Ecco un altro libro da “lancio” come l’Eleganza del Riccio (già commentato qui). Stavolta però l’ho finito. Avevo dato molte speranze a questo libro. La frase sul dorso:
“Chi usciva alle sei di pomeriggio dubitava della forza aziendale. Chi usciva alle otto di sera dubitata della vita” Mi aveva fatto pensare ad una divisione umana. Ad un mondo guardato sotto tutti i punti di vista, a due modi, del nostro tempo, di essere felici o frustrati ed entrambi o nessuno dei due.
Mi aveva fatto attendere un libro che avrei potuto citare per raccontare il nord o la nostra generazione, in qualche dibattito pre-congressuale.
Lo pensavo un affresco. Ho pensato: ecco il cantore del nostro tempo.
Macché.
Mi sono scontrata contro uno scrittore che aveva una cosa da dire soltanto, un racconto da fare soltanto e invece ha ripetuto lo stesso concetto per dieci racconti. Sfigati impiegati in odore di carriera che fanno lottare pesci carnivori e licenziano malate di cancro, malati di mente che mettono cani nel forno, ciabatte sfigate ovunque, coppie tutte in fase di separazione, già dal primo giorno dopo il matrimonio. Figli odiosi. Monovolume fallici, mogli isteriche. Gravidanze fatte solo e soltanto di ansie. E ancora mutui impagabili, pignoramenti o invasione delle tarme a distruggere coppie. Un trito e ritrito che ha l’unico grande pregio di essere scritto spesso molto bene.
Ed è questa la cosa che più mi ha fatto rabbia. Vedere un talento sprecato così nel rintocinarsi su di sé, nel dire, continuamente: guarda, lettore, guarda come scrivo bene. Guarda che metafore. Sarà che sono un lettore di trame. La scrittura un condimento necessario, ma non sufficiente.
Tutto quanto, in questo libro, è seriale. Ecco. Giorgio Falco è uno scrittore seriale (molto killer anche).
Pur nella “buona” scrittura, come dicevo prima, piglia certi traversoni (per usare una metafora calcistioca da essere quasi insopportabile:
Frasi come:
[…] il suono arriva alla coppia come una macchia accidentale su un pantalone blu in fresco lana.[…]
[…] il grosso collo continuava nella testa rotonda che a stento entrava nel cappellino da baseball sponsorizzato da un’azienda di pellicole in fallimento.[…]
[…]più simile ad un idraulico che compila il modulo di revisione annuale della caldaia in un pomeriggio invernale a metà settimana.[…]
Capite? Per tutto il libro c’è un fresco lana di troppo, un’azienda che fallisce di troppo (ma che cosa c’entra, perchè dirlo, cosa cambia, cosa aggiunge, che ce frega di tutto questo squallore così global??????), una metà settimana di troppo. Questo ne fa un libro da lancio e mi chiedo chi diavolo di editor possa mai aver avallato questa ricerca smaniosa ed ansiosa di chiudere le frasi in questa maniera insopportabile, nemmeno barocca, proprio odiosa.
Chi di Einaudi ha paragonato Cortesforza alla Regalpetra di Sciascia dovrebbe sotterrarsi di vergogna. Cortesforza è un luogo inesistente, è monocorde, non lascia alcun colore per distinguere il grigio…così finisce per divenire piatto (vorrebbe essere metafora della provincia milanese, ma è metafora di insenbilità letteraria!).
Regalpetra è un luogo dove ogni personaggio è diverso, dove i colori, la mafia, il sangue, la violenza e i limoni, la gioia e il dolore, convivono. Come nella vita vera. Appunto.
Questo libro è un’occasione sprecata e i geni mi si sono rivoltati nel DNA (questa la spiego solo in privato e solo mediante presentazione di una laurea non in lettere o filosofia. Ritengo che i suddetti capiscano senza spiegazioni e sorridano di me con dovuta compassione).
Altri sullo stesso tema (perché sono democratica e sono palesemente in minoranza, stavolta):
Carmilla.
La poesia e lo spirito.
Vibrisse. (questo vale la pena leggerlo…definisce il titolo del libro polisemico…mi verrebbe da chiedere se “se magna”? Ma guarda se uno deve leggere una critica ad un libro con il vocabolario in mano…però quanto fa radical-chic, signora mia, farsi leggere con il vocabolario).
p.s. ok, lo confesso. Ho un’idea sovietica e comunista della cultura. Essa deve avere uno scopo e soprattutto deve essere divulgabile, comprensibile, utilizzabile, distribuibile. Ops. Ma non è democrazia questa?
Ok, ok, ok….
Chiedo venia. Me ne vado in castigo per mezza giornata a leggere, che so….non so.
Mi meriterei un sano sporcaccionissimo Bukowski che uno come a Falco, lo avrebbe preso a calci in culo con la bottiglia in mano. E a ragione. Nel suo libro non c’è nemmeno una scena di sesso. Manco a 15 giorni dalla luna di miele.
Vabbé, ho esondato. Questione di vino (cit.)