Roma, punto numero uno: semplificare. Tutto.

Se si prende la politica sul serio e non dal verso della poltrona, il governo di una città come Roma è roba da far tremare i polsi. Se fossi il sindaco o uno qualsiasi degli assessori la prima cosa a farmi paura sarebbe quella di non riuscire ad arrivare dappertutto. Cioè a tutti.

Il campo è avverso per le condizioni al contorno, ma la squadra è buona.

Se dovessi esprimere un desiderio da appiccicare alla visione della città chiedere soprattutto una cosa: semplificare la vita della città.

Avendo avuto la fortuna di vivere in tante città di ogni dimensione possibile (Torino, Treviso, Bergamo, Zurigo per dirne alcune ) conosco la differenza tra Roma e una città vivibile. Una città vivibile è una città dove gli atti elementari sono semplici.

A Roma non è semplice fare la raccolta differenziata. Si deve rendere semplice:

1)      Sapere con precisione e facilità dove buttare le cose

2)      Possibilmente avere meno cose da differenziare. Per me che da otto mesi sto cercando di seguire il concetto di “rifiuti 0” gli imballaggi alimentari sono un problema sovrumano e quando sei stanco ti arrendi. E se ci arrendiamo in 4 milioni Malagrotta scoppia e possiamo scordarci di fare a meno di una discarica.

A Roma non è semplice pagare le multe:

1)      Ti arriva la notifica a casa (se lavori) e poi devi andare alle Poste dove ti danno un foglio per andare dai vigili a ritirare una multa che poi devi andare a pagare alle poste. Per chi è informatizzato quella multa è sul sito del comune e può essere pagata on-line, ma rendiamolo semplice a tutti, non solo ai cittadini 2.0. Evitiamo il passaggio alle Poste.

A Roma non è semplice vivere Roma:

1)      Perché i musei hanno orari improbabili

2)      Perché il centro è il luogo dei turisti e ha smesso di pensarsi parte della città

A Roma non è semplice aprire un’attività imprenditoriale.

E a Roma non è semplice muoversi, non è semplice trovare un asilo, non è semplice fare una visita medica specialistica, non è semplice nei quartieri dormitorio uscire a fare una passeggiata e trovare un punto di luce, un punto “sociale”, un attrattore umano. Non è semplice vivere il fiume, non è semplice avere tempo libero se abiti lontano dal lavoro o se a abiti in luoghi dove non sai che fartene del tempo libero. Non è semplice essere disabili, essere anziani, essere bambini.

E si potrebbe continuare all’infinito fino a scrivere un programma politico intero e non è questa la sede. Insomma se dovessi chiedere a Marino e ai suoi assessori su cosa lavorare prioritariamente, se dovessi scegliere quale ingrediente primario mettere nella torta dei prossimi cinque anni per farla lievitare direi proprio questo: semplificare. Semplificare tutto come un’ossessione. Semplificare, semplificare, semplificare. Regalare tempo e semplicità ai romani per rendere la loro vita migliore. Ecco quello che, semplicemente, mi aspetto da un sindaco.

Gli F35 non sono elicotteri.

Bisognerà chiarirlo a Francesco Boccia, presidente della commissione Bilancio:

f35

Ora lui è capitato malissimo a rispondere a me che ho una laurea in meccanica – ibrida aerospaziale – ma ritengo gravissimo che un presidente di commissione parlamentare, nonché parlamentare della repubblica, non distingua un caccia da un elicottero e che non sappia nemmeno che al massimo la tecnologia degli aerei da guerra ha applicazioni civili nelle turbine per produzione di energia elettrica. Qualcuno comunque gli spieghi la differenza tra un elicottero e un caccia.

L’unico ragionamento accettabile è questo, fermo restando che gli F35 sono aerei da caccia e non elicotteri salva vita, come dice Boccia, quindi la scelta è e deve essere  anche politica oltre che economica.

Gli F35 al congresso del PD

Che non significa che sara’ una guerra: quello e’ certo, come ad ogni congresso.

Mi riferisco alle parole di Francesco Boccia, ministro vicinissimo a D’Alema prima a Letta ora, che dice di non vedere l’ora di andare a congresso anche per misurare la posizione sugli F35 internamente al partito. Lo dice affermando che in realta’ gli F35 sono frutto di eccellenza tecnologica italiana e quindi chi non e’ a favore del

Contrariamente a molti altri temi su cui anche secondo me una certa parte della sinistra non e’ entrata nel terzo millennio, la questione degli F35 si colloca esattamente dall’altra parte: cioe’ che secondo me un Partito socialdemocratico del terzo millennio che non pensa a come convertire quell’eccellenza tecnologica in ricchezza diffusa e indirizzata verso obiettivi diversi (acquistare F35 per sostenere quel ramo industriale significa augurarsi che ci siano guerre e magari favorirle a meno che qualcuno non mi spieghi come usarli altrimenti) e’ un partito ancora vecchio e piantato nel XX secolo.

Mandare avanti il programma degli F35 piu’ che prova di lungimiranza tecnologica mi appare, oggi, come il segno di un rattrapimento delle speranze, come un’enorme mancanza di visione che si ferma alla toppa e non si inventa uno scenario nuovo dal punto di vista dell’eccellenza produttiva.

Democrazia del Terzo Millennio (sull’intervista di Casaleggio)

Leggo l’intervista a Casaleggio sulla democrazia fatta da una bravissima e puntuale Serena Danna,  in cui il guru del Movimento 5 Stelle profetizza su cosa diventerà la democrazia e come lo diventerà.

Vale la pena di leggerla tutta con attenzione e fino in fondo (è molto lunga) e di studiare molto le dinamiche della rete: le applicazioni di direct marketing, di profilazione , di rischi e opportunità della rete sono le stesse che usano le aziende come i candidati alle elezioni e la letteratura è immensa.

La mia impressione è che Casaleggio si sia innamorato della sua idea tanto da non vederne i limiti e soprattutto i rischi. Nel libro di Annamaria Testa “La Trama Lucente” , per l’esattezza nel paragrafo “Dalla creatività all’innovazione” c’è una bellissima riflessione sugli effetti della rete sulla conoscenza: “più veloci non significa più bravi….la rapidità spesso coincide con l’approssimazione.” Secondo lo scrittore Nicholas Carr l’uso intensivo del web diminuisce la capacità di concentrarsi e di praticare il deep reading. In sostanza ci illudiamo di sapere tutto, ma non sappiamo nulla e la quantità di informazioni (sociali, di prodotto, politiche) a cui possiamo accedere ci illude di potere comprendere qualsiasi cosa solo per la sua accessibilità, mentre non è affatto così.

Quello che non vede Casaleggio (oppure lo vede benissimo) è il rischio di una superficialità collettiva che possa venire manipolata molto meglio che nelle dittature tradizionali tipiche del XX secolo, che si fondavano sulla propaganda e la censura o meglio che nelle democrazie incomplete, dove la propaganda e la censura vengono sostituite dal parziale controllo dei media da parte dei poteri forti.

Il classico leggendario esempio d’esordio della democrazia diretta – senza voler essere banali – può essere fatto risalire al famoso voto “secco” tra Barabba e Gesù dove la “conoscenza” personale risultò essere superiore a quella formale. Classico esempio applicabile anche alla rete dove lo “sharing” e dove la velocità, consente velocissime gogne mediatiche o incoronazioni improbabili.

Insomma non mi innamorerei così tanto della morte dei partiti e della democrazia diretta, ma cercherei quel punto di mezzo tra un uso sano della rete che lasci all’azione individuale la totale libertà insita nella rete e un uso politico fondato sulla rappresentatività trasparente dove la delega all’eletto sia profonda e duratura, ma sia valutata da continui feedback. Continuo a pensare che tutti non possono occuparsi di tutto e sapere di tutto e che pretenderlo significa in realtà creare un tessuto sociale ed elettivo – nel modello Casaleggio – debole e manipolabile. Una collettività consapevole che possa realmente “giudicare” l’eletto (ed anche la forma di legge elettorale è importante) ma possa anche accettarne gli sbagli se contestualizzati in cose prima della delega non immaginabili (a questo serve la delega).

Insomma alla fine, per farla breve, ci vuole una via di mezzo tra il partito del XX secolo ormai inadatto a rappresentare la società e il partito “rete” troppo superficiale e veloce per trovare soluzioni complesse all’esistenza umana attuale.