Casaleggio con le persone incazzate coi partiti sarebbe come dire che Mussolini non andava confuso con chi, allora, era incazzato con un sistema Italia burocratico, clientelare e corrotto. Tutto vero. Peccato che il fascismo, come il berlusconismo, come il bossismo sono diventati – poi- parte integrante e peggiore dello stesso sistema che erano nati per distruggere.

Vi prego: studiate la storia. Oggi la strada giusta è abbattere il dalemismo (metafora del tempo post-berlusconiano), senza cascare nel grillismo.

p.s. A me dei sondaggi non me ne frega niente. Un tempo anche Berlusconi ha avuto consenso diffuso. Anche Mussolini. Non starei dalla parte di Grillo nemmeno se avesse il 50 +1 dei consensi. Come non sto dalla parte di D’Alema. Cerco una via diversa tra una democrazia malata con le piaghe da decubito ed una democrazia diretta che tende alla dittatura. Desidero ed esigo una democrazia normale, basata sulla rappresentatività, sulla delega e sul giudizio dell’operato di chi serve lo Stato e sulla sua breve permanenza nei luoghi di governo in modo da non incancrenire le relazioni tra cittadini e stato. Punto.

Altre vie sono solo forme dittatoriali con sfumature diverse.

Un due tre stella…lunga vita a Sabina Guzzanti.

Ultimamente la più grande delle sorelle Guzzanti mi sta cordialmente antipatica. Ma proprio tanto. Tanto antipatica quanto brava, tanto per chiarire.

Premetto subito che le prime puntate di Un Due Tre Stella, mi sono sembrate più un appropriazione del ruolo della Dandini che un esercizio del proprio ruolo, quello che Sabina sa interpretare benissimo perché lei come il fratello ed anche la piccola Caterina, per me sono dei giganti della satira. Sono dei professionisti perché della comicità sono per me degli intellettuali per la cura del gesto come della battuta. Per dire a me Crozza non piace. Non mi fa ridere. E’ grottesco, copione, banale e scontato.

Nelle puntate successive di Un Due Tre Stella deve essere emerso in modo chiaro questo turbamento collettivo (chiamiamolo così) che durante le prime puntate era tangibile su tutti i social network. E badate bene, non era un turbamento dovuto alle idee espresse dalla Guzzanti, ma risiedeva nel modo in cui Sabina Guzzanti faceva comizi nei propri panni invece di dirci le stesse identiche cose nei panni che meglio sa usare: quelli della satira alta. Cioè Sabina Guzzanti invece di fare Sabina Guzzanti deve fare Sabina Guzzanti. Non so se è chiaro.

Quando ci si mette, ne ha per tutti e non soffre affatto per la perdita (sempre che) del personaggio più importante della sua carriera: Silvio Berlusconi.

Dalla Marcegaglia a Monti, passando per la militante leghista e per Maria De Filippi. I frutti del ventennio, incarnati e imitati nella gestualità in modo così perfetto che non esiste un termine per raccontare la bravura di Sabina nel farlo. Chi lo nega dà un giudizio politico e non è questo che dobbiamo fare commentando Sabina Guzzanti. E le minchiate che ha combinato fuori dal palco: investimenti, pubblicazione con casa editrice o produzione berlusconiana sono cose che Sabina condivide con più dell’80% degli intellettuali (gulp) di sinistra del Paese. Anche io ogni tanto quando la vedo estremizzare posizioni e uscire dalla comica per entrare nella comiziante mi verrebbe da sventolare una bandiera con scritto coerenza.

Ma.

Oggi ad Otto e Mezzo Carlo Rossella, l’amico di Berlusconi, ha detto a Sabina Guzzanti una cosa terrificante: ha detto che un comico deve essere leggero, deve alleggerire il Paese che è già tanto depresso. Io penso che un comico così bravo deve onorare la storia della satira e deve farci ragionare. Sabina Guzzanti oggi è una spina nel fianco della politica anche quella che mi piace per dire. Esprime con tutta evidenza un’idea personale ed estrema (più degli anni precedenti), ma quando vuole lo fa bene e pur non condividendo molte cose – e adesso che hanno aggiustato il tiro – è un piacere guardare la trasmissione. Taglierei la parte con ospiti in studio che tendono a sottolineare una militanza che viene espressa benissimo dagli “esercizi” di personalità della comica. Troppa esegesi rovina l’arte. Per me rivedrei anche musica e balletti che fanno tanto centro sociale, ma questa è un’opinione personale e quindi non un giudizio da considerarsi importante.

Mi piace citare questa frase (che condivido) del blogger Peter Parker che riferendosi ad un pezzo di Giorgio Montefoschi apparso sul Corriere della Sera che stroncava la trasmissione dice così: “Non ho capito, ma è un mio limite, il perché di questa paginata: forse serviva che qualcuno stroncasse la Guzzanti per gli attacchi alla Marcegaglia, al Vaticano, alla Bryan Air, ai giornalisti di cui la Guzzanti fa nomi e cognomi oppure per i telespettatori che la seguono. Il pezzo si conclude con il trionfale arrivo di Benigni che, secondo Montefoschi, rappresenta il nazional-popolare amato da tutti. Appunto. La differenza è proprio lì. Bisognerebbe sempre dubitare di chi è amato da tutti.”

p.s. Lei fa satira (si fa spesso confusione tra comicità e satira, ha ragione Giacomo Deperu a farmelo notare), e in quanto satira è dissidente ma attraverso la risata (amara) ci ha aiutato a superare anni di buio. Considero Reperto Raiot un’opera d’arte… quella sera avrei pagato il biglietto anche per uscire tanto per dire. E ogni tanto infilo il DVD e me lo guardo.

Una moratoria sulle alleanze per favore.

Scalfari dice che il PD deve allearsi con il Terzo Polo e candidare Monti.

Gilioli dice che il centrosinistra deve sbrigarsi a produrre un premier perché il centro destra è al lumicino e la nostra lentezza ha il sapore dell’ennesimo suicidio.

I fatti:

Casini spalmato su Monti tenta di cavalcare il consenso popolare che sta premiando Monti in tutti i sondaggi, da bravo opportunista anche perché sa che essendo la maggioranza parlamentare di centro destra difficilmente Monti riuscirà a fare la parte sinistrorsa delle riforme (welfare e patrimoniale e liberalizzazione delle caste e castucce).Mi perdoni il vecchio Scalfari ma io lo ripeto; mai con l’UDC forza estremista clericale e a livello locale degna spesso del peggiore PDL. Io capisco che Scalfari forse non esce più di casa, ma la realtà è ben diversa dai sorrisetti di Pierferdi.

Bersani non credo sia così felice di vedere quei sondaggi che dicono che il popolo del PD per quasi il 70% vuole Monti premier (che secondo me nella nostra testa è il Prodi che avete sempre desiderato). SeL ed IDV cavalcano in modo cannibalesco e parassitario il fatto che il PD appoggia Monti e cercano di accumulare consenso tra gli scontenti per poi battere cassa al PD. Spiace dirlo ma Vendola e Di Pietro non stanno onorando la foto di Vasto: vogliono stare con il PD ma nel frattempo gli scavano la terra da sotto i piedi. E lo dice qualcuno che quell’alleanza l’ha sempre voluta.

Berlusconi deve correre in aiuto ad Alfano con il cerone che ormai cola con evidenza dai solchi della sua plastica facciale.

Bossi è tornato a fare il capetto fascista e a declamare violenze e strafalcioni democratici.

Rutelli, scomparso tranne che a Ballarò.

Fini, non pervenuto.

Grillo, ha appena ucciso il suo movimento perché lo trova troppo partito.

Mi dispiace dirlo ma continuo a pensare che la soluzione risieda nel costringere la politica ad un’unione coatta. Una legge elettorale con alto sbarramento e a vocazione maggioritaria è l’unico sistema per fare crescere la nostra democrazia. Attenzione. Non sto dicendo che voglio fare fuori Vendola e Di Pietro. Voglio dire che li voglio dentro un progetto, fin da subito, in cui ci si prende oneri ed onori delle scelte politiche collettive. Si definisce una benedetta strategia dai pensieri lunghi, un programma e ci si presenta con quello. Ma oggi a parte appoggiare tutti insieme Rita Borsellino alle primarie di Palermo, cosa ci unisce? Quale idea di lavoro, quale di diritti civili, quale di sviluppo industriale o fiscale?

Scalfari ha ragione quando individua in Monti qualcuno che sta dicendo chiaramente al Paese qual’è la sua idea di Paese. Ma da qui a dedurre che allora deve essere il premier di PD ed UDC ci passa l’incapacità di leggere cosa accade fuori dai salotti.

E noi, che vogliamo parlare agli italiani e non alle sigle, sembriamo dei folli. Lo so.

Quando morirà Berlusconi….

Potremo dire tutto su di lui. Tranne che fosse un’ipocrita.

Questo è un aspetto del berlusconismo su cui dovremo ragionare a fondo. Siamo circondati di ipocrisie e commemorazioni ipocrite che quando qualcuno muore tutti lo ricordano, malgrado le sue azioni (come se la morte fosse un fatto straordinario e non assolutamente democratico). Questo afflato collettivo rischia, nel bene e nel male, di determinare una totale indistinzione, come se la morte ci rendesse tutti uguali. Una forma di ingiustizia post mortem. Io non ricorderò Andreotti come ho ricordato Pertini. Non ricorderò Cossiga come ho ricordato Berlinguer.

Berlusconi, oggi – tacendo sulla morte di Scalfaro, non partecipando in alcun modo alla commemorazione nazionale, nemmeno nel suo ruolo di ex uomo di Stato – riesce a spiccare, a manifestare una diversità, una vera e propria allergia ai salamelecchi e alla burocrazia dei sentimenti di Stato.

Forse questa è la sua attitudine che più di ogni altra ha creato consenso nel popolo italiano. La possibilità di ribellione, di sovvertire le regole, di evaderle ed essere felice, anzi di apparire giusto nel farlo. C’è del marcio in questo sentimento, dell’individualismo sfrenato che passa per un menefreghismo assoluto per il bene comune. Ma c’è anche – e saremmo folli a non coglierlo – un bisogno profondo di rappresentazione del reale, di concretezza estrema, di distinzione netta.

La natura di quella relazione tra Berlusconi e gli italiani mi sembra ancora totalmente incompresa. Malgrado tutto. E sta lì, a ricordarmi che non è ancora finita. Non ancora.

Il sinonimo di festa non è Bunga Bunga

Calderoli deve avere pensato che le feste di Monti assomigliano a quelle di Berlusconi, da qui il lapsus.

Perché in questi 20 anni ci siamo dimenticati che festa non sta per “Bunga Bunga” ma spesso sta per: passo del tempo con i miei cari.

Non sta per “Caviale e Champagne” ma spesso sta per: un tacchino ripieno – magari fatto in casa – e del buon vino.

#cresciutiavelineebillionaire