Ciao Napoli. Arrivederci Napoli.

maradona
Questa mattina Il Mattino ha pubblicato la lettera con cui, saldando il mio debito di cuore, ho salutato Napoli. Eccola qui.

In un’enoteca vicino alla casa che abbiamo abitato in questi due anni c’è una foto di Maradona. Non è la solita foto del Maradona deificato, con il sigaro in bocca, un po’ Che Guevara un po’ scugnizzo. E’ una foto gigante di Maradona di spalle, in bianco e nero, che sale le scale dello Stadio San Paolo. Indossa una tuta, sembra piccolo giovane ed indifeso e una marea di fotografi lo aspetta in cima alla rampa. Credo fosse il suo arrivo a Napoli e nulla mi ha raccontato bene Napoli come quella foto. Lo stupore, la generosità, l’esitazione davanti alla bellezza, l’incoscienza. (la foto e’ di Luciano Ferrara, grazie a una letrice di FB che me lo ha segnalato)

Sto per lasciare Napoli e devo pagare un debito. Ho un debito con questa città come non lo ho avuto per nessun altra eppure ne ho abitate tante di città. Treviso, Torino, Bergamo, Roma, Zurigo. Le ho amate tutte, ma nessuna era mai riuscita a pretendere di essere mia, mia era solo Roma, che invece ultimamente si è chiusa persino ai propri abitanti.

Ho trovato a Napoli un tessuto imprenditoriale sano, un’irrefrenabile creatività che si, certo è quello che si dice di Napoli dell’arte di arrangiarsi, ma sta diventando qualcosa di più evoluto e raffinato, non è un caso che Apple scelga di venire qui ad aprire il suo centro di sviluppo app. Le app, in generale, sono l’ingegnerizzazione di quello che qui è un modello esistenziale. Cercare soluzioni. Per sopravvivere, per delinquere anche, certo. Ma non solo. Non nego che questa capacità contenga una doppiezza, la stessa doppiezza contenuta nel genere umano.

Ho lavorato con una squadra di napoletani a cui la sera dovevo spesso chiedere di andare a casa, che basta, possiamo continuare domani. Ho conosciuto ristoratori che offrono la cena a chi entra da solo con il muso lungo, non si fa pagare il conto a qualcuno che deve essere consolato. Ho conosciuto ristoratori che sono capaci di offrirti da mangiare solo perché’ sono stati bene a parlare con te durante la cena o che se non te la offrono devo tirare fuori cose dalla cucina per fartele assaggiare. Parrucchieri cresciuti a San Giovanni a Teduccio che quando erano piccoli il padre li teneva a fare i compiti in bottega mentre fuori si moriva di eroina, che oggi tornano da Londra e aprono a Napoli, testardi, una scuola di formazione. Ho conosciuto operai che si sono diplomati di notte. La parte nobile di Napoli mischiata a quella plebea, senza la spocchia del lei non sa chi sono io che a Roma ammala tutti. E in tutti, a tutti i livelli, un’idea di vita, una visione, un amore identitario per la propria città e poi tanta, tantissima cultura ovunque, di altissimo livello. Era un piacere parlare con le persone, cogliere la continua curiosità. A Napoli sono tutti curiosi.

Ho visto la Napoli che verrà coperta dai cantieri lentissimi, ho visto il potenziale enorme che contiene questa città. Ho visto il traffico maledetto, sì, basterebbe poco per rendere Napoli più vivibile in termini di aria da respirare e di tempi di percorrenza. Ho visto meno rabbia che a Roma, forse per l’abitudine alla disperazione. Ho visto un’attitudine alla convivenza maggiore di quella che sta esibendo Roma. Ok, sei qui anche tu, ce la faremo insieme. Ho visto la Napoli dei quartieri e quella del Vomero che scende a Napoli quando viene giù con la funicolare. Quella dei pizzettari che fuori dal cliché’ mondiale vanno in giro per il mondo a fare da start-up a modelli di business basati sulla pizza.

Ho conosciuto una Napoli che era diversa da quella che avevo letto in Gomorra. Non ho nulla contro Gomorra libro e nulla contro Gomorra serie tv, ma so che Napoli ha bisogno anche di altre voci, “Gomorra” non può essere l’unica narrazione di questa città perché è una narrazione parziale, una narrazione che vive nella mitologia criminale, ma non ne coglie la profondità del quotidiano. Non ho visto la camorra ovunque. Ho sentito che c’era, certo. So che c’è una guerra spietata, un modello di vita pieno di soldi che attrae i ragazzi più giovani di alcune zone che si scannano per il potere. Come a Roma sapevo che c’era Mafia Capitale percepivo la malattia annidata nei partiti, nelle istituzioni, forse anche nella criminalità diffusa che avvinghiava alcune parti della città. Ma Napoli, a livello mondiale, è segregata solo in quella storia, ci sono altre milioni di storie che se raccontate possono fare uscire Napoli da questa nebbia di pregiudizi di cui è avvolta. Il tema non è essere contro Gomorra e negare Gomorra, il tema è che Gomorra è una parte di Napoli che rischia di descrivere il tutto. E questo non è giusto.

Napoli merita di essere visitata perché l’opportunità di Napoli è quella di aprirsi, per questo una narrazione parziale e nera rischia di isolarla e farla tornare in quel guscio maledetto.

Il peggior dispetto per la camorra è dire: venite a Napoli.

E’ portare gli occhi del mondo sulla città, il che significa generare opportunità economiche per la città che non siano il crimine, ma come sta accadendo adesso siano il turismo e tutto quello che il turismo in una città come Napoli può contenere: le sue isole, il cibo, il vino, l’arte, i musei, la sua architettura sovrapposta e inanellata alla ricerca del sole e della vista sul golfo.

Napoli è Parigi con il mare, è Madrid senza l’impero, ha una vena di follia che passa anche per il sangue certo, ma anche per grandi passioni. E’ come una città dove ricordarsi dell’adolescenza se la si è dimenticata. Non a caso nei libri della Ferrante la vita e la città si compenetrano, lei sì che ha saputo dare a Napoli la sua complessità attraverso la narrazione. Dice il mio amico scrittore Luigi Pingitore: Napoli è una delle migliori parti di noi. Luminosa, greca, tufacea, vanitosa, tellurica e insaziabile.

Venite a Napoli.

Roma, Torino, Napoli e quella piccola parte di noi che dice che in fondo va bene cosi’.

Torino. Dopo due aerei con problemi tecnici il terzo era buono e siamo atterrati a Torino con 3 ore di ritardo. IL tassista mi ha invitato a mangiare la pizza con lui e altri tassisti (ho declinato solo per stanchezza) dopo una bella discussione su Torino andata piu’ o meno cosi’:
“Che ne dicono i tassisti della vittoria di Chiara Appendino?”
“Siamo contenti.”
“Ah, proprio cosi’?”
“Ho cinquanta anni e da che mi ricordo Torino e’ sempre stata amministrata dalla sinistra, era ora di cambiare.”
Mi prodigo in grandi complimenti sul fatto che Torino e’ una delle citta’ piu’ avanzate d’Italia in termini di servizi.
“Si’, lo so ma ci voleva un cambiamento e Fassino non lo era.”
Io silenzio. Lui continua: “Poi questa cosa della nomina di Profumo cosi’, all’ultimo.”
“uhm..si'”.
Ora sono davanti ad un’insalata in albergo e ricevo un sms da una delle mie ex il cui cognato e’ diventato sindaco in Emilia Romagna. E’ una brava persona, probabilmente l’avrei votato anche io. Metto insieme i pensieri di questi ultimi mesi, il dolore per come sono andate le cose a Roma, lo schifo che ho visto a Napoli che in confronto l’arroganza dell’ego smisurato di De Magistris era nulla, e provo a dirlo in modo chiaro come sono abituata: forse questa e’ un’opportunita’.
E’ un’opportunita’ per noi per capire che forse a sinistra dobbiamo promuovere il merito e non la fedelta’ (mi sembra di averlo gia’ detto in altri tempi, ehm) alla politica in termini di professione (se ci sono candidati che portano tante preferenze non e’ detto che facciano bene all’immagine del partito, finalmente il M5S ci ha dato questa lezione, portando candidati sconosciuti con poche preferenze, forti del “brand” del loro partito, scusate io lo chiamo cosi’, quindi possiamo asfaltare i baroni delle preferenze e prendere con questa mossa 20% in piu’ del nostro 20% che resiste, fidatevi).
E’ un’opportunita’ a Roma (e quanti di noi lo hanno pensato per mesi, anche facendo campagna elettorale senza risparmio, prendendosi anche dei vaffa e se noi lo abbiamo anche solo pensato, noi che siamo quelli border line, quanti elettori lo avranno “fatto” nell’urna) perche’ volenti o nolenti la Raggi continuera’ lo smantellamento dei vecchi poteri romani iniziato da Marino (il che e’ un bene, poi bisogna vedere cosa sa fare ovviamente una volta scardinato il vecchio sistema, ma io non saro’ mai dalla parte di chi cerchera’ di affossarla coi dossier e la foto dei maiali nella monnezza sul NYT, che si sappia).
E’ un’opportunita’ perche’ finalmente i ragazzi del M5S non potranno piu’ fare solo opposizione, ma dovranno confrontarsi con la gente e il consenso (un po’ lo stesso che accade al PD di Renzi passato da rottamatore a premier). Un’opportunita’ per capire, per molti matusalemme della politica (con tutto il rispetto non e’ un’offesa, ma impariamo dai paesi anglossassoni per favore, non puoi stare tutta la vita a vivere di politica, puoi farla, ma non camparci, non e’ sano) che anche basta.
p.s. su Fassino lo avevo detto nel 2010, quando la Leopolda si chiamava Prossima Fermata Italia e molti erano su un altro carro (purtroppo ora sono sul carro sbagliato…)
Suggerirei a Fassino molta autocritica sulla sua sconfitta, non andrei a cercarla fuori. A Napoli, Torino e Roma abbiamo perso perche’ non siamo stati all’altezza della citta’. Non sappiamo se gli altri lo saranno, ma i cittadini hanno deciso che noi non lo eravamo piu’. Forse abbiamo isolato i pezzi buoni in queste citta’? Come mai a Milano non ho sentito di isolamenti e abbiamo vinto e a Roma, Napoli e Torino non conto piu’ pezzi di gente del PD incazzata con il PD? Altrove dove eravamo alternativa o speranza, non c’e’ stato spazio per loro. Questa decisione va rispettata.
Questo significa che dove lasciamo spazio, la rabbia cresce. Lasciare spazio significa cacciare le persone.
Un esempio: mi hanno raccontato che qualche giorno fa in un Comitato del Si’ a Roma c’erano un paio di vecchissime conoscenze della politica romana in prima fila, chi li ha visti e’ scappato a gambe levate. Ecco eviterei di dire che i comitati del si’ saranno il nuovo partito. No, non lo sarete, quindi e’ inutile che vi affannate perche’ non avete nulla da fare nella vita e organizzate comitati del si’ in cerca di uno strapuntino…mi immagino le liste dell’Italicum con voi. Sai la corsa a votare M5S.
Mettiamoli in mano ai giovani i comitati del si’, delle casalinghe, degli studenti, di chi ha un lavoro (qualsiasi), ma vi si dedichera’ perche’ crede nella governabilita’ del Paese e non in cerca di uno strapuntino.
My two cents.

Bassolino e la rottamazione.

E’ legittimo che Bassolino si candidi alle primarie del PD di Napoli. Lo fa senza avere la certezza di vincerle tantomeno di vincere le elezioni in caso di vittoria per le primarie. Il problema è perché non esiste a Napoli una generazione che abbia costruito un’alternativa pronta a rischiare di perdere. Il discorso potrebbe valere tale e quale per Roma dove chi comandava venti anni fa ancora comanda. La rottamazione profonda che chiede Matteo Richetti (e che io condivido) non passa però per i diktat della segreteria e nemmeno per una volontaria ed educata cessione di potere. Passa per la voglia di una nuova classe dirigente di mettersi in gioco e anche, in caso, di perdere. O comprendiamo questa cosa o non abbiamo capito nulla di questo tempo.

Il sud e la monodimensione narrativa.

Il Sud. Vorrei dire tante cose, soprattutto su Napoli senza apparire di parte che è quello che temo di più.

Quindi quello che scrivo qui non ha nulla a che fare con Renzi e questo governo (e quindi eviterò di elencare i luoghi dove l’industria del sud sta ripartendo o si è allargata), ma ha a che fare con le mie origini siciliane, con quello che ho vissuto a Roma prima che tutti parlassero di “Mafia Capitale” e con questi 14 mesi a Napoli.

Nessuno nega che al sud ci siano dei problemi infrastrutturali e, se me lo consentite da meridionale e quindi senza razzismo di sorta, esiste sicuramente un problema di vasta corruzione politica che si manifesta nelle preferenze elettorali autentica piaga regionale contro cui bisognerebbe combattere ogni giorno (ah come ci mancano gli intellettuali impegnati tutti i giorni) e non con l’editoriale del giorno delle elezioni.

Sicuramente la riforma del titolo V e il federalismo bislacco dato in pasto dalla sinistra all’allora Lega di Bossi per paura elettorale ha generato ancora più danni al sud. Penso alla gestione della sanità per dirne solo una. Una che pesa solo il 90% dei bilanci regionali per capirci. E per chi ha provato la sanità pubblica veneta la differenza è evidentissima. Nessuno si presenta in ospedale senza farsi annunciare da qualche amico che a sua volta conosce un primario. Anche se il sud è pieno di eccellenze sanitarie di cui nessuno parla se non ci si trova per caso.

Ma il sud non è riducibile alle sole mafie. Bisognerebbe togliere alcune regioni del sud dal sud o decidere cosa è sud, dove si ferma il sud. Se Molise e Abruzzo e Basilicata sono sud per esempio. O la Sardegna.

Non solo il sud non è riconducibile alle sole mafie, ma bisognerebbe provare a raccontarlo in modo complesso, accettando, per esempio di parlarne bene ogni tanto. Di Napoli mi stupisce la voglia di lavorare delle persone. Io questo non me lo aspettavo per esempio, perché avevo un pregiudizio. Chissà che mi pensavo dopo avere letto anni e anni di pezzi sul fancazzismo del sud sulle leggi 104 e sui finti invalidi. Mi stupisce la diffusa eccellenza che riesce a liberarsi in una città il cui racconto è così potente che Napoli la conosci solo se ci vivi qualche mese, altrimenti di Napoli crederai sempre ciò che scrivono i giornali: spari, camorra, grida per stendere lenzuola e in motorino senza casco. Certo che Napoli è anche questo. Ma Napoli è anche una tradizione culturale di altissimo livello diffusa in modo molto più capillare che a Roma dove la cultura nasce e muore nei salotti del potere, senza branchie, destinata a morire sugli usci delle case-attico del giornalista editorialista che può farti vivere o morire. Napoli sta liberando energie imprenditoriali e giovanili che solo chi ha la pazienza di stare a guardare come un’ospite può  vedere. E parlo di tutto, persino del parrucchiere tornato da Londra, vissuto a San Giovanni in mezzo alle siringhe che ha aperto a Napoli invece che a Londra. Ecco forse solo quelli come me possono cogliere tutto questo fervore, questa voglia di riscatto diffusa. Insisto sulla parola “diffuso”. E’ quello che sta accadendo sotto i miei occhi, un intenso e immenso brulicare che in una città in cui i partiti sono quasi totalmente assenti dalla vita quotidiana (chi viene da Roma percepisce la differenza) sta invadendo luoghi e strade. Esiste chi riqualifica quartieri e genera luoghi di arte e cinema. Chi riunisce le tradizioni enogastronomiche e ti fa scoprire che l’Italia non è solo la Toscana. Chef iperstellati che conducono ristoranti nel mezzo della terra dei fuochi. Chi diffonde cultura attraverso lo sport ed è un secolo che lo fa, metodicamente. Chi strappa dal degrado piccoli pezzi di città.

C’è da fare a Napoli? Tantissimo. E ci sono anche tantissime opportunità. Ad ogni tavolo a cui mi sono seduta ho sentito il discorso della fuga o del restare, è vero. Ma ho sempre percepito una cosa che a Roma non trovavo: la voglia di ascoltare, la curiosità. Ecco il sud è curioso. Non è assuefatto come il nord o la città del potere. Esiste una forma ingenua della conoscenza che è anche profondamente legata ad un complesso d’inferiorità misto ad orgoglio. Ti ascolto forestiero o giovane con un’idea e poi così potrò parlarti di noi ed aprirti una porta. Parlare con le persone a Napoli non è mai scontato, è sempre un viaggio nuovo.

Il sud. Certo che al sud bisogna mettere le mani. Ma non si può pensare che un governo in tre anni faccia saltare schemi secolari. E’ impossibile. Possibile che nessuno ricorda la storia del sud? Le terre ai soldati delle guerre puniche. Il latifondo. Le dominazioni e la quasi totale assenza di Medioevo se si esclude Palermo ai tempi di Federico II. E’ impossibile scindere il sud dalla sua storia come è impossibile pensare che uno Stato possa fare una strada in 37 giorni con i soldi di un privato. Comprensibile, suggestivo, ma impossibile perché lo Stato deve fare una gara d’appalto trasparente e deve garantire la strada per decenni (e se questo in passato non è stato fatto è sbagliato e chi ha sbagliato deve pagare). E tanto per farvi capire come la penso sono tra quelli che in Sicilia cominciano ad augurarsi la vittoria del M5S unico evento che forse può portare all’azzeramento totale dell’attuale classe dirigente che forse i partiti non riescono a fare.

Io voglio pensare che il sud si può salvare con l’aiuto del governo, sì, ma con l’aiuto di se stesso perché la diffusione di alcuni aspetti tipici del sud hanno a che fare con la classe politica diffusa e quindi (quindi!) con la popolazione del sud. Il sud si salva se decide di salvarsi, se si innesca un circolo virtuoso per cui Sud e Stato cominciano a darsi e a dare. Ecco dobbiamo trovare quella chiave e quella chiave si trova raccontando la complessità del sud e non condannandolo ad una narrazione superficiale, monodimensionale che lo schiaccia contro un destino ineluttabile, il tempo di un editoriale estivo e via. Tocca raccontarlo profondamente accettando tutto. Anche ciò che sta nascendo. Anche chi è restato e resiste. Anche chi ci vive bene, lavora duramente e non chiede favori a nessuno. Anche le trattative del governo che lasciano aperte fabbriche a Caserta. Anche chi ha deciso di costruire scatolette con le ruote nel più profondo sud da distribuire in tutta Europa e non solo.

E dopo 14 mesi se qualcuno vuole farsi un giro di Napoli con me io lo accompagno. Umilmente e con curiosità, lo accompagno.

Roma. Mi avete fatto incazzare.

Non ne posso più. Lo confesso. Sarà che non abito a Roma da più di un anno e che giro l’Italia da sempre, ma non è tollerabile questo bombardamento ipocrita. Una specie di moda. Come un Moncler. Spara Gassman (a dire il vero l’unico che almeno ha mostrato un po’ di senso civico) arrivano Verdone, Muccino (che pare abbia postato foto del 2009 e del 2013 e sarebbe da chiedergli i danni)  e Proietti (anche lui propositivo va detto). Tutti romani. Tutti der cinema, tutti der salotto buono della Roma passata. E qui mi fermo non voglio infierire sulla Grande Bellezza. La grande Cultura del modello Roma consumata come una cicca di sigaretta evidentemente (io se fossi un intellettuale romano di quella generazione un po’ di autocritica indivanata me la farei)

Si sono svegliati con il New York Times? Si sono svegliati perché sui giornali non si parla di altro? O forse ad un certo punto è scattato l’effetto bullismo da branco? Come con il compagno di scuola brufoloso preso in giro dal bullo della classe, tutti cominciano a tirargli i cartoccetti per non sentirsi meno sfigati del bullo della classe.

Possibile che Muccino non si fosse accorto degli abusivi di cincaglierie a Fontana di Trevi ai tempi di Veltroni? Li vede solo ora?

Allora ho fatto un esercizio. Ho aperto google e ho cominciato a scrivere il nome di una città qualsiasi, fregandomene di che colore sia il sindaco, con la parola degrado accanto. Come filtro ovviamente ho messo gli ultimi 12 mesi. Non le troverete in prima pagina sui giornali nazionali e internazionali, ma questo vi dovrebbe fare pensare. Come se l’Italia fosse un buco nero inghiottito da Roma e non ci fosse niente altro. Che non significa che a Roma non ci sia un problema, ma non sarà che forse andrebbe fatto un bel discorso serio sul patto di stabilità, sul governo delle municipalizzate, sulle politiche di accoglienza e di contenimento (o gestione) del degrado sociale di TUTTE le città? Non sarà che abbiamo un problema in tutta Italia e vada fatto semplicemente un bel ragionamento politico complesso e collettivo invece di fare la sassaiola contro uno per non guardare il resto?

Ecco cosa viene fuori.

Cagliari.

Torino.

Padova.

Brescia.

Palermo.

Milano.

Napoli

Firenze.

Parma

Ah, dimenticavo Roma. Prima di Marino. E prima di Alemanno, giusto per non apparire di parte.

Potete continuare. Io ora ho sonno e vado a dormire.

Napoli 7/03/2015

C’è qualcosa di così maledettamente spagnolo in questo riversarsi in strada, in questa perenne estate che non conosce stagioni. Tutto esiste per uscire all’aperto, per spalancarsi. La stessa sguaiatezza, le grida, la lingua sfrontata, non sono altro che un uscire da sè. Come il gesto di spalancare finestre al sole. Così. 

Napoli 3/03/2015

(Il muro di cui scrivevo qui sotto il 3/03/2015 è caduto oggi pomeriggio per la pioggia. Era un bellissimo muro) 

Lo senti questo odore d’estate? Che non importa se domani torna il gelo, basta che si faccia meno freddo, anche solo per un giorno, e lui sale dalle pietre della strada, è come un sudore dal petto quando sei accaldato. Siamo a Napoli e per un attimo, ingannevole, mi e’ sembrata Palermo. Basta pochissimo per tirare fuori le giacche leggere, abitare i marciapiedi dei bar, fumare in balcone e dare indicazioni a chi, come noi, inciampa sui lavori in corso di un pezzo di palazzo crollato e perde la strada, sentire l’odore di piscio senza che sia ammazzato dal freddo o ostentato dalla calura mischiato ai calcinacci. Il sud sa tantissimo di calcinacci, lo stesso odore delle città del dopoguerra. È stato trattenuto. La guerra si annida ancora nei vicoli. 

E’ tutto lievissimo qui, non c’è ancora alcuna strafottenza, ma niente riesce a resistere. Non si attende alcun consolidamento. Nessun prontipartenzavia. 

Siamo scesi con A. per una strada di ciottoli irregolari, una strettola come recitava la pietra. Un muro alto e scorticato nascondeva un albero di mandarino e altre piante. C’e’ sicuramente un giardino d’inverno, ben celato dove si consumano nuove infanzie. Siamo scesi. A Napoli si scende di corsa verso il mare. Per un attimo siamo stati altrove. Non qui. 

Napoli.

Napoli è una città complicata. E’ una città Stato con i suoi riti, le sue tradizioni, la sua lingua. Nessuna delle tantissime città in cui ho abitato è così “straniera” per me che ho le radici tra i morti di mafia e la Pianura Padana e dovrei avere l’abitudine a tutto e al suo contrario. Napoli è chiusa e divaricata, inciampi e ti rialzi. Ti incazzi e ti innamori nello stesso momento, ti strema, peggio di un capriccio inspiegabile. Non conosce lo spazio altrui e lo invade e nello stesso tempo ti si nasconde, ti sfugge. Cerca di fregarti e ti porge generosamente la mano quando meno te lo aspetti. Non la sentirò mai la mia città come è stato per altri luoghi. Lo so. Mi sentirò sempre ospite, anche dovessi restarci per anni. La odierò e quando me ne andrò mi mancherà. Lo so. Non posso capire chi è nato qui, chi ci resta e nemmeno chi va via. Osservo queste ore da straniera, la morte di un napoletano famoso, sento la musica di Pino Daniele messa fuori in strada con le casse dai baretti. Ascolto. Osservo. Questo lutto che sarò difficile raccontare, perché tutti ne parlano, ma tutti ci scivolano sopra, in motorino in tre senza casco, contromano per i vicoli del centro. Tutti se lo aspettano. Tutti si aspettano il dolore e l’indifferenza insieme.

Napoli non si fida e non consente di lasciarsi andare. E’ come vivere un primo giorno ogni giorno. C’è solo il presente. Niente futuro. Forse è il vulcano.

Che magnifico spettacolo sta città.

E’ così che si cambiano i partiti. E il Paese. ESPRIMI LA PREFERENZA.

 Il 15 e 16 Maggio vai a votare ma ricordati di non votare solo il partito: ESPRIMI LA PREFERENZA.

Ti spieghiamo perché.

In tutti i partiti ci sono 3 questioni: la questione morale, la questione di genere e quella generazionale. 

Quando tu voti un partito ed è ANCHE possibile esprimere la preferenza, i voti che prende il partito decidono quanti posti prende quel partito. I posti vengono occupati da chi prende più preferenze.

Tutti i partiti hanno i “portatori” di preferenze, i grandi baroni che hanno fatto fortuna sul clientelismo. Non vale per tutti, è ovvio.

Alcune persone hanno tante preferenze perché sono brave persone e sono stimate da tanti. Puoi informarti su di loro facilmente.

Alcuni “baroni delle preferenze”, invece ricattano i partiti con il loro potere elettorale, magari nelle zone più difficili, come il sud.

Aiutaci a liberarci di loro. Non lasciare la preferenza al clientelismo: esprimila anche tu.

Spesso si vota il partito per dare fiducia al partito, ma questo è un momento delicato e di transizione per la politica. I partiti vanno liberati. Vanno aiutati a liberarsi.

Cadere nell’astensione o nell’antipolitica serve solo a rafforzare un sistema malato che fa a meno del vostro voto, ma continua a divorare le risorse del Paese e a non fare nulla.

Cerca i candidati del tuo Partito nel tuo comune o nella tua provincia e scegli quello che ritieni più all’altezza in base al suo curriculum. Prediligi la competenza ed il merito. Non l’esperienza politica. Guarda che percorso politico e professionale hanno fatto.

Se in questa fase di transizione ci liberiamo dei baroni delle preferenze, un giorno nelle liste ci saranno solo brave persone.

Le brave persone sono quelle che non cavalcano il razzismo e l’omofobia per nascondere la loro incapacità a provvedere alle famiglie italiane. Le brave persone spendono i soldi dello Stato per la comunità. Le brave persone non restano inchiodate alle poltrone, ma servono lo Stato e poi tornano al lavoro. Le brave persone non prendono soldi per costruire opere inutili perché possono contare sul consenso della gente e non dei poteri forti.

Libera il Paese dal clientelismo: esprimi la preferenza.

Qui l’evento su FB: fallo girare. http://www.facebook.com/event.php?eid=188923231153240