Alfano il povero omofobo.

I prossimi giorni saranno durissimi per tutti noi, ma sappiamo che l’avvicinarsi del voto per le unioni civili farà emergere tutta l’omofobia di cui saranno capaci estremisti e fanatici.

Impaurito perchè con il voto delle unioni civili potrebbe passare dal 1,8% al 1,5%, Angelino Alfano batte anche  lui sulla più grande supercazzola messa in giro dagli oppositori della legge: l’affermazione che questa legge aprirebbe al mercimonio dell’utero. (Falso e lo abbiamo scritto qui). Come se non bastasse siamo indietro anche sui fondamentali: nel 2016, in Europa, in Italia, c’è ancora qualcuno che afferma la differenza sostanziale tra famiglia costituzionale intesa come quella eterosessuale e le nostre famiglie: definite vilmente come delle persone che hanno bisogno di accordi patrimoniali.

Alfano ti dico una cosa, perchè è il 6 gennaio e non mi va di sprecare inchiostro digitale con una formica politica come te: sei omofobo. Tra dieci anni ti sveglierai (perchè magari ti sarà nato un figlio gay, o un nipote o ti scoprirai tu stesso gay come capita alla gran parte dei più accaniti omofobi) e chiederai scusa.

Vale, per quanto mi riguarda quello che ieri ha detto la vicesegretaria del PD, Debora Serracchiani e che è il motivo fondamentale perchè il governo non ha avanzato una sua proposta (sarebbe stato in quel caso obbligatorio fare l’accordo con NCD visto che purtroppo ci governiamo): il PD è pronto a votare con M5S e SeL il testo così com’è stato depositato al Senato con la stepchildadoption.

Aggiungo che i pochi senatori che stanno tentando in tutti i modi di trasformare la stepchildadoption in affido rafforzato: fermatevi. Fate male ai bambini e soprattutto fate male a Renzi (visto che vi definite renziani) e prima delle amministrative eviterei di fare in modo che la legge come l’avevamo voluta venga annacquata dai vostri pruriti omofobi e inconsistenti: questa legge NON c’entra nulla con l’utero in affitto e l’affido deresponsabilizza l’adulto NON biologico. Fermatevi. Deponete le armi dell’estremismo.

Unioni Civili: nessun accordo al ribasso con NCD

A differenza di quanto riporta questo pezzo di repubblica, non esiste alcun accordo al ribasso tra PD e NCD sulle unioni civili che diventerebbero così dei “simil-dico”. La proposta del PD continua ad essere quella che prevede istituto equivalente al matrimonio con la step-childadoption (che no, non è quello che vogliamo ed è già un compromesso al ribasso, ma non è un simil-dico come qualcuno oggi ha messo in giro)

I professionisti della democrazia.

Scrive Gustavo Zagrebelsky su il Fatto Quotidiano:

«Mi colpisce che la legge elettorale sia decisa dagli accordi d’interesse di tre persone (Berlusconi, Renzi, Alfano), invece che dalle ragioni della democrazia, cioè dalle ragioni di tutti i cittadini elettori. Mi colpisce tanta arroganza, mentre con un Parlamento delegittimato come l’attuale, si tratterebbe di fare la legge più neutrale possibile. Mi colpisce che si pensi a una legge che, contro un’indicazione precisa della Corte costituzionale, creerebbe una profonda disomogeneità politica tra le due Camere. Mi colpisce che si dica con tanta leggerezza che non importa, perché il Senato sarà abolito. Mi colpisce che nel frattempo, comunque, si sospenderà il diritto alle elezioni, perché la contraddizione tra le due Camere impedirà di scioglierle. Mi colpisce che non ci siano reazioni adeguate a questa passeggiata sulle istituzioni». 

Ora lungi da me dare lezioni di “Costituzione” a GZ che ne sa molto più di me e che leggo spesso con piacere, ma dire che la legge elettorale si sta facendo con l’accordo di tre persone è una frase in malafede e che non rende merito alla bravura del suddetto. Renzi, Berlusconi ed Alfano non sono un triumvirato nominato da Dio, ma sono i capi di tre partiti che messi insieme hanno la maggioranza parlamentare (Grillo come sappiamo si limita allo show, quindi è inutilizzabile in parlamento). Qualcuno di loro è stato acclamato segretario, qualcuno votato a delle primarie, qualcuno si è autonominato e su questo sì, che varrebbe aprire una bella discussione politica e non a caso quando si parlava di riforme ho aggiunto che la riforma dei partiti e della loro democrazia interna è una cosa fondamentale, certo non con un panorama politico dove due due tre più grandi partiti hanno una forma padronale: M5S e FI. Ma quando avremo (se l’avremo) la maggioranza bisognerà mettere mano anche a questo. E magari fare anche una legge elettorale migliore dell’Italicum.

Capisco invece moltissimo il punto sollevato da GZ sulla legge elettorale dedicata alla sola Camera e non estesa al Senato, paura che ha manifestato anche il prof. D’Alimonte: è chiaro ed evidente che Alfano sta cercando di incastrare Renzi e si sta costruendo un lasciapassare, temendo che Renzi dopo l’approvazione della legge elettorale, alla prima crisi porti tutti a votare. Alfano è come Casini, sguazza nelle dinamiche di palazzo, ma teme le elezioni. Ne avevo già parlato qui.

Detto questo però trovo assurde le critiche di personalismo, sanno di professionisti della democrazia: ma come dopo tutte le adunate di Repubblica nelle piazze per la difesa della Costituzione non abbiamo imparato che siamo una democrazia parlamentare e che finché c’è un governo con la fiducia le camere non si sciolgono? Ci piace? A me no, infatti preferirei un sistema elettorale che determina un governo chiaro e se quel governo non va, si torna al voto. Quello che il PD sta cercando di fare. Renzi che piaccia o no oltre ad essere premier è anche segretario del più grande partito del Paese e in questa veste (non quella dell’individuo singolo, ma della rappresentanza) sta cercando (con molte difficoltà e molti ostacoli sui cui il cammino delle riforme sta malamente inciampando) di portare a casa un risultato che alle prossime elezioni NON costringa nessuno a dovere fare inciuci innaturali o larghe intese paludate. Ce la farà? Non lo so, vedo molte cose che non mi piacciono e questa della legge elettorale dedicata alla sola Camera è una porcata perchè è fatta apposta per non andare a votare se dovesse servire.

Ecco questo passaggio è importante: non è vero che in questo momento il popolo è delegittimato o la democrazia svuotata come alcuni sostengono. Potrebbe accadere che le larghe intese non funzionino prima che le riforme siano completate ed è giusto farsi la domanda: cosa accadrebbe in quel caso? Me lo chiedo anche io. Ovvio.

Ma come ho detto spesso quale alternativa c’è in questo momento se non provarci? Provare con questi numeri e questi equilibri. Non vedo alternative. Tornare al voto per ricominciare da capo? Chiedere a Grillo di fare il maggioritario uninominale? Non ha voluto nemmeno parlare con Renzi. Insomma vorrei davvero sapere quali sono le alternative se non non toccare nulla, lasciare tutto così, far passare il tempo, fino alle prossime elezioni, fino al prossimo parlamento monco di possibilità.

E per finire consiglio a tutti noi questa bellissima lettura sulla crisi della democrazia (“La democrazia è stata la vincitrice degli scontri ideologici del XX Secolo: se vuole rimanere vittoriosa anche ne XXI, deve essere allevata con costanza quando è giovane e premurosamente curata quando è matura”), dentro ci sono molte riflessioni che è doveroso fare.

L’errore di Renzi sui diritti civili (da non fare) e la leadership LGBT italiana.

Lo ha detto Renzi stesso al Senato nel suo discorso sulla fiducia, quando mi ha citato per darmi torto: non sono a favore di alcun compromesso con Alfano. A dimostrazione di due cose: che il Premier si circonda anche di dissenzienti, il che è un pregio del premier, e che chi lo ha votato non è solo un tifoso che ha perso lo spirito critico, il che è un pregio di molti noi che lo hanno votato. 

Conosco la buona fede di Renzi sul tema, conosco i passi avanti che ha fatto. Li abbiamo fatti insieme. E so che non è un uomo politico che si nasconderà dietro a qualche bandierina gay per dare qualche contentino a qualcuno. Non manderà avanti nessuno al posto suo. Come sulle pari opportunità ci metterà la faccia. Non appalterà il tema a nessun simbolo corporativo. E rischierà anche di sbagliare, come a mio avviso farebbe se tentasse un accordo con Alfano sulle unioni civili.

Le Civil Partnership con la stepchild Adoption cioè l’uguaglianza quasi (manca l’adozione di entrambi i coniugi) sostanziale (ma non formale) sono già per noi un enorme compromesso e rappresentano il livello minimo oltre cui non è possibile andare.

Non è possibile farlo perché nessuno di noi andrà mai a dire ad un ragazzo di sedici anni gay che lui è meno di un suo coetaneo. Altrimenti non dovremo stupirci se si butta dal settimo piano. Non è estremismo. Non è ideologia checché ne dicano i commentatori da salotto romano con la passione per il poker.

Il matrimonio civile è un istituto civile. Punto. La genitorialità è altra cosa dal concepire un embrione. Punto. Sono dati di fatto che non hanno nessuna presunzione ideologica, ma solo la carica di amore e di affettività che compongono le famiglie, in qualsiasi modo esse si manifestino. Stiamo parlando di affetti. Di libertà di scelta. Stiamo parlando di umanità. A me viene da piangere a pensare di dover ribadire ancora e ancora quali sono i termini del discorso.

Per chi fa politica dentro un partito che può vincere le elezioni (con una legge elettorale maggioritaria ovviamente) in questi anni è stato faticoso portare un partito che era arroccato sui Dico o sui documenti fiume a dire all’ultimo congresso che la posizione maggioritaria del PD è un istituto equivalente al matrimonio (per inciso la mozione Civati era per il matrimonio egualitario). Lo abbiamo fatto tutti insieme, in ogni angolo del partito. Lo abbiamo fatto prendendoci lo stesso gli insulti di tanti tastieristi digitali o di chi ha costruito carriere e professioni su una bandiera e non sull’amore complessivo per tutti, per tutto il Paese. Faccio politica, ho a cuore la vita di tutti, non solo di quelli come me. Non potrei mai relegarmi a chiedere qualcosa che escluda qualcun altro. Non è per me. E’ per questo che credo in un progetto di Paese dove dentro trovino residenza le battaglie per l’uguaglianza della comunità omosessuale e transessuale.

Io voglio che il mio Paese, la mia gente abbia leggi che li renda uguali. Non mi interessa niente altro. So che i processi politici non sono come le dichiarazioni. Non basta farle. Bisogna costruirli. Faccio politica da quando ho sedici anni e non ho mai mangiato con la politica, ma a parte questo comincia a starmi stretta questa cosa demagogica che chi fa politica fa schifo o è disposto a vendersi la madre o i diritti della propria gente per uno scaldotto da qualche parte. Come siamo abituati male. Come ci siamo ridotti. Oggi sono in Direzione Nazionale del PD e spesso non riesco nemmeno ad andarci perché gli impegni del mio lavoro – che mi piace moltissimo – e che non è un parcheggio per funzionari di allevamento, non me lo consentono.

Non solo è stato faticoso portare il partito su posizioni accettabili, ma per alcuni di noi è stato anche un sacrificio personale. Perché chi tiene il punto e dimostra di non saper cedere su questioni sacrificabili si sacrifica per primo. E’ identificato come non piegabile, non è certo carne da larghe intese. Io non sono carne da larghe intese. Ma il vero tema è un altro. Non penseremo che la colpa della mancanza dei diritti in Italia sia colpa di un paio di parlamentari gay che stanno nel PD o di qualche attività che invece di stare in un’associazione ha deciso di portare avanti un cammino politico dentro un partito. Eh, no. Scusate ma è un’analisi ridicola e anche un po’ stupida: mi sembra più lo sport sfigato e superficiale di mirare su qualcuno, dargli tutte le colpe e lavarsi la coscienza.

Cosa si può fare tutti insieme?

Chi è dentro il PD. Opporci ad ogni tipo di compromesso con Alfano. Punto. Io lo scrivo qui, costasse quel che costi. E senza troppi giri di parole.

Chi è fuori dal PD. Spingere per incontrare i gruppi parlamentari e provare a trovare convergenze in parlamento. Se il tentativo di Alfano in questa legislatura (prima di riscomparire sotto le gonne di Berlusconi per capirci) è di far passare una schifezza modello DICO e se la maggioranza parlamentare del PD non è ancora adeguata alle posizioni del PD fuori (non dimenticatevi che il PD in Parlamento non è il PD fuori dal parlamento uscito dalle urne dell’8 dicembre). Alla leadership di Renzi si risponda con un’altra leadership forte. Si contrapponga un’idea, un progetto, dei momenti di confronto. Ci sono tantissimi parlamentari che sarebbero disposti a seguire una strategia simile. Chi per far dispetto ad Alfano, chi per farlo a Renzi. Chi, come me, per fare approvare una legge che vorrei che i miei figli vedessero quando nascono. Magari farebbe comodo allo stesso Renzi perchè se dovesse votare una schifezza con Alfano ne uscirebbe con le ossa rotte perchè dimostrerebbe che nemmeno la sua leadership può far nulla di più che scendere a compromessi con i partitini su questo come su altro. Ma c’è qualcuno che vuole trovare una soluzione per il bene della nostra comunità o abbiamo solo commentatori che cercano click e visibilità sui loro blog alla Scanzi o professionisti della materia (per citare Sciascia) che con l’approvazione di una legge giusta non saprebbero più che cosa fare?

So che Renzi deve fare dei passi avanti sul tema dei diritti civili. L’ho scritto tante di quelle volte che chi non ha capito come la penso o è stupido o è in malafede e penso che le sue stesse parole dette ieri al Senato lo dimostrino. Non lo nega nemmeno lui di essere “timido” e non ha mai cercato giri di parole per nascondersi. Eppure oggi se devo pensare a qualcuno che alla fine ci accompagnerà dove vogliamo andare, penso a lui ed è per questo che l’ho votato. Se no perché lo avrei votato? Fiducia mal riposta? Vedremo. E se mi guardo intorno non vedo nessun altro che possa spiegare al Paese con coraggio che una cosa è giusta e la si deve fare anche se è impopolare (sempre che ancora lo sia). Ho visto gente che si è riempita la bocca e poi ci ha messo da parte. Ed è per questo che su questo tema, insieme ad altri, ho sempre cercato di smuoverlo (fin ora con buoni risultati) e continuerò a farlo senza avere paura di dirgli cosa penso, in pubblico ed in privato. D’altronde non mi dimentico che anche Obama è cresciuto tra il primo mandato ed il secondo. O che Cameron ha cambiato idea. Certo in USA e in UK ci sono anche delle comunità LGBT forti, che hanno saputo guidare dei processi. E allora ognuno si prenda le proprie responsabilità e si provi a guidare un processo collettivo che ci porti alla meta.

Dobbiamo farlo tutti insieme. O vogliamo restare a guardare?

Il PD in Parlamento e il PD nel Paese: il paradosso Fassina

Stefano Fassina si è dimesso da viceministro dell’economia, apparentemente con una riflessione corretta, che però a mio avviso è un tranello in cui non si deve cascare e Fassina farebbe bene a ritirare le sue dimissioni e a restare al suo posto, in coerenza con il governo Letta, a prescindere dalla linea del PD, partito di cui fa parte e di cui non mi pare abbia strappato la tessera (cosa che non deve assolutamente fare anche se la pensiamo su molte cose in maniera mooolto diversa). La linea del PD guidato da Renzi non è quella di Bersani. Certo. Non è nemmeno quella di navigare a vista dentro il governo delle larghe intese. E’ evidente a tutti. E’ altrettanto evidente che sia necessario fare un paio di passaggi prima di tornare a votare, non è un caso che Renzi stia accelerando sulla questione legge elettorale e riforme istituzionali: vuole essere certo di andare a votare e di dare al Paese un risultato chiaro: chi vince governa. Punto.

Fassina è stato eletto in una tornata elettorale guidata da Bersani. Il PD che siede in parlamento, in buona sostanza, è espressione della segreteria passata, così come le larghe intese. Insomma anche Zanda e Speranza, capogruppo al Senato e alla Camera mi appaiono come qualcosa di avvenuto e scelto due secoli fa. Ci sarebbe da chiedere a Fassina se si sente più vicino ad Alfano e poche settimane fa a Brunetta che a Renzi. Insomma se accetti di stare nelle larghe intese, puoi accettare anche di fare il viceministro nell’era Renzi.

In ogni caso, personalmente sono tra quelli che NON si augura nessun rimpasto e lascerei a Letta la scelta di un nuovo viceministro se Fassina non dovesse ritirare le proprie dimissioni. Così come non chiederei alcun cambio che rafforzi il PD a scapito del NCD, a meno che non sia prettamente funzionale all’approvazione rapida delle risorse e poi all’andare al voto.

Il PD che sta in parlamento è molto diverso dal PD che ha votato l’8 dicembre. Non fosse altro per la modifica avvenuta anche nel nostro popolo nel giro di un solo anno a riprova che le larghe intese non sono molto amate dalla cosiddetta base e che quella scelta ha deluso la maggior parte di noi che voleva un governo di larghe intese SOLO per fare la riforma elettorale, strategia che ora sta palesemente e rapidamente seguendo il nuovo PD.

Insomma la mossa di Fassina mette in evidenza il paradosso in cui viviamo: due PD diversi.

Uno barricato in parlamento, l’altro fuori. E quello fuori non ha nessuna intenzione di alimentare per molto tempo quello dentro.

Una legge elettorale a misura di Casta.

A quanto pare Casini, Alfano e Bersani sono d’accordo sulla legge elettorale.

Una legge elettorale che: indica il premier, abbia una soglia di accesso, non obblighi a dichiarare le alleanze e consenta di esprimere le preferenze.

Sostanzialmente voi potete votare PD, non esprimere alcuna preferenza (poi ve lo spiego meglio), dare un voto al partito – che consente in base ad una quota proporzionale – l’ingresso in parlamento di quelli che beccano più preferenze, desiderare che il PD si allei con SeL e ritrovarlo con l’UDC, senza che il PD ve lo avesse preventivamente dichiarato.

Capiamoci meglio.

Esprimere la preferenza sembra che sia una cosa bellissima. E’ vero. Ma attenzione.

Cosa può (in termini elettorali) una persona onesta che sta nella stessa lista del barone locale che conta 22mila preferenze all’attivo (magari delle ultime regionali)? Nulla.

Scusa, Alicata e allora che cosa vuoi? I nominati dal partito che tanto sono comunque decisi dalle segreterie sulla base dei poteri interni al partito e quindi sempre dei baroni delle preferenze?

No.

Vorrei i collegi uninominali. Quella roba che devi candidare Mario Rossi contro Giuseppe Verdi e se Mario è un cretino la gente vota Giuseppe. Cioè una roba che costringe i partiti ad esprimere il meglio del territorio (o delle proprie file) perché si sceglie davvero la persona (ed anche la capacità del partito di schierare il meglio in quel dato territorio)  e nello stesso tempo non rende il partito prigioniero dei baroni delle preferenze.

Scusa Alicata, ma se il Partito in quel territorio schiera il barone in persona? L’altro partito deve schierare una persona onesta e magari uno del PD vota uno dell’altro schieramento se sa che è meglio di quello che il proprio partito propone.

Questo nell’ ottica sana che il Paese viene prima dei partiti. Chi vi mette il partito prima del Paese sbaglia.

Insomma i collegi uninominali mi sembrano il miglior modo di selezionare i migliori senza che debbano essere necessariamente i baroni mafiosi di cui ogni partito è infestato.

Vi comunico che con questa legge elettorale che Bersani Alfano e Casini vogliono fare passare, voi potreste votare PD e se non esprimete una preferenza contribuire a votare il barone locale e ritrovarvi Casini premier (e D’Alema presidente della repubblica) senza averlo nemmeno potuto decidere.

Mi piacerebbe moltissimo che il PD mettesse nelle liste tanta gente da poche preferenze, ma che fanno un partito globalmente forte e sano. Ma voi ci credete? Io no. Magari.

Vi dicono che gni partito può dichiarare il premier. Ma poi una volta che ha preso il 10% il partito che avete votato può allearsi con un altro partito e vi ritrovate il premier che non avreste scelto mai.

Vi dicono che questo metodo garantisce la massima rappresentatività. Io dico che garantisce la sòla, in stile Vanna Marchi. Voti una roba e te ne ritrovi un’altra. Quando capiremo che è meglio avere una rappresentatività meno definita , ma più responsabile e quindi giudicabile? (ho votato te, governi te, giudico te). Mi spiego: se un’idea pesa il 4% viene tagliata fuori. Non governa e non può fare cadere governi. La prossima volta però può prendere il 10% se gli altri hanno fatto male. Questo taglia fuori qualcuno nel breve periodo, ma consente di governare a chi vince e consente la netta individuazione delle responsabilità di governo e nessuno penserà mai che è un po’ colpa di tutti. Sarà sempre colpa (o merito) di chi governa.

Insomma il garantito da questa legge elettorale si chiama Pierferdinando Casini che una volta votato al solo 10%, può scegliere con chi andare e quindi dettare legge. Insomma potrebbe capitare che votare PD o PDL sia davvero la stessa cosa e a seconda della capacità di concertazione vi ritroviate comunque, in entrambi i casi, Casini premier.

Una legge elettorale così è una nebulosa politica, il nulla cosmico, il suicidio politico degli estremi moderati, inghiottiti dal grande centro estremista al grido di: “vogliamo morire tutti democristiani”.

Anche no.

p.s. Oggi Bersani ha lasciato intendere che se passa la riforma elettorale non c’è bisogno delle primarie. E chi decide i 20 nomi che devono stare in lista? Mettere 20 capo bastone in lista  senza ordine di elezione come nel sistema attuale è meno democratico? Non prendiamoci in giro, su.

(Nel frattempo Bersani smentisce che ci saranno le preferenze. )

Il ritorno dei venditori di nulla e degli immobilizzati.

Mentre negli Stati Uniti Santorum parla con Dio (clinicamente è una psicosi, qualcuno glielo dica), Alfano si spara le poche cartucce del solito repertorio, affermando che se vince l’alleanza Bersani, Vendola, Di Pietro ci sarà una deriva zapaterista e ci saranno le nozze gay.

Insomma i venditori di nulla stanno per tornare con il solito condimento clericale di ispirazione putiniana e machista.

Fossi Alfano starei zitto, ricordando che la loro idea di famiglia è stata in questi anni un brutto inciucio tra il Bunga Bunga e le sparate di Giovanardi, e si è scaricato brutalmente solo sul corpo morto di Eluana Englaro.

Inoltre lo informiamo che, purtroppo, il PD non è ancora arrivato a tanto (magari!) e che forse, se ci arrivasse e infilasse le nozze gay, in un grande disegno di avanzamento della società italiana in senso europeo, loro apparirebbero per ciò che sono: dei maschi primitivi che declamano valori che nella notte divorano, una tribù ipocrita fondata sul malaffare e sulla difesa del più furbo, categoria che contiene un insieme ampio: dall’evasore fiscale al marito fedifrago che però la domenica sfila a messa con moglie e figli, passando per lo sfruttatore di minorenni, impalmate secondo alcuni, nei luoghi più fantasiosi e condivise spesso da tutta la combriccola.

Insomma appare evidente l’ennesima anomalia di questo Paese. Un centro destra clericale e machista che vende il nulla e segna voragini tra le proprie parole e le sue pratiche e un centro sinistra ancora pavido, ancora pauroso di scardinare una regola non detta, insomma immobilizzato.

Tutto questo non per governare, ma per vincere.

Ecco, ho il desiderio profondo di una classe politica che voglia governare e che anteponga questo desiderio alla vittoria. Spiccherebbe il senso dello Stato, del bene comune, sul senso della poltrona e del bene privato.

E concludo augurandomi che per fare stare zitto Alfano su questi punti basta dirgli: sì, lo faremo perché è giusto e faremo anche questo, questo e questo. Lo avremmo seppellito. Invece girare intorno alle sue parole come ha fatto Bersani, viene letto, ancora una volta come un tentennamento, una mancanza di coraggio. In politica, ora lo dovremmo sapere, il peggiore fianco che si può offrire, a prescindere dal tema in questione.

Un errore che costerà caro in termini di astensione.

SeL e IDV pensano ad un Polo smagnetizzato.

Buffo.

Noi non dobbiamo più avere la vocazione maggioritaria. E va bene, me la terrò in tasca per altri 10-15 anni finché capiremo che questa frammentazione partitica crea solo il mercato delle poltrone, perché se poi le coalizioni vogliono governare tanto vale trovare le sintesi prima, ragionandoci per tempo e allora tanto vale stare dentro un unico partito una grande federazione politica. E poi nel PD c’è più SeL che in SeL. E c’è pure, ahimé,un po’ di UDC. C’è tanto di simile ai radicali. Ecco ultimamente gli unici dubbi me li sto ponendo sull’IDV. Non sul suo elettorato e militanti di base che ci somigliano molto, ma sull’ingombrante Di Pietro che ormai sembra più un Bossi al di qua del fiume nei modi e nei toni.

Però se proprio dobbiamo fare la Grande Coalizione e assumendo che dell’UDC mi interessano SOLO gli elettori, so che il PD è il catalizzatore placido in cui SeL e IDV si possano ritrovare. Placido nel senso di elemento mediatore. Di assorbente di conflitti.

Sentire che insieme vogliono fare un polo alternativo al PD, mi suona stonatissimo. E mi sembra l’argomento per un titolo di giornale e via.

E’ vero che Di Pietro insegue la Fiom sui temi del lavoro, che sui diritti ha sempre speso buone parole, ma la sua eversività verbale e la sua vanità individuale non si sposano con la tradizione istituzionale e il primato del collettivo della sinistra italiana che spero il compagno Vendola voglia conservare. Tra l’altro sulle questioni del lavoro nel PD sarebbe in una buona compagnia e io penso e spero che da questa dicotomia ne nasca qualcosa di buono ed equilibrato. In soldoni sul lavoro il PD può arginare le spinte centrifughe, e contribuire ad una sintesi innovativa ed equa (se non è chiaro ci torno).

Tutto questo muoversi per cercare più consenso ha solo un risultato. Rafforzare il resto. Da Alfano a Montezemolo, per chi volesse porre quest ultimo in lizza e tra i possibili avversari.