Roma: primarie III e VIII municipio

Sabato 28 marzo in due municipi (perché il M5S romano non è stato in grado di reggere alla prova di governo) si terranno le primarie del centro sinistra. In Municipio VIII primarie di consacrazione per Enzo Foschi che di una generazione di consiglieri regionali è (praticamente) l’unico che si è fatto veramente da parte un giro (mi vuoi bene così come sono vero Enzo?) e adesso riparte dal suo territorio. E in III municipio dove invece saranno molto combattute (io spero in modo duro ma trasparente fino in fondo) tra Paola Ilari e Giovanni Caudo. Se fossi del III municipio voterei per Caudo per una serie di motivi: 1) perché per me rappresenta un momento di rappacificazione con la città dopo la grande idiozia di fare cadere il proprio sindaco dal notaio e sacrificare con lui un’intera e nuova classe dirigente che aveva cominciato a gettare le basi di un profondo cambiamento (che governare una città NON è solo un sindaco, sopratutto Roma!). Quell’atto ha determinato la sconfitta su Roma, ma secondo molti è stata il simbolo dell’inversione di tendenza di un PD all’epoca fortissimo conclusasi poi il 4 marzo di quest’anno (ovviamente gli errori sono stati tanti altri, non solo questo) e 2) perché Caudo ha una visione completa ed alta della città, ma i piedi piantati per terra, è uno che sa consumare suole e parlare con la gente (d’altronde se l’urbanistica non è ascolto cosa altro diavolo dovrebbe essere?). Mi auguro che il centro sinistra unito, il giorno dopo le primarie, ricominci a riconquistare Roma con uno spirito nuovo che rottami (avete capito bene: ROTTAMI) un certo modo di fare politica. Roma ha bisogno di ripartire. Facciamolo tutti insieme, con le primarie e con il voto subito dopo. Buone primarie.

Dove si vota in III municipio: http://www.caudoalterzo.it/dove-si-vota/

Dove si vota in VIII municipio

Due parole sul tema del trasporto gratuito proposto da Balzani.

In questi giorni non ho avuto tempo di commentare la proposta di Francesca Balzani sulla possibilità di rendere gratuito il trasporto pubblico di superficie a Milano. Io penso che la proposta non vada liquidata con una battuta perchè la sua proposta nasceva da un ragionamento strutturato: Milano (come Roma) sta diventando città metropolitana, si devono ripensare dimensionamenti e gestione del trasporto pubblico, in particolare potenziando la mobilità integrata. Sicuramente io pagherei 10 euro in più al mese delle mie tasse per avere meno macchine in città anche se non usassi i mezzi pubblici (per esempio) per respirare meglio e per generare più tempo per tutti (meno macchine, meno traffico, meno tempo buttato). Va ovviamente pensato (lo dico per Napoli e Roma per esempio) come riportare il mezzo pubblico ad essere usato da tutti e la gratuità non deve diventare il modo per farlo diventare il mezzo “dei poveri” che poi diventa il mezzo “pericoloso” (ahimé in alcune tratte è così, considerati i pochi controlli che invece sui mezzi a rotaie sono più serrati e più semplici per il personale viaggiante). Io credo che le primarie debbano essere anche il luogo dove il centro sinistra possa discutere di questo in modo profondo e competente, senza ridurre tutto a battute e a spot. Bene ha fatto Francesca a sollevare il tema, tutti noi – anche a Roma e Napoli – dovremmo riflettere e capire quali strade seguire per decongestionare le città e restituire il tempo agli abitanti delle metropoli.

Micro riflessione sulle primarie, dopo la candidatura di Casson a Venezia

Le primarie sono belle quando sono partecipate. Sono partecipate quando c’è vera competizione. Non sono belle quando servono ad incoronare qualcuno, mascherando i vecchi metodi del caminetto che volevamo rottamare. Non si aspetta l’ok da Roma o gli appoggi illustri. Le primarie hanno e devono avere il punto di vista del basso e non dell’alto. Bene ha fatto Casson a candidarsi a Venezia mentee qualcun altro aspetta il permesso. Già nell’attesa del permesso si toglie un pò di senso alle primarie. Vecchi metodi. Duri a morire.

Mi hanno rovinato il post di lunedì mattina…

….che doveva recitare così: “Guardate che bello che a Roma non è successo come al solito e nessun candidato alle primarie ha fatto manifesti abusivi, ha imbrattato Roma e dato da lavorare all’AMA per smaltire cartaccia inutile.”

E invece…

Chissà che ne pensa Cuperlo di queste brutte pratiche romane.

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Cari Compagni ma dove eravate? (Lettera a Livia Turco)

1542970-bersalemaVolevo scrivere a Livia Turco personalmente quando ho letto che si è commossa e si chiedeva in una qualche intervista se il partito di Renzi, qualora lui vincesse (ricordo a tutti che non ha ancora vinto) avrebbe riconosciuto la sua storia, la storia di quelli come lei.

Dice Livia Turco, riferendosi alla questione “tesseramento”: ““Vengo dalla storia del Pci, Pds, Ds e ho vissuto la politica come grande passione. Questi fenomeni di degenerazione sono stati molto dolorosi. Io ed altri militanti non siamo qualcosa di arretrato, non siamo zavorra. Veniamo da quella scuola lì ed è stata quella scuola che è stata mortificata. E se questa scuola non la troverò più nel Pd non esito ad andarmene”

A Livia Turco, che stimo e conosco, vorrei chiedere se quella storia sia tutta lì, nel modo ubbidiente e monolitico di fare i congressi, al massimo affrontando qualche dilaniante scissione tra compagni (consiglio ai fanatici del tema il film Mario, Maria e Mario di Ettore Scola, 1993). Mi piacerebbe chiederle perché dal 2008 ad oggi, siccome le modalità democristiane fino ad ora sono servite per avallare le scelte dei vecchi compagni, andava tutto benissimo. E guardate che io me lo ricordo benissimo quando Rutelli fece gonfiare le tessere della Margherita cosa che poi ebbe impatto anche sui pesi della fondazione del PD.
Insomma quella storia se aveva del buono lo ha perso completamente. Mi dispiace dirlo così brutalmente. Quella storia ha adottato tutti i peggiori vizi del compagno (ehm, amico) di strada. E loro, gli ex DC per inciso, hanno preso i nostri. Quelli che il dibattito è insano. Il dissenso è da spazzare via. Le critiche sono turbolenza che disturba il grande timoniere che sa cosa è buono per il suo popolo. Per la vostra generazione è stata una fissione a freddo. Per la nostra è stata partire tutti insieme, con un’unica storia.
Il PD era nato proprio per essere contendibile e permeabile alla base e agli elettori, visti come corpo sociale con diverso livello di militanza, ma di pari dignità. Ma come possiamo alzare un muro tra noi e gli elettori, Come possiamo giudicare i diversi livelli di impegno politico in un tempo precario come il nostro?
Mi fa ridere D’Alema che si domanda chi smonterà i gazebo se vincerà Renzi. Qualcuno gli dica che i militanti (forse non quelli che ancora obbediscono a lui militarmente) non li montano nemmeno più i gazebo. Né alle primarie né alla festa dell’unità. Si paga una ditta esterna. Poi i militanti li tengono aperti, ovvio, che non è più come una volta, anche le vite della base sono cambiate, i lavori hanno orari diversi, i giovani sono precari, fanno invisibili turni di 12 ore al giorno, lavorano se serve anche la notte e nei finesettimana. I militanti non attaccano nemmeno più i manifesti. Dove funziona li attacca il comune, dove non funziona li attaccano migranti abusivi, sì, cara Livia, anche quelli dei cari compagni romani, per dire.
Alcuni compagni grazie alla legge elettorale regionale che misura la politica sulle preferenze individuali hanno imparato a finanziarsi in qualche modo se no con gli ex DC  non competevano. Insomma hanno avallato un metodo, si sono adattati. Questa mutazione genetica tra ex è avvenuta da anni, mi meraviglio che la vediate adesso. Persino chiedere alla CGIL di schierarsi ai congressi di partito, fa impallidire la storia del sindacato che aveva il volto di Lama e Di Vittorio. Quale indipendenza credibile ha un sindacato se partecipa ad un congresso di partito che un giorno può governare e legiferare sul lavoro?
Insomma non sarà un ragazzo della mia età a rottamare la tua storia cara Livia.
Lo hanno già fatto gli ex compagni che ci hanno portato fin qui. Non sarà Matteo Renzi a determinare quella svolta che ti commuove. Quella è già avvenuta. Sarà Matteo Renzi, speriamo, a dare vita alla sinistra del terzo millennio (ne parlavo qui un anno fa). E, credimi, io sono tra quelli che non hanno l’anello al naso e che vedono benissimo gli spostamenti di personaggi che ieri stavano con Bersani ed oggi sono con Renzi. Sono sempre gli stessi, Livia. L’anno scorso stavano di là con “voi”. Se a vincere fosse qualcun altro, anche fuori dal PD, andrebbero con quel qualcun altro.
Ho profonda stima di chi come te crede in un’idea di sinistra e di etica (per il fatto stesso che ci credo quanto te) e sono contenta che non tutti salgano sul carro (anche se avrei preferito te a tanti altri): mi racconta di coerenza e chi è coerente ha sempre la mia stima.
Quello che posso dirti è che nel PD del 2014 ci deve essere molto posto per la tua esperienza e la tua dolcezza piemontese e molto poco per chi oggi porta voti a Renzi pensando di ottenerne qualcosa. Per capirci esistono Crisafulli in tutto il Paese e non tutti stanno con Cuperlo.
La vera sfida di Matteo Renzi e della nostra generazione politica (non generazionale) è quella di mantenere ciò che stiamo dicendo. Se l’operazione Renzi (qualora vincesse) sarà un’operazione di trasformismo politico dei soliti furbetti, quello allora sarà un vero fallimento. Ma quella era già la sorte scritta di Bersani nel 2012.
Sta a noi ribaltare il principio del Cencelli e importare  il merito dentro una grande forza politica popolare. Sogno, lo dico sempre, un Partito Democratico che contenga la politica come il Labour inglese.
Che resista ai moti scissionisti e personalistici perché avere a cuore un partito grande ed unito è avere a cuore la governabilità del Paese. 
Ti ho scritto proprio oggi che il PDL si scinde. La loro frantumazione, il loro egoismo intorno a Berlusconi non è la nostra cifra politica.
Il PD sta solo finendo di nascere e il tuo posto è qui. Con noi.

Buongiorno, Sinistra!

Da giorni mi chiedo perché un mio collega che non ha mai votato a sinistra – figuriamoci alle altre primarie – oggi vuole venire a votare Renzi alle primarie.

Lui non ha mai votato a sinistra, ma non è di destra.

Insomma in Italia c’è un pezzo di Paese che – negli anni – ha votato a destra non perché era di destra, ma non ha votato a sinistra perché non ha mai ritenuto credibile quella parte politica.

Berlusconi ha usato quel pregiudizio a suo favore, l’ha sempre usato, sintetizzandolo nel pericolo comunista delle tasse, dello statalismo, della burocrazia, della tristezza. Ma non era solo questo.

C’è un’altra questione che la campagna di Renzi sta insegnando a tutti noi “gente di sinistra”, noi che non abbiamo mai tentennato, che dal 1994 non abbiamo mai avuto nessun dubbio.

C’è il fatto che noi ci siamo sempre sentiti superiori e diversi, insomma migliori. Quelli impegnati, quelli pronti al sacrificio, quelli seri, quelli responsabili. E nel tempo abbiamo compiuto una discriminazione che ci consentiva di sentirci il meglio del Paese e nel frattempo buttavamo tra le braccia di Berlusconi la parte restante del Paese e più quest’ultima si allontanava più davamo la colpa alla televisione, all’ignoranza, ad una sorta di alienazione, determinando quindi un recinto intorno a noi: chi era fuori era cretino. Era manovrabile. Non si rendeva conto. Era peggiore di noi.

Per questo non siamo mai stati credibili per quella parte del Paese. Perché l’abbiamo denigrata.

E’ stata un’operazione involontaria, forse figlia di una classe dirigente che nella vita ha fatto della politica una professione e quindi non ha vissuto l’evoluzione del mondo  del lavoro, non si è accorta del superamento della lotta di classe come dualismo perfetto.  E questo vale anche  per i giovanissimi che finiscono nel tritacarne di partito senza mai passare per un lavoro vero. Purtroppo l’essere vecchi non è una categoria anagrafica, ma una categoria legata ai metodi di indagine del mondo: se già da giovane ti chiudi nel pensiero unico dentro un sistema che non ti consente dubbi, sei già vecchio, vecchissimo. La lotta di classe non è morta. Si è solo trasformata in una dialettica molto più complessa in cui il figlio dell’operaio fa l’impiegato o magari si è laureato e ha cambiato classe sociale in quell’ascensore sociale tipico delle società occidentali negli ultimi 40 anni. Non sto dicendo che chi era povero oggi è ricco, attenzione. Sono rarissimi i veri salti sociali ed anzi molti figli della media borghesia oggi sono precari e impoveriti.

Un partito fatto di vecchi e giovani professionisti della politica ha vissuto di feticci ereditati in un’altra era. Dell’operaio della grande industria che lavora nella linea fordista e non dell’operaio della fabbrichetta con meno di 15 dipendenti con i polsi distrutti dal tunnel carpale, senza sicurezza, schiavizzato e umiliato e sotto continuo ricatto in mancanza di qualsiasi tipo di concertazione.

Esiste solo un operaio per questa sinistra: quello Fiat. Egli viene assurto a simbolo oggi come negli anni settanta. Ed anche qui: attenzione. Non sto dicendo che fare l’operaio in Fiat è bello e altrove no.

Poi c’è lo statale che una volta lo piazzavi per controllare il governo della cosa pubblica (e aveva almeno un senso visionario sanamente socialista) ora ce lo piazzi per avere in cambio voti. Ma il vero statale, quello alienato allo sportello, quello innamorato del suo lavoro, quello che meriterebbe di fare carriera  viene umiliato dall’egualitarismo o dalla raccomandazione. Guardate cosa abbiamo fatto: abbiamo umiliato i lavoratori pubblici, rendendoli uguali ai bassi livelli oppure distorcendo la macchina statale dandola in mano a manager strapagati e raccomandati e rendendola inetta, inefficace e preda degli speculatori.

Quel partito fatto così riconosce le maestranze della cultura, dell’università, della ricerca perché in qualche modo gli sono utili alla sopravvivenza. Ma quella roba lì non ha conferito in questi anni la dignità ad un larghissimo pezzo del Paese.

Ecco cosa è successo. E’ successo che il mio collega fa un lavoro che non è sufficientemente degno. E’ un quadro aziendale. Non è un lavoro romanticamente ignobile e nemmeno un lavoro intellettuale. La classe media per la sinistra è un melting pot di paraculi, di gente che ha rinunciato ad inseguire il suo sogno di gioventù (magari creativo). E’ il perdente, il traditore. Non è un caso che ci siano pochissimi lavoratori nel settore privato nella dirigenza apicale dei partiti di centro sinistra. E nel 2012 chi si è laureato e lavora nel privato è considerato buono per le destre. Non ci siamo accorti che magari sono i figli degli operai. O della borghesia illuminata degli anni settanta che tanto piaceva alla sinistra e che non necessariamente hanno seguito le orme dei padri o magari quelle orme non erano perseguibili.

C’è un’intera generazione di diseredati politici. Quelli che si accontentano di accendere un mutuo, di comprare una macchina, andare in vacanza. Quelli che a noi ci fanno schifo perché non sono impegnati secondo il nostro metro di giudizio.

La verità è che non abbiamo conferito alcuna dignità alla semplicità dell’esistenza, la verità è che noi guardiamo con terrore a quel prototipo. Perché pensiamo che un operaio, se solo potesse, farebbe altro e quindi è un lavoratore da salvare dal sistema. Invece pensiamo che l’agente commerciale, il negoziante, il commerciante, il piccolo imprenditore abbia deliberatamente scelto di fare quel mestiere. E quindi ha una colpa: essere il sistema, incarnarlo. Abbiamo privato quella dimensione di emozioni e affetti. Non l’abbiamo considerata degna di poter contenere dentro di se i germi sani del futuro. E quindi l’abbiamo espulsa, epurata dal nostro bel immaginario fatto di cultura, di intellettuali e di operai.

E ora che uno del PD riesce a parlare con quella gente senza farla sentire reietta noi ci incazziamo? Sì, è vero. Lo faceva anche Berlusconi di parlare con alcuni di loro. Buongiorno sinistra! C’è un pezzo di Paese che vota chi lo considera. La diversità sta nel messaggio non nel modo di comunicare con quella parte di Paese.

Io non penso affatto che la sinistra moderna passi per la resa al governo delle banche e della finanza. Non penso che dobbiamo arrenderci al consumismo, ad andare in macchina anche per andare dal tabaccaio di quartiere. A non leggere più libri sulla carta. Ad inquinare perennemente. E nemmeno che dobbiamo arrenderci allo smantellamento della cosa pubblica perché non riusciamo a farla funzionare (anche perché l’abbiamo umiliata lottizzandola di gente incapace, ma fedele e diciamocelo!)

Penso piuttosto che la sinistra moderna debba passare per un sguardo diverso, quello sguardo da cui si è sentito colpito il mio collega. Uno sguardo, quello che dobbiamo acquisire, che conferisca dignità a tutta la società, che comprenda che a volte uno fa l’impiegato o l’agente di commercio o la cassiera per campare mogli e figli (o viceversa) e magari nei fine-settimana invece di andare in un circolo del PD, porta i figli al parco, e magari sì…anche in un centro commerciale per passarci un po’ di tempo e non solo perché si sia arreso a sognare un mondo migliore. Magari il mondo migliore si può costruirlo tutti insieme, ognuno come può e secondo le sue possibilità, senza pretendere alcuna supremazia intellettuale. Noi non dobbiamo imporre una visione del mondo, dobbiamo portare la maggioranza del Paese a riconoscersi in un Paese migliore  e a partecipare alla sua costruzione: innescare un senso di collettivo è una cosa profondamente di sinistra ed è ciò che serve davvero per ripartire. La redistribuzione delle responsabilità è una missione di sinistra ed è la base (anche) per una redistribuzione della ricchezza.

Se pensiamo che più della metà del Paese sia cretino, asservito alla TV e inconsapevole della propria deriva cultura vuol dire che sotto sotto sogniamo una dittatura che imponga a tutti un modello di vita, quello da noi considerato migliore.

E forse è venuto il momento di farsi un paio di domande su cosa sia una democrazia matura perché forse, noi a sinistra, non lo sappiamo fino in fondo.

Buongiorno, sinistra. Svegliati.

p.s. ah, tutto questo rimane vero comunque, anche se domani dovessimo scoprire che Renzi è l’anticristo mandato da Satana per distruggere il mondo. I compagni (me inclusa) ci riflettano bene.

Intanto per le primarie di Palermo….

….pare che vogliano chiedere agli stranieri di pre-registrarsi per poter votare alle primarie.

Ho riflettuto a lungo sulla questione del voto agli stranieri. Chiedere loro di preregistrarsi equivale non solo a razzismo, ma a classismo e razzismo insieme…nel senso che stiamo discriminando gli stranieri perché temiamo che in quanto potenzialmente più poveri possano essere corrotti…allora dovremmo togliere il voto anche agli italiani non abbienti o senza reddito. Insomma invece di toglierci dalle palle i corruttori ce la prendiamo con una categoria potenzialmente corruttibile. Una follia.

p.s. allora facciamo un benedetto albo degli elettori del PD e pre-registriamo tutti. Oppure nessuno. Parliamone, ma non creiamo diseguaglianze.

Primarie PD Lazio, un sogno.

Un sogno: “Chiedere che nel giro di una settimana tutti quelli che hanno doppi mandati debbano scegliere o fai l’assessore in provincia o fai il consigliere comunale (ed altri esempi), che tutti gli eletti si mettano in regola coi pagamenti, che tutti i rinviati giudizio vengano sospesi dal partito e non ricandidati. Far crescere una nuova generazione per il governo delle nostre città e della nostra regione, trasparenza di bilancio, primarie per Camera e Senato…”

Se sognate questo, domenica venite a votare per il segretario del PD Lazio e votate Giovanni Bachelet.

Intervista a Marco Doria.

Su repubblica. 

Che racconta perché un candidato che non parla di alleanze ma di temi concreti vince. (vi prego di cogliere l’ironia)

Sullo stesso tema spettacolare editoriale di Concita su repubblica che parla anche di PD Lazio e che pubblicherò appena possibile.

Dobbiamo cambiare. Non c’è storia.