18 giugno 2008. Ore 19:06

#2 è diventato carta.

Fagocitato al mondo al ritmo di un foglio al secondo, da una stampante ultratecnologica del MailBox sottocasa.

285 pagine e una rilegatura a spirale di quelle che sanno di università, di Chiostro, di esami finiti alle dieci di sera.

Ora riposa nella bow-window, sullo scrittoio dove si concentrano tutte le cose importanti che ho qui, baciato da questo primo sole estivo, dai suoi 3cm di spessore, per qualche minuto, nel tragitto, l’ho tenuto sotto braccio come una baguette e tutto di nuovo sembrava Parigi.

I tre titoli stanno lì a guardarmi, sono belli tutti e 3.

Adesso ho la borsa piena di matite, un temperino e una gomma. E’ la parte più difficile, la parte che non riesco mai a fare. Rileggere le cose che ho scritto di fila, come se non le avessi scritte io, senza passare da un punto all’altro in cerca di un filo diverso.

Leggere. Semplicemente, dopo averlo scritto, leggerlo. Credo di non averlo mai fatto nemmeno con Quattro. Io non ho mai letto il mio libro dall’inizio alla fine.

In queste situazioni benedirei un editor cinico e perfido che avesse voglia di farlo al posto mio.

Adesso comincia l’elaborazione del lutto. E lo farò verso nord.