Venite a votarvi.

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Domani finalmente generiamo quel partito che aspettiamo da almeno 5 anni. Lo faremo tutti insieme a prescindere da chi voteremo e daremo inizio ai democratici e non agli ex di qualche cosa.

Ci attende un grande lavoro di sintesi e un grande lavoro di squadra. In questi giorni in cui, come da tanto non mi accadeva – non per scarsa volontà ma perchè finisco sempre tardi in ufficio – ho girato per i circoli, ho visto tre cose evidenti: il bisogno di una classe politica nuova ed onesta (limite dei mandati, bilanci di partito trasparenti e condivisi, regole che tutti devono rispettare senza deroghe e senza prese in giro vedi il tema dei consiglieri regionali usciti dalla finestra e rientrati dal parlamento).

Poi ho visto una comunità appassionata consapevole che tutti parlano di PD, anche quelli che non lo votano. Forse perchè sono tanti quelli che vorrebbero votarlo e qui abbiamo una grande responsabilità: essere quello che quella parte di Paese si aspetta. E poi quei 2 milioni che domani verranno a votare non sono altro che lo stesso numero che prima era iscritto ai partiti PCI e DC. Insomma oggi il PD con i suoi soli 300mila iscritti circa NON rappresenta più la società come accadeva prima. Non c’è più identità e quindi rappresentanza diretta tra partito e sistema Paese. Le primarie restituiscono questa legittimità e il PD è l’unico partito che questa legittimità la va a cercare con uno strumento democratico.

E infine: definire cosa siamo. Siamo divisi e confusi su troppi temi ed è venuto il tempo di chiudere quelle due posizioni dentro una stanza ed uscire da lì con una sintesi e con la capacità di raccontarla al Paese in modo credibile. Avere una posizione e raccontarla al Paese convincendolo che quella è la strada giusta.

Questo vale soprattutto per lavoro e diritti, ma impatta su tantissimi altri temi. Dobbiamo fare come stanno facendo la CDU e SPD per fare le larghe intese: hanno creato gruppi di lavoro, ci mettono settimane, ma c’è un motivo: poi firmano e prendono un impegno con il Paese e non si gioca più, non esiste il giochino dei sottosegretari, dei rimpasti e via dicendo. Ecco noi prima di fare le larghe intese con Alfano non le abbiamo ancora nemmeno fatte tra di noi!

Io voterò Matteo Renzi e sono capolista nel collegio n° 8 (Portuense e Garbatella) insieme a Gabriele De Giorgi per l’assemblea Nazionale. Penso che Matteo, rispetto agli altri, abbia dato la lettura migliore del nostro tempo e so che continuerà a costruire quella rete di conoscenze e saperi che da tanti anni lavora intorno al sogno di un Partito Democratico diverso da quello visto ad oggi. 

Voterò Matteo Renzi sperando di andare a votare il prima possibile, sperando in un segretario forte (la somma dei voti di Civati e Renzi sarà anche un referendum critico sulle Larghe Intese) che sappia chiedere a Letta di mettere la legge elettorale come priorità n°1. Inutile andare avanti, io lo dico dal primo giorno: non ci sono pensieri lunghi dentro le larghe intese, troppe differenze. Non faremo nulla di buono per questo Paese tirando a campare. La maggioranza per fare una legge elettorale giusta c’è. Non è quella che appoggia il governo. Benissimo. Si faccia la legge elettorale e si torni a votare.

Domani potete venire a votare tutti se ritenete che il PD possa essere il vostro partito e se gli volete dettare la linea.

Dettateci la linea, venite a votarvi.

Link utili a capire meglio cosa penso e perchè voto Renzi.

Perché voterò Matteo Renzi (versione 2012)

Buongiorno Sinistra!

Le Primarie PD viste dai diritti.

Il PD e il suicidio di sopravvivenza.

Dopo quasi un anno dalle primarie PD, quando l’ apparato di partito (in cui gli EX DC hanno preso il peggio degli EX PCI e viceversa) decise di fare l’operazione “suicidio di sopravvivenza”, siamo al punto di partenza, come se fossimo al Gioco dell’Oca (ahimé poco giuliva) e nulla fosse accaduto.

Ricapitolando brevemente per i fanatici del tema: l’apparato capì che non si poteva impedire la sfida con Renzi, ma bisognava fare in modo che quella sfida fosse impari. Il mantra era: “sfidarlo, ma vincerlo”, un po’ come le elezioni ai tempi delle dittature. La forza organizzativa sui territori non doveva essere travolta dal voto popolare dell’elettorato e di quelli disposti a votare Renzi alle primarie per poi votarlo alle elezioni. Un piccolo punto su questo ultimo tema: votare Renzi alle primarie era per quel pezzo di Paese una cambiale in bianco verso una nuova idea di centro sinistra. Non erano cammelli berlusconiani che votavano Renzi alle primarie e poi votavano Berlusconi (che comunque non si sarebbe mai candidato in quel caso).

No, no. Volevano proprio votare Renzi e lo avrebbero votato con tutto Vendola e Fassina nella coalizione, quindi il “pericolo deriva a destra” non c’era e lo sapeva anche il famoso sanpietrino di piazza del Popolo (il mio riferimento alla stregua della casalinga di Voghera). Ci saremmo trovati Renzi premier con tutto il centro sinistra a governare con lui e quindi una coalizione costretta a dialogare per governare: cose meravigliose che ora fanno Letta e Alfano invece che Renzi e Vendola. Un po’ come succede nel labour inglese dove trotskisti e liberali convivono dialetticamente (e qui sono d’accordo con Cuperlo che dice che in questo partito si è persa la passione per il conflitto). Contenti voi.

C’è stata più violenza, più aggressività contro Renzi durante le primarie che contro Berlusconi in venti anni, inclusa l’ultima tornata elettorale.

La verità era ed è che la dirigenza diffusa di questo partito non vuole consegnare il partito a chiunque non sia allineato alle dinastie in campo dal secolo scorso. Si passa il testimone su principio familistico, non si fanno primarie aperte che facciano evolvere il partito sulla base della realtà. Il principio è l’obbedienza e l’epurazione dei corpi estranei. Si accettano ingressi dal carattere mite e con forti competenze tecniche ma che non pretendano di modificare gli equilibri. Il partito non è uno strumento, è il fine ultimo di sopravvivenza, è il luogo che consente di nominare in Rai, nelle aziende di Stato e nelle partecipate.

Se noi avessimo consapevolezza che i partiti sono davvero lo strumento costituzionale attraverso cui si dipana la democrazia non staremmo perdendo tutto questo tempo a demolire la grande intuizione veltroniana (che mancava di gambe anche per responsabilità del suo stesso ideatore) buttando ore a discutere di regole invece che di quale politica del lavoro dobbiamo mettere in campo per la generazione fantasma.

Questo partito è fatto di centinaia di migliaia di militanti (che sono comunque sempre di meno) che non meritano questo tappo. Non meritano essi stessi di avere paura del cambiamento. Non meritano ancora una volta che le regole del prossimo congresso siano il secondo suicidio di sopravvivenza nel giro di 12 mesi: contenere Renzi e il suo consenso, per tenersi il partito. E il bello è che ogni volta che facciamo le primarie, invece, questo partito (con tutti i difetti delle primarie che qualcuno prova sempre a deviare e che solo le primarie aperte impediscono che accada) diventa più bello e fa andare quasi sempre i migliori. Insomma ce l’abbiamo davanti agli occhi che quando chiamiamo il nostro popolo la diatriba sulle primarie aperte è una stupidaggine megagalattica.

Franceschini dice che dobbiamo separare le due cariche perché non siamo più in tempi di bipolarismo. E’ sbagliato. Siamo noi con la nostra debolezza, con questa vigliaccheria politica che abbiamo generato il terzo polo (Grillo). E invece di andare a riprendere la nostra gente, la lasciamo fuori. Una resa che meriterebbe la pensione, lo dico con rispetto.

Separare le due cariche, l’abbiamo già scritto in molti, significa aumentare la distanza tra Partito e Paese. Affermare che ci sia bisogno di un segretario dedicato al partito è come dire che il segretario deve organizzare un esercito pronto ad obbedire e non un partito che senta il battito del Paese.

Chiudere le primarie perché “il partito è nostro, quindi decidiamo noi chi lo guida” è svuotare di senso l’idea di partito moderno. Poteva andare bene quando il PCI aveva centinaia di migliaia di iscritti e quegli iscritti erano corpo sociale e quindi rappresentativi della società, ora non va più bene: sarebbe interessante avere la profilazione degli iscritti PD. Quanti impiegati statali, quanti assunti nelle partecipate, quante partite iva, quanti imprenditori, quanti studenti, quante casalinghe, quanti pensionati, quanti falegnami, quanti sindacalisti. Secondo me scopriremmo che ci mancano pezzi enormi di Paese e forse scopriremmo che – quei pezzi – è necessario coinvolgerli in modelli partecipativi che abbiamo, funzionano, non si capisce perché eliminarli ogni volta che fa comodo come se la nostra identità di PD fosse sempre in discussione, una roba da rimasticare ogni tanto a seconda di come gira il vento.

La paura di perdere il partito è più grande di quella di perdere le elezioni. Io sto seriamente cominciando a pensare che questo partito è diventato più piccolo e stretto di quello che abbiamo lasciato fuori e che se non si riesce a riaprire le porte, forse bisognerà sbattere una porta e andarsene dove già ci aspetta il Paese.

Fossi in Renzi ci penserei seriamente.

A Torino voterei Daniele Viotti.

Se fossi a Torino voterei per le primarie Daniele Viotti (e chi se ne frega che hai votato Bersani, per dire). Lo farei insieme a Giovanni Minerba (patron del festival del cinema LGBT torinese) e Ilda Curti, la mia sindaca di Torino al prossimo turno (che bello vederti a Roma) e lo farei perché durante le primarie, Daniele, ha fatto un servizio al Paese: ha inchiodato tutti i leader a rispondere a domande chiare sui diritti civili aiutando tutti noi ad alzare (ancora un po’ più su) l’asticella del PD su quel tema. Ecco: Daniele è uno di quelli del #pdchevorrei e lo voterei.

I semi del nostro albero.

36363_408870792837_6598603_nE’ innegabile che nel giro di pochissimi mesi la posizione del PD abbia subito un notevole avanzamento in tema di diritti civili ed indiscutibilmente merito di queste primarie. Un avanzamento che nemmeno la discussione intorno al documento della commissione diritti aveva provocato. Persino Vendola che fino a pochi mesi fa tentennava su questi temi ha fatto passi da gigante, normalizzando la propria campagna elettorale e apparendo insieme ad Ed. Bello. Bellissimo. Lo scrivevo qui.

I candidati si sono dovuti confrontare forzatamente tra loro anche su questi temi e molti di loro hanno persino modificato le proprie posizioni davanti alla realtà  schiacciante della vita delle persone. Una lezione per le commissioni che devono produrre documenti: incontrate le persone, non state chiusi nelle stanze asfittiche a produrre lunghe frasi per dire poco o nulla.

Io voterò’ Renzi (e’ arcinoto ormai) perché  lo considero il principale artefice del passaggio dalla frase che campeggia ancora sulla carta d’intenti (e firmata anche da Vendola e gli altri):  “riconoscimento giuridico”  a quella più  complessa e chiara che recita “equivalenza matrimoniale e stepchild adoption, ovvero adozione dei figli che vivono in famiglie omogenitoriali e che in quelle famiglie sono stati concepiti”.

La prima cosa rottamata di queste primarie e’ stata la posizione sui diritti del PD. Posizioni spazzate via dall’agenda politica che abbiamo dettato e che, va detto, e’ stata seguita da Bersani: quindi benissimo. Non so se Bindi e Fioroni o Silvia Costa sono d’accordo con  le posizioni di Bersani. Non so nemmeno se poi lunedì in caso di vittoria di Bersani andranno a diluirla. Per ora tacciono.

Voterò’ Renzi anche per quello che ho visto quando ha incontrato le nostre famiglie.  Quella mattina mi ha definitivamente convinto umanamente e politicamente. Solo chi era in quella stanza quella mattina, in quelle due ore, sa di cosa parlo quindi non farò leva su questo aspetto. Troppo emotivo e inesprimibile.

Grazie a queste primarie per la prima volta, in queste settimane, si e’ parlato dei nostri figli, per la prima volta sulle reti tv nazionali si e’ parlato di omogenitorialità in modo serio. Senza caricature. Senza contraltare a dire che “un bambino ha bisogno di una mamma e di un papa’”. Ho visto un partito dire: “un bambino ha bisogno dell’amore dei suoi genitori e della sicurezza di non perderlo.”. Punto.

Avete notato il silenzio delle controparti? Nessun Family Day. Nessuna battuta contro il centro sinistra che toglie alle famiglie per dare ai gay. Quella posizione appare oggi inattaccabile.

Appare inattaccabile perché  e’ passato il messaggio che e’ giusta, senza ambiguità come accaduto fino ad ora. Non si potrà più tornare indietro.

Dare forza a queste primarie darà  la forza a chi le vincerà  di non arretrare quando la campagna elettorale non sara’ interna – tra di noi – ma con il centro e la destra.

Considero queste primarie il secondo passo importante degli ultimi anni in termini di diritti civili. La sentenza della Corte Costituzionale (il primo vero passo) ci ha consentito di cominciare ad iniettare il senso di quella giornata anche nel dibattito politico.

Non avrò  pace finché  non saremo uguali davanti alla legge e non avremo ottenuto la totale uguaglianza: matrimonio e diritto all’adozione.

Lo dico anche pensando che sogno il giorno in cui io mi possa dimenticare di essere lesbica. Un giorno in cui vorrei parlare di scuola pubblica, di asili, di urbanistica e di industria sostenibile, le mie passioni.

Credo umilmente che questi siano i semi del nostro albero anche di coloro che oggi ancora non ci credono. Credo umilmente che il Paese stia avanzando, sommessamente, verso il futuro e ringrazio Matteo per l’accelerata incredibile che ha dato a questo processo portandosi appresso tutti quanti noi, Bersani compreso. Se riesce a farlo con tutti gli altri temi, abbiamo trovato la chiave politica del terzo millennio.

Io lo rifarei di votare Matteo. Lo rifarò  domenica mentre presiedo il seggio di Corviale. Mille volte.

Buone primarie a tutti, ma soprattutto buon 2013 a tutti noi.

Sette infortunati per Bersani.

L’endorsement laico e chiaro de Il Post a Matteo Renzi: “perché l’Italia attuale – quella che ha avuto bisogno della straordinarietà del governo tecnico – ha bisogno di essere resettata, altrimenti qualunque applicazione si cerchi di aprire sarà comunque lentissima e inutilizzabile. L’unico in giro che sembra sapere dov’è il tasto reset, e ha già il dito pronto, è Matteo Renzi. Salvate i documenti aperti e andate a votare.”

Per scoprire chi sono i sette infortunati leggete qui.

Renzi no. Casini sì (Primarie del PD, diario di viaggio. #5)

Cioè ma quelli che odiano tanto Matteo Renzi, che si taglierebbero le vene, non andrebbero a votare se vincesse, imbraccerebbero le armi e salirebbero sulle montagne…invece se andiamo con Casini va bene? No così, tanto per capire la schizofrenia delle ultime ore.

Casini e Vendola detestano Renzi.

Bersani prima dice che vuole le primarie aperte ora non si capisce aperte a chi.

Io direi: a chi firma un programma comune e chiaro. Se Casini non lo firma niente alleanze. Se Vendola, Renzi, Di Pietro e Bersani lo firmano si facciano tra loro. Se Casini rinuncia a Confindustria e Chiesa di cui è il cavaliere, e firma il programma, parliamone.

Ma ci vuole tanto? A me sembra tutto semplice.

Alleanze: la scelta è tra un programma laico e di sinistra o un programma clericale e confindustriale. Le sigle vengano dopo. Decidiamo quale idea di Stato, di laicità, di società. Chi ci sta firma e partecipa alle primarie. Chi non ci sta va per i fatti suoi. Si chiama maggioritario inclusivo e trasparente.

Cioè diciamo ai cittadini il programma e POI facciamo le alleanze. Sarebbe geniale, che dite?

Primarie del PD, diario di viaggio. #4

Io vi avevo avvisato che uno dei temi tra Renzi e Bersani sarebbe stato questo.

Bene Renzi, (qui trovate l’intervista intera) anche se da un under 40 mi aspetto di meglio. Mi aspetto tutto. Di sicuro, a sorpresa, meglio di Bersani. Quindi bene.

Per ora: Civil Partnership all’inglese (anche se no alle adozioni), tutela dei figli delle coppie omosessuali e una particolare differenza comunicativa. Renzi non scrive alle associazioni in occasione di date speciali o magari di aggressioni: parla direttamente ai gay italiani e li innesta in un progetto sostanziale e complessivo. Questa è una novità destabilizzante. Per me moderna.

Ovviamente non basta. E lui lo sa.

Considerando la sua provenienza e che anche Obama, oggi paladino dei matrimoni, era contrario…fa ben sperare. Stiamo a vedere.

Primarie del PD, diario di viaggio. #2

Ieri Fabio Chiusi (che vede in Renzi una specie di Bonolis-conduttore) ed oggi Gotor (biografo di Bersani sparato democraticamente in prima pagina di Repubblica) sono intervenuti sul modello comunicativo di Matteo Renzi.

A parte che secondo me Gotor ha letto Fabio Chiusi (almeno sulla parte della comunicazione e grazie ad Arianna Ciccone per avermi invitato ad aggiungere un “secondo me”), in ogni caso ci sono delle cose giuste nelle critiche che vengono sollevate a Renzi: troppo show rischia di distogliere l’attenzione dai contenuti e rischia di berlusconizzare così tanto la forma da infettare anche la sostanza.

Gotor ha ragione sul fatto che Renzi appare troppo anti-PD.

Ma non si domanda perché il PD è da sempre anti-Renzi.

Peccato, inoltre, non riuscire a vedere la trave nel modello comunicativo bersaniano, modello che io trovo totalmente fallimentare da sempre. Oppure diamo per scontato che non sappia comunicare? E troviamo giusto il non sapere comunicare? Attenzione: comunicare non è fare una bella e costosa campagna pubblicitaria. Comunicare è riuscire a raccontare cosa siamo davvero, cosa vogliamo, con maniacale coerenza e testardaggine. E’ riuscire a valorizzare tutto il PD e non solo i pezzi comodi. La comunicazione è una roba legata al prodotto. Il marketing, per chi non lo sapesse, è anche “costruire” il prodotto e fare in modo che la comunicazione abbia il giusto e corretto mandato per comunicare il prodotto. Applicato in politica: se abbiamo delle idee giuste dobbiamo comunicarle in modo coerente. Per dirne una a me cara: è inutile parlare di rifiuti e fare manifesti abusivi. E’ una forma di menzogna politica.

In ogni caso, alcune cose divengono chiare.

1) Bersani dovrà comunque rispondere ad una richiesta di rinnovamento e già pare che le deroghe al secondo mandato saranno solo 30 (che già sono troppe)

2) che lo scontro sarà durissimo e speriamo che il PD sopravviva (sempre pensando che se il PD non sopravvive il Paese ne avrebbe da soffrire, secondo me)

3) che Renzi fa paura e persino Gotor perde di lucidità quando dice che Renzi sta aspettando per capire se le regole possono farlo vincere. Più che altro sta aspettando di capire se può partecipare alle primarie senza essere espulso dal PD.

4) che Franceschini non ha ancora deciso con chi schierarsi

5) che una cosa importante nella scelta sarà anche chi andrà con chi. Nel senso che non è solo Renzi vs Bersani, ma sarà quelli con Bersani vs quelli con Renzi. Uno dei motivi per cui molti di noi sono in attesa, è questo.

Come dico da sempre le differenze le vedremo prevalentemente sulla questione lavoro e sulla questione diritti (ci saranno anche altre differenze ma è su questi due temi che ci giocheremo l’enfasi, la passione, la rabbia, il desiderio di vittoria).  Sperando che non diventi uno scontro tra gay e famiglia tradizionale o tra Fiom e Marchionne. Il PD era quello che doveva stare al di sopra e rappresentare tutti, facendo lo sforzo sovrumano di non cascare nelle vecchie logiche. Il Paese ha bisogno della Fiat? Forse no. Forse la politica potrebbe trasformarla e andare oltre. Il Paese deve restare schiavo della Chiesa? Forse ne può rielaborare il rapporto. L’importante è non inseguire il tesserato Fiom o l’imprenditore in cerca di mercati selvaggi. Oggi una giovane architetta a 300€ al mese era felice per avere avuto una proposta di contratto a tempo determinato ad 800€ al mese per due anni. Meno di quanto guadagna un operaio Fiat. Quanti sono gli operai della Fiat di cui parliamo da mesi? Quanti sono i giovani come Elisa (il nome è di fantasia)? A questo dobbiamo rispondere.

Genova e dintorni: la parola chiave non è sinistra.

Ma credibilità.

Tutti quelli che stanno leggendo il dato delle primarie genovesi come “voglia di sinistra”, non stanno afferrando il vero tema. IL PD è diviso. E in ogni caso i suoi rappresentanti hanno un vero grande problema che non ha a che fare con la sinistra intesa come “il tema lavoro”. Il PD ha un solo grande enorme gigantesco problema: la credibilità. Punto.

Leggere il dato PD in funzione delle alleanze significa compiere lo stesso errore di chi sta atrofizzando il PD.

Il PD alleato con l’UDC non è credibile perché l’UDC non è credibile. Ma, credetemi, non lo è nemmeno il PD arroccato su certe posizioni novecentesche. Il Paese ha bisogno di parole pronunciate da facce credibili. Prima lo capiamo, prima torniamo ad essere una forza politica che abbia qualche possibilità vere di governare, considerando che i sondaggi di questi mesi hanno un tasso di astensione tale da inficiarne qualsiasi lettura.