Grillo è all’asintoto.

Grillo, come si direbbe in matematica, ha raggiunto il suo asintoto ed ora con la stessa rapidità e foga con cui ci è arrivato sta cominciando la sua discesa rovinando anche il “buono” contenuto nelle sue istanze. Caro PD, caro centro-sinistra, hai la porta vuota e la possibilità di calciare il rigore al 90°. Non devi avere paura di calciare quel rigore. Devi raccogliere quelle istanze, quella rabbia, quella astensione e farla diventare azione politica profonda: ricambio, trasparenza, isolamento delle mele marce, entusiasmo, orizzontalità delle decisioni.

Roma sia casa per tutti.

La facciamo diventare migliore questa città, Ignazio Marino? Aiutiamo la città ad essere diversa, ad essere accogliente a capire, a non condannare per una semplice diversità, condanna che poi diventa di morte davanti all’estrema fragilità degli adolescenti. Lo dobbiamo a tutti: vecchi bambini donne gay cattolici mussulmani atei a tutti. Abbiamo bisogno di una città che sia casa per tutti e dove nessuno mai più si lanci nel vuoto per riempire un vuoto interiore.

La destra romana che parla solo di gay.

Ho appena assistito ad un surreale dibattito su una rete locale. Voglio ringraziare Estella Marino che tentava tra le interruzioni e la demagogia di parlare di rifiuti e di asili nido mentre i due consiglieri eletti di Alemanno continuavano a parlare di gay e di transgender. Questa destra barbara romana è ossessionata dai gay, vede solo gay, parla solo di gay…siete voi che siete fissati: noi abbiamo il giusto equilibrio. Giusto, appunto. I romani hanno bisogno di parlare di Roma, non SOLO di gay come fate voi che non avete altri argomenti. Hanno bisogno di sapere che con i soldi che vi siete spesi in consulenze avremmo aperto asili nido anche a Milano perché avanzavano. Hanno bisogno di sapere che con i soldi che avete sprecato avremmo tappato buche, acceso lampioni, costruito ciclabili e aiutato aziende. Grazie ad Estella che ha liquidato il tema dicendo che le coppie di fatto e le famiglie di gay con figli a Roma hanno gli stessi diritti degli altri tentando di andare oltre. Non si cavalca la demagogia fascista, si spiega alla città e si parla di cose pratiche.

Mandiamo a casa questi barbari.

Roma: quel silenzio assordante dopo la rabbia, panorama politico post-atomico.

Un romano su due non ha votato. Non ha votato per il suo sindaco, per la figura istituzionale che – in teoria – dovrebbe essere il suo rappresentante più prossimo, più vicino alla vita quotidiana. Se pensiamo ad Argan, a Petroselli, ma persino al primo Rutelli o a Veltroni sembra una voragine questa mancanza. Un’assenza che racconta il distacco della città, la sua indolenza, quel modo felino di arrangiarsi che abbiamo noi romani come se la vita fosse una strada piena di buche mandate a memoria da evitare col sorriso e un’imprecazione da far ridere tutti.

Quel modo di essere romani che è Totti legato alla maglia per tutta la vita e che ci ha messo quella vita per intero a capire che bisogna rispettare le regole perché non si reagisce quando si pigliano i calci e gli insulti altrimenti si passa dalla parte del torto.

Quel modo che abbiamo tutti che attraversiamo la strada appena si può che non c’è tempo di cercare le strisce anche perché quasi sempre non si trovano mai, cancellate dal sole e dall’usura e mai troppo in tempo ridisegnate sull’asfalto. Quel modo di essere un po’ arroganti, un po’ prepotenti un po’ “nun me guardà, oggi nun’è giornata”.

E’ difficile raccontare Roma. E’ diventata un millefoglie di umanità complesse, di attitudini border-line tra il vivere e il sopravvivere, di file di migranti che dormono lungo tutta la parete della Stazione Termini che ti manca il fiato quando ci passi e di strade collassate dove sfondare i cerchi delle macchine e dei motorini e di strade buie e di pianerottoli dove mandarsi a fanculo per una perdita d’acqua e di avvocati dei Parioli con la Smart alle prese coi divorzi, anche del proprio volendo e di feste sui terrazzi noiose a dirsi ciao come stai quanto tempo che la città è enorme e piccola allo stesso tempo. E non bastano queste 3 pennellate, non basta mai nulla per descrivere Roma. Provi ad afferrarla fuori dallo Stadio e ti sfugge: ci sono tutti. Così in Chiesa così nei locali. Si prende gioco di te. E a proposito di gioco in ogni quartiere si aprono tunnel, come tane di talpe, buchi con vetrine blindate dove pezzi di città spariscono per riapparire altrove. Violenta, lenta, aggressiva e piaciona. Niente, tanto non basta. Chiunque ci provi a raccontarla senza scadere in un cliché limitato e retorico ci fa la figura dello scemo. Dovresti prendere una macchina fotografica e stare zitto. E usarla ogni giorno a tutte le ore e tutto l’anno. Poi forse riusciresti a fare vedere qualcosa di Roma senza sembrare uno scemo.

A Roma c’è un pezzo che alle ultime politiche ha votato Grillo. Un botto di gente. E questa volta invece non è andata a votare. Un silenzio più assordante delle grida di rabbia di febbraio. Un silenzio che racconta il desiderio di una politica che sia cambiamento ma non distruzione. Una lezione per tutti. L’astinenza è il grido della democrazia, molto più del voto di protesta a liste appena nate, ancora incognite nella fattibilità dei loro stessi intenti. Ma quel silenzio, dopo soli 3 mesi, è un segno evidente di intelligenza. Ci sono due cose dentro, al di là di tutto.

Una che punisce tutti. E quindi, al contrario di ciò che dice Epifani, punisce il governo in carica, non lo premia e approva manco per niente. Facciamo che i dirigenti PD restano in silenzio fino alle 15:01 del 10 giugno. Dai facciamo questo gioco. Per favore.

L’altra è la punizione per chi aveva le carte per isolare Berlusconi e questa destra sguaiata e invece si è astenuto da quel ruolo, pestando i piedi e rifiutando il ruolo di attore di una prova inedita. Il M5S avrebbe potuto governare con il PD, sfidare il PD e guidare alcuni processi. Se avesse avuto la maturità per farlo. Non l’ha avuta.

Non si fa. Direbbe Pasquino: se te ce mando, fai qualcosa.

E così quel silenzio è una grande occasione per la politica del dopo. Quella del the day after quella a cui toccherà ripartire dalle macerie lasciate da un grande grido seguito da un grande silenzio. Sembra il panorama postatomico di un cartone animato giapponese questo risultato emerso dalle urne.

C’è un pezzo di Roma che parla a nome del resto del Paese che dice: forte cambiamento, ma non dice distruzione. Per favore decodificare il messaggio. Per favore provvedere in fretta.

Nel frattempo per favore salvare Roma. Stop.

Andate a votare.

Andate a votare. E pensate a cosa è stata la città in questi 5 anni. Pensate anche a come era prima anche con tutte le cose da fare meglio. Pensate a come potrebbe essere dalle piccole cose alle più grandi: dai marciapiedi puliti fino ad un’urbanistica più coerente ed umana che parli di abitare e non di costruire. Pensate ad una città aperta contro questa, figlia dell’arroganza, brutale che pure è Roma, ma può essere placata con il buon governo e non alimentata con la noncuranza. E pensate che il voto di protesta non serve al comune. Anzi, rischia di fare solo danno (nel senso di AleDanno). Votate Ignazio Marino sindaco e mettete una croce sulla scheda azzurra sul simbolo del PD e scrivete Estella Marino (No!, non sono parenti). Quando si possono esprimere le preferenze e scegliere le persone si può anche migliorare i partiti e il PD (cioè la città, cioé l’Italia) ha bisogno come il pane dei suoi migliori che sono tanti questa volta e sapete che se non lo pensassi NON lo direi.

Dedicato a chi restringe l’omofobia alla violenza.

Ho deciso che oggi respingo al mittente tutte le belle parole sull’omofobia che restringono la questione a casi di violenza (ho detto restringono, occhio). Io so che l’unico modo per combattere l’omofobia non è niente altro che fare leggi che ci rendano uguali agli altri. Il resto sono solo parole vuote e ipocrite. Se volete fare stare meglio gay e lesbiche in Italia sbrigatevi ad estendere il matrimonio civile. Vedrete che sempre meno adolescenti verranno pestati a scuola, le due cose sono la faccia della stessa medaglia ed hanno a che fare con la cultura dell’uguaglianza.

Così come se si vuole combattere la transfobia tocca trovare un sistema per integrare a pieno nella società le persone transessuali e consentire loro di accedere alla propria vera identità, senza traumi, senza spese e senza discriminazione.

Alemanno al Colosseo (ehm)

Dice che Alemanno in spregio al protocollo da lui stesso firmato chiuderà la campagna elettorale al Colosseo. Confesso che mi vengono in mente tantissime cose truculente e molto antiche. Ma mi conterrò per correttezza istituzionale. Mi basta sapere che è l’ultima volta che questo piccolo uomo che ha infestato le aziende pubbliche di parenti, che marcia con Militia Christi e che ha ridotto Roma in uno stato di sporcizia e abbandono potrà abusare così della città nel suo cuore più bello. Daje, che è finita.

La Mutua della Casta

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Libero si scaglia contro la Camera che estende (con una scelta storica) i diritti alle coppie gay. Diritti che fino a ieri erano di tutti, non solo delle coppie sposate, ma anche delle coppie conviventi (vedere alla voce del cattolicissimo Casini pluridivorziato, per dire). Quindi questa non è la “mutua” gay, al massimo è la “mutua” dei parlamentari che oggi non discrimina più i gay. Ora la mia proposta è che tutto ciò che hanno i parlamentari lo abbiano anche i cittadini. Oppure via anche i diritti ai parlamentari. Ed Ivan Scalfarotto farà esattamente così con quel pezzo di carta:  O per tutti, o per nessuno.