Il turpiloquio della coscienza e la disciplina di partito

In questo we ho imparato molte cose.

Ho imparato che non sono le idee e la coerenza a mandare avanti il mondo, per lo meno il mondo ad oggi conosciuto.

Che sono i ruoli sociali, il potere che si ha all’interno di una struttura, qualsiasi essa sia: un’associazione GLBT o un partito.

In questi giorni sto dentro un partito e cerco di essere coerente. Sembra l’operazione intellettuale più difficile del mondo, sembra una follia, lo capisco dagli occhi ironici di chi ha in tasca la sua tesserina di qualsiasi cosa.

Eppure questa mattina mi sono sentita a casa tra Marco Miccoli e Pino Battaglia candidati alla provincia di Roma per il PD.

A casa nell’abbraccio di Paolo Masini, candidato al consiglio comunale di Roma che era accanto a me nel freddo pomeriggio in cui abbiamo ricordato l’olocausto Rom e omosessuale. Accanto a me come amico e non in veste ufficiale.

Molti qui non lo capiranno. Ma ancora di più oggi, so che la battaglia si fa dentro, costruendo cultura gay friendly, intessendo umanità e prossimità.

Dobbiamo essere dove ci sono le frontiere e farle diventare più lontane.

Dobbiamo riempire il vuoto pneumatico con l’aiuto di chi comprende, anche se non la vive sulla propria pelle. Dobbiamo fare quello che fino ad ora il movimento GLBT non è stato in grado di fare: uscire dalla sua nicchia, divenire la battaglia di tutti.

Ieri sera Grillini ha aperto la sua campagna elettorale. La sua candidatura ci costringerà a contarci, anche se il movimento GLBT romano è spaccato in due per il solito teatrino del predominio (esercizio così maschile) e del business frocio, una delle poche cose che i gay sanno fare in Italia.

Eppure ieri sera non si è cercata la convergenza con le coerenze, non c’è stata l’ inclusione del coraggio dei molti (non c’ero solo io) che erano lì in aperto contrasto con il partito o con la propria associazione.

E stamattina la mia coscienza turpiloquiava.