Cosa mi resta del poco che ho visto della California? Sicuramente il traffico. Queste immense autostrade in cui i californiani passano tantissime ore. Che è anche uno dei motivi per cui si sta lavorando sulla guida autonoma: invece di inventare una forma di servizio pubblico (treni veloci, tram) in queste immense città (la città metropolitana di Los Angeles conta 16 mln di abitanti) si trasforma la propria auto privata in una forma di servizio privato. Non so se mi piace. Non so se è la soluzione per la mobilità del futuro, sopratutto in Italia.
Poi la disperazione. O meglio: la distribuzione della disperazione. Città che non vogliono la disperazione. Città che la tollerano. Risultato: la disperazione si concentra nei luoghi in cui viene tollerata. Così da Beverly Hills o Rodeo Drive (la città di Los Angeles dello shopping, quella di Pretty Woman, per capirci) i barboni sono trasportati dalla polizia a Santa Monica.
Poi la globalizzazione. Impossibile trovare qualcosa che non esista anche in uno dei nostri centri commerciali.
Poi le nuove frontiere della ricerca. La raccolta dei Big Data che consentiranno di prevedere malattie, forse di prevedere la morte. Forse di posticiparla, forse di eliminarla (il che implica discussioni etiche enormi: se non si morirà più, avrà senso nascere? Che implicazioni numeriche porterà?).
E ancora: l’Africa nera. Non per il colore della pelle, ma per l’assenza di ricerche su google. L’unico continente isolato dal resto dal mondo se si escludono minuscoli puntini, pochissime città.
Poi i cartelli fuori dagli alberghi: negli stessi luoghi dove è vietato fumare, si avvisa la gentile clientela che il cibo servito può provocare il cancro, o fare male alle donne incinte. E scoprire che nella carne ci sono sostanze che in Europa sono vietate.
Questo futuro che galoppa a base di algoritmi e Big data è in buone mani? La politica è all’altezza di questo tempo? Noi siamo all’altezza di un dibattito che non è nemmeno iniziato?
(mi credete che da 4 giorni sono a Roma e il nostro traffico, la nostra dimensione mi sembra più lontana dal futuro, ma insieme più umana? Non è forse l’Europa che dovrebbe riprendere in mano la sua capacità di discernere, di discutere, di domandarsi? O davvero saremo ostaggio della discussione sulle migrazioni, mentre negli USA disegneranno un mondo nuovo e con regole non condivise?)