Vorrei ricordare a Fassina.

Vorrei ricordare a Fassina e a tutti quelli con le mani nei capelli da ieri che la parola Inciucio ha la seguente storia (Da Wikipedia): “Il termine è entrato nel gergo della politica italiana in seguito all’uso errato che ne fece il giornalista Mino Fuccillo, in un’intervista a Massimo D’Alema per il quotidiano la Repubblica, il 28 ottobre 1995. Da allora, “inciucio” è divenuto un termine comune per riferirsi a un accordo informale fra forze politiche di ideologie contrapposte che mette in atto un do ut des o addirittura una vera e propria spartizione del potere. Nel caso italiano, un tacito patto di non-belligeranza sarebbe stato stipulato, secondo alcuni giornalisti, tra Massimo D’Alema, presidente dei Democratici di Sinistra, allora ancora segretario, e Silvio Berlusconi, durante una cena a casa di Gianni Letta, il cosiddetto patto della crostata (in riferimento al dolce preparato per quell’occasione dalla signora Letta).” Io mi sono sempre vergognata di questo (quando lo ho saputo) e non mi vergogno delle cose fatte alla luce del sole, anticipate, raccontate e commentate in diretta da tutti. Matteo Renzi si è preso una responsabilità. Commentiamo il modello della legge elettorale, non il resto. E non mi dite che Berlusconi oggi è un condannato visto che sono venti anni che sappiamo che è inquisito e la condanna è stata solo ritardata da leggi ad personam favorite dall’inciucio. Appunto.

Riflessione sulla legge elettorale: l’ultima battaglia della Guerra Fredda.

C’è anche questo sulla questione “legge elettorale”, l’ultima pallottola da giocare per chiudere la partita della Guerra Fredda, per archiviare il secolo delle ideologie. O per prendersi il buono, come io penso si debba fare.

Proporzionale o Maggioritario?

Il primo garantisce la massima rappresentatività, è stato fortemente voluto dai partiti di massa nati verso la fine dell’ottocento in Europa. La data di applicazione risale al 1900, in Belgio. Nel cuore dell’Europa, alla nascita dell’ultimo secolo del millennio passato.

Il secondo è più antico, veniva usato in Grecia e fin dal Seicento nel mondo anglosassone che ancora lo usa, vedere alla voce UK e USA e garantisce la governabilità.

Così la diatriba non è solo quella (sintetizzando) tra Orfini e Renzi, ma è quella tra due modi di intendere la democrazia: uno che vuole fotografare il Paese per quanto politicamente frammentato e poi lasciare all’arte della politica gli accordi di Governo, un altro che tende a polarizzare la dialettica nelle urne. In sostanza due sistemi che nel secolo scorso rappresentavano i due blocchi contrapposti della Guerra Fredda: le democrazie anglosassoni e le democrazie europee dove c’erano fortissimi partiti comunisti, legati al PCUS di matrice stalinista (non entriamo nel merito del monopartitismo che è meglio).

Qualcuno potrebbe dire che il proporzionale è più democratico. 

Lo è senza il premio di maggioranza, altrimenti subisce comunque una “deviazione” dalla fotografia del Paese. E senza premio di maggioranza, in contesto frammentato e post ideologico, determina instabilità e quella dinamica inciucista post elettorale che ha ben poco a che fare con la democrazia dove le “ali” o comunque i piccoli determinano troppo potere sui partiti che hanno più rappresentanza. In sostanza la dittatura delle minoranze.

Il maggioritario, invece, taglia fuori dei pezzi. 

E’ vero. Qualcuno potrebbe dire che elimina dal panorama politico le “ali” estreme, io faccio sempre l’esempio del Labour che contiene liberali e trotskisti. Certo UK è anche il Paese (anche per storia democratica, avendo ottenuto la Magna Charta in pieno Medioevo e forse emancipandosi dal potere della Chiesa facendosene una) dove il Partito Comunista non è mai divenuto  (come in Francia ed in Italia) partito di massa. Forse anche grazie o per colpa (a seconda dei punti di vista) del sistema elettorale “genetico” britannico. Senza addentrarsi nel merito che i trotskisti nel Labour erano fortissimi e i partiti comunisti erano di matrice stalinista come nei paesi mediterranei e già quella è stata una bella vittoria del Labour che noi ci abbiamo messo fino al 1989 a comprendere.

Come è noto sostengo da sempre che per me il PD deve essere anche il “luogo di residenza politica” (non di positalità elettorale) dove i partiti minori “confinanti”, quelli cioè che in caso di sistema proporzionale sarebbero i primi ad essere consultati (e lasciamo stare che gli ultimi due governi hanno snaturato anche questo principio grazie anche all’incapacità politica del M5S), possono confluire per costruire quell’attitudine al governo in modo genetico e non come inciucio. In modo trasparente insomma e non dopo il voto (cosa che snatura subito il principio proporzionale).

Le preferenze.

Sono assolutamente contraria alle preferenze e modificherei anche la legge elettorale regionale. Troppi soldi spesi per le campagne elettorali, troppa corruzione indotta da quella dinamica e troppo potere ai singoli eletti invece che al collettivo politico. Secondo voi perché in ogni regione sta esplodendo lo scandalo dei fondi regionali? Secondo voi perché ci sono milioni di euro (chiamati marchette nei Comuni e nelle Regioni) che si distribuiscono a pioggia su cselta dei singoli consiglieri su centinaia di progettini e associazioni improbabili di cui nessuno controlla il lavoro? Però è vero che le liste bloccate di nominati sono una cosa terribile ed odiosa che innesca spesso dinamiche di obbedienza al capo e rischio di esclusione se uno è troppo libero. Cosa si può fare per trovare un giusto equilibrio tra queste due “devianze” democratiche? Faccio poi notare a tutti che la preferenza NON è obbligatoria. La maggior parte degli elettori usa ancora mettere una X sul partito e a fidarsi (quindi gli elettori per assurdo usano un sistema mentale proporzionale senza preferenze), non sapendo che con quel voto votano a metà.  

Una legge sui partiti. 

Diceva James Bryce nel 1921: “Nessun grande paese libero è stato senza di essi. Nessuno ha mostrato come un governo rappresentativo possa operare senza di essi. Essi creano l’ordine dal caos di una moltitudine di elettori”. La Germania ne ha una dal 1949. Il Portogallo dal 1979. La Spagna dal 2002. In Italia il primo a proporla è stato Luigi Sturzo, l’ultimo Veltroni, passando persino per Sposetti. A me pare importante aprire un discussione sull’articolo 49 della Costituzione e sul come regolamentare la democrazia interna per la selezione dei candidati e la vita interna al partito. Ha a che fare anche con il finanziamento ai partiti, pur regolamentato sotto forma di un X per 1000 sulla dichiarazione dei redditi. Ha a che fare anche con le Fondazioni che si sono appropriate indebitamente (a mio avviso) del patrimonio di partiti scomparsi, una cosa che trovo folle visto che quel patrimonio è frutto di: contributi di stipendi parlamentari (quindi soldi comunque della collettività), contributi dei militanti (che a maggioranza hanno votato nel caso del PD di confluire nel PD). A mio avviso se esistesse una legge seria sui partiti, non esisterebbero oggi le fondazioni di ex DS ed ex DC.

Collegi Uninominali o Liste corte. 

Concordo con chi dice che le liste uninominali sono la più corta delle liste bloccate. E’ vero. Però sono il sistema migliore per costringere i partiti a selezionare il migliore o i migliori (in caso di lista corta, meglio se cortissima in caso) che devono sfidarsi con l’altro candidato o l’altra lista e rendono più difficile buttare dentro gente impresentabile o con scarso rapporto con il territorio. Ogni territorio tenderà a scegliere il candidato o i candidati che possono vincere, considerando che tutto il territorio deve esprimere la preferenza e non solo, come accade oggi, quei pochi che sanno che si può esprimere la preferenza. Si potrebbe, in caso di listino corto, usare il sistema irlandese o australiano che esprime una classifica di preferenze (obbligatoria però, come alla fine è il voto nei collegi uninominali). Il che costringe i partiti a sceglierlo davvero bene il candidato e che solo in feudi (ormai in via di estinzione) consolidati e sicuri può ancora vincere anche se gode di scarso appeal. Comunque in un sistema tripolare come il nostro e lontani dallo schema ideologico, anche il collegio uninominale mette in pericolo chiunque non sia davvero potabile.

Un P.S. sulle Elezioni Europee. Quanti di voi sanno che ogni Paese ha la sua legge elettorale e che per esempio Francia, Spagna e Germania – per dirne alcuni – non hanno le preferenze?