Non ci sono più i moderati

La carta di intenti presentata oggi da Bersani parla di patto tra democratici e progressisti.

Quindi i progressisti non sono democratici?

E chi sono i progressisti? Lo chiedo perché se i moderati che per me erano estremisti sono diventati democratici, allora anche la parola progressisti potrebbe assumere altri significati. Sono quelli che vogliono il progresso? Di cosa? Dei diritti? Della tecnologia? Del siderurgico?

E i moderati che fine hanno fatto? E in ogni caso che voleva dire moderati?

E democratici, non dovremmo essere tutti?

Insomma ma davvero pensiamo che cambiando democratici con moderati potremo digerire l’alleanza con l’UDC?

Non e’ che bastano due paroline sulle unioni civili per convincerci. E l’acqua? E il nucleare? E Cuffaro? E quelli del sudpontino?

L’assessore ossessionato dai gay.

Ecco la qualità degli assessori romani.
Questo è Gianluigi De Palo assessore alla famiglia e alle politiche sociali che quasi ogni giorno si alza e chiede a Nicola Zingaretti cosa pensa del registro delle Coppie di Fatto (e sarebbe finalmente il caso di dirgli che la nostra Roma avrà quel Registro e chiudere la questione).
Ecco come risponde a me e a Salvatore Marra, della CGIL, che lo interroghiamo se una famiglia di due donne con 3 figli non è anche lei famiglia e quindi degna di essere politicamente considerata.
In sostanza non risponde e la butta sul sesso andando completamente fuori tema come se essere lesbica significasse essere solo un oggetto sessuale e non un possibile attore sociale con o senza figli.


La felicità misurata alla fermata della metro.

“Si chiama Lives on the line ed è una mappa delle linee della metropolitana che racconta Londra con due statistiche fondamentali: l’aspettativa di vita e la povertà infantile (l’indice IDACI – Income Deprivation Affecting Children Index). Confrontando i due indici si ha un quadro di come, senza i margini per una aspirazione all’ascesa sociale, le sorti dei bambini che vivono nelle zone più povere di Londra potrebbero essere già segnate.”

Ne parla Andrea Cardone, qui.

Il nuovo partito, i miei dubbi.

L’ho letto in anteprima il manifesto per un nuovo soggetto politico che oggi è pubblicato sulle prime pagine dei maggiori quotidiani.

Ci sono delle cose che non mi convincono: i due perni sono l’economia e le riforme istituzionali. Insomma quasi un Monti2 non dichiarato.

Manca, a mio modesto ed umile avviso, il collante, l’anima.

Lo sviluppo e l’umanesimo.

Insomma mi sembra un manifesto tecnico, troppo liberista (e oltretutto in perfetto contrasto con gli esiti referendari, come se la volontà popolare fosse liquidata come “immatura” e “inconsapevole”), poco emozionante. Poco umano. Insomma quando Sabina Guzzanti robotizzava Monti, nella sua genialità, forse ci aveva azzeccato.

Ah, a proposito. Nemmeno una parola sulla laicità, quella roba che gira intorno almeno a due punti fondamentali: la sanità e i diritti delle persone. Insomma a vedere ieri l’apertura delle Olimpiadi londinesi dove si celebrava il servizio sanitario nazionale e qui gli ospedali sono infestati di congregazioni religiose che ammazzano il merito e non consentono il vero libero accesso alle cure, beh…questo manifesto sembra già vecchio. Preferisco le riflessioni di David Milliband, pure liberali, ma con un disegno della società dentro.

E ah, a proposito. I promotori sono tutti maschi. A proposito di novità.

Due parole sull’Ilva: il nodo del millennio.

La mia amica giornalista Stefania Divertito che da anni fa inchieste ambientali (le più note sull’amianto e sugli effetti dell’uranio impoverito sui nostri militari) oggi si è giustamente incazzata su chi vede nel sequestro dell’ILVA, uno stabilimento siderurgico a Taranto che dà lavoro a migliaia di persone.

La questione Ilva ci mette davanti al problema vero di questo secolo legato al lavoro e all’ambiente che investe moltissima parte del comparto industriale italiano: dall’auto alla carpenteria pesante, dalla siderurgia al petrolchimico.

Quale sviluppo?

Come riconvertire?

Come decrescere senza passare per la povertà?

Ha senso rivendicare il lavoro in settori industriali saturi, inquinanti e in via di estinzione? Ha senso guardare quell’angolo e non vedere il panorama? La politica crede di cavarsela elettoralmente stando vicino oggi a quei lavoratori o ritiene giusto pensare piuttosto (avrebbe dovuto farlo prima…) a dove andare industrialmente. E come. E se andarci.

 

Il giornalismo e la politica.

Vengo via dalla Festa democratica di Roma dopo avere ascoltato un comizio sul palco. Era il comizio di uno con i baffi che parlava in piedi e teneva dietro di se delle persone sedute e zitte, come fossero la scenografia del suo show.

Le copriva con il corpo durante il suo monologo con la folla.

Un monologo che batteva i grandi temi del nostro tempo (lievissima ironia tra le parole, sentitela nella sua leggerezza): i gay, la Fiom.

E le sue dinamiche: il PD, Marchionne.

E qui mi fermo che ho un palese conflitto di interessi ovunque io provi a pormi. Chiedo sempre e solo a tutti: studiate, maledizione studiate, andate oltre ai pregiudizi. La verità non quella roba masticata e digeribile per i cervelli atrofizzati italiani. E’ sempre molto più dannatamente complessa.

Insomma Telese fa quasi 50 minuti di monologo e tralasciamo che sfotte anche molto il PD da un palco del PD, in fondo stiamo dimostrando che i nostri luoghi sono accessibili a tutti e va bene così. Certo, fossimo più democratici negli organi di partito dove si decide e meno nelle feste sarebbe una gran bella roba per tutti, in primis per la politica. Il comizio, comunque, è una roba che non concediamo più nemmeno a D’Alema e Veltroni costretti a confrontarsi con le domande di giornalisti che ogni anno dobbiamo scegliere sempre più “coraggiosi” altrimenti il pubblico contesta sia il politico che il giornalista asservito (come accaduto l’anno scorso al povero Giannini che intervista D’Alema)

Insomma c’è tanta voglia di partecipare. Di spezzare il rapporto di sudditanza tra chi parla e chi ascolta. Mi sembrava anche la premessa della nascita del giornale Pubblico, di Luca Telese.

Un Luca Telese che stasera nella posa sembrava esattamente il modello politico e imprenditoriale che lui stesso contesta. Istrionico, solitario, divino. Altro che Pubblico, nome del suo giornale, direi Privato. Almeno in quel tempo che l’ho sentito (mi piace cambiare idea).

La narrazione vendoliana incarnata nel giornalismo, trasformata in comizio politico monocorde.

Luca Telese è una star TV, si è recentemente separato dal Fatto Quotidiano, giornale nato dalla diaspora dell’Unità del dopo Concita De Gregorio e che io continuo a rimpiangere.

Quel giornale, il Fatto Quotidiano, costruito sull’anti tutto. Anti Berlusconi. Anti Pd. Ad ogni costo. Leggendolo mi è sempre sembrato filo Grillo e Di Pietro. Ora non so chi ha scelto, comunque un po’ di destra, populista, giustizialista.

Giornale (il Fatto Quotidiano) che – per chiudere il discorso “giornalismo e politica” – qualche giorno fa ha sbattuto su carta la foto di Bersani con una bella ragazza vestita molto femminile. Una foto fatta alla Festa Democratica di Roma, sempre lì, perché tutto gira intorno a Roma. Le notizie si raccolgono a Roma, sotto l’ufficio. Foto, notizia e via, aperitivo in terrazza.

La didascalia diceva: Forza Gnocca. Dopo Berlusconi e la Minetti anche Bersani si accompagna con le belle donne. O giù di lì, appena la trovo ve la faccio vedere.

Quella donna è la responsabile dell’organizzazione del PD Roma, Micaela Campana. Ha un nome e un cognome oltre che due tette e bastava andare oltre il pregiudizio (degno de Il Giornale o di Libero), fare una telefonata, una seplice misera giornalistica telefonata, per sapere chi era quella bella ragazza che nel suo ruolo accompagnava Bersani. Micaela è così. Con grande scandalo del mondo politico molto maschile si veste da femmina anche quando deve gestire casse d’acqua, pacchi di pasta o montare una festa come quella del PD Roma o partecipare ad una direzione di partito. Un brutto vizio il suo, imperdonabile: se sei bella e femminile sei subito zoccola.  Micaela oggi ha chiesto 500 mila euro di danni al Fatto Quotidiano che, se vince, darà ai terremotati emiliani. Così come un’altra dirigente del PD Roma che è cresciuta con me è considerata da alcuni la mia segreta fidanzata. No, non ho mai avuto una relazione con Estella Marino. Lei non è lesbica anche se passa molto tempo con me. E’ come se fosse mia sorella, anzi lo è.

Scusate lo sfogo notturno. Faccio politica e accetto qualsiasi cosa arrivi dai giornali. Mai, mi vedrete pronunciare parole di censura. L’informazione è il perno fondante della democrazia sana. Quello che distingue una democrazia sudditale da una democrazia partecipata. La satira è sacra. La libertà di opinione anche.

Ma teniamo gli ambiti distinti. Fai il giornalista? Fallo bene. Racconta le cose bene. Non fare comizi. Non fare un mestiere che non è tuo. Vai a fondo. Ascolta e racconta.

Fai politica? Fai il tuo dovere. Ascolta e trasforma.

E ai giornalisti dico: massacrate le donne sulla loro onestà, sulla loro coerenza. E non sulle nostre tette, tanto per dire.

La verità è che in questo Paese manca la professionalità e l’orgoglio del mestiere. E non solo in questi due campi.

La Chiesa “Commerciale”

Scrive Marco Ciarafoni degli ecologisti democratici (a cui fa eco Michele Cardulli  che parla di “Piano Chiese”)

“In pratica agli Enti religiosi sarebbe garantita la possibilità di costruire una quantità di metri cubi ad uso residenziale, commerciale, direzionale, turistico o per servizi pari all’ampliamento o alla costruzione di edifici di culto. Il costo delle nuove chiese, per esempio, potrebbe essere pagato, con gli oneri concessori dovuti dai ‘palazzinari’ per la costruzione di un centro commerciale o di un mega albergo”. 

Insomma tale Ciocchetti (UDC) emendando il Piano Casa Polverini ha stabilito che in deroga al Piano Casa i parroci possono costruire qualsiasi cosa. Basta che accanto ci sia una Chiesa. Insomma anche un centro commerciale, magari con Cappella di culto annessa.

Incredibile la risposta di Ciocchetti: “Da sempre la realizzazione dei luoghi di culto è finanziata da leggi nazionali e regionali e dall’8% delle somme riscosse dai comuni per oneri di urbanizzazioni secondarie – dichiara – Visto che non ci sono più soldi, abbiamo pensato di agevolare in questo modo gli enti religiosi. È una scelta politica”

La domanda è: servono altre Chiese? (la domanda non è polemica, c’è questa esigenza?)

Tanto per dirla tutta, ricordo che il nostro consigliere Astorre (uno dei più votati con 22 mila preferenze) aveva tappezzato Roma e provincia con manifesti in cui raccontava di avere fatto approvare non so quanti tantissimi euro in edilizia per luoghi di culto.

Insomma.

Ma noi con l’UDC proprio dobbiamo andarci? A parte le questioni sui diritti civili (facciamo finta per un attimo che non siano importanti), noi vogliamo davvero andare con un partito che trova il modo migliore per versare ancora cemento? Che voleva il nucleare? Che voleva e vuole privatizzare l’acqua? Cosa abbiamo a che fare con loro?