Roma: primarie III e VIII municipio

Sabato 28 marzo in due municipi (perché il M5S romano non è stato in grado di reggere alla prova di governo) si terranno le primarie del centro sinistra. In Municipio VIII primarie di consacrazione per Enzo Foschi che di una generazione di consiglieri regionali è (praticamente) l’unico che si è fatto veramente da parte un giro (mi vuoi bene così come sono vero Enzo?) e adesso riparte dal suo territorio. E in III municipio dove invece saranno molto combattute (io spero in modo duro ma trasparente fino in fondo) tra Paola Ilari e Giovanni Caudo. Se fossi del III municipio voterei per Caudo per una serie di motivi: 1) perché per me rappresenta un momento di rappacificazione con la città dopo la grande idiozia di fare cadere il proprio sindaco dal notaio e sacrificare con lui un’intera e nuova classe dirigente che aveva cominciato a gettare le basi di un profondo cambiamento (che governare una città NON è solo un sindaco, sopratutto Roma!). Quell’atto ha determinato la sconfitta su Roma, ma secondo molti è stata il simbolo dell’inversione di tendenza di un PD all’epoca fortissimo conclusasi poi il 4 marzo di quest’anno (ovviamente gli errori sono stati tanti altri, non solo questo) e 2) perché Caudo ha una visione completa ed alta della città, ma i piedi piantati per terra, è uno che sa consumare suole e parlare con la gente (d’altronde se l’urbanistica non è ascolto cosa altro diavolo dovrebbe essere?). Mi auguro che il centro sinistra unito, il giorno dopo le primarie, ricominci a riconquistare Roma con uno spirito nuovo che rottami (avete capito bene: ROTTAMI) un certo modo di fare politica. Roma ha bisogno di ripartire. Facciamolo tutti insieme, con le primarie e con il voto subito dopo. Buone primarie.

Dove si vota in III municipio: http://www.caudoalterzo.it/dove-si-vota/

Dove si vota in VIII municipio

Perché il 4 marzo voterò +Europa.

SIMBOLO-ELETTORALEIl 4 marzo voterò radicale al proporzionale (in fondo a questo post trovate anche un paio di istruzioni per votare) dando il voto a +Europa.

Ci sono innumerevoli perché che credo sia giusto elencare e raccontare nel dettaglio.

Ho sempre pensato che la politica sia prima un’idea di Paese e poi la fedeltà ad un gruppo di persone. Quando ho preso la tessera PD (sono tra i fondatori) pensavo che l’unione di due tradizioni antifasciste, di massa, fosse il miglior modo di traghettare l’Italia nel nuovo millennio. Doveva essere l’unione del buono di quelle due entità e il lasciar fuori quello che non aveva funzionato. Dalla nuova casa (che molta società civile aveva voluto e molta classe politica aveva combattuto) doveva restare fuori il clientelismo DC e doveva stare fuori il modo di gestire il partito che aveva il PCI, la ditta, il lavarsi i panni in casa, la dinastia politica che passava di padre (in senso politico) in figlio (sempre in senso politico). Fino all’arrivo di Matteo Renzi (a cui voglio sempre un gran bene e lui lo sa) ero sempre all’opposizione: sempre dalla parte dei gruppi più vicini ai nativi PD che alle vecchie caste dei due vecchi partiti, con due cose prevalenti in testa entrambe strettamente legate ad una lettura più moderna della realtà: la realizzazione dei diritti civili, tutti i diritti civili e la comprensione politica delle trasformazioni del mondo del lavoro. Ed insieme il modello di un partito più aperto, permeabile, basato sul merito e non sulla fedeltà.

Matteo Renzi sembrò a molti di noi la soluzione di quanto sopra. Lo era certamente sui temi del lavoro, forse per questioni generazionali (questione dalla quale non si può prescindere per leggere la sua storia politica), lo era meno sul tema dei diritti, ma si dimostrò molto più aperto ad ascoltare di quanto la dirigenza EX PCI avesse mai fatto nei fatti veri (vedi come finì la questione PACS). Nel modello liquido di una classe dirigente che si andava componendo intorno a lui, senza vincoli pregressi, si facevano più passi avanti su quei temi che dentro la Ditta di Bersani. La dimostrazione è senza alcun dubbio l’approvazione delle Unioni Civili che avrebbero dovuto addirittura contenere la stepchild adoption e che l’avrebbero avuta se non ci fosse stato il voltafaccia del M5S (e io lo so perché c’ero e potrei portare testimoni sani del M5S che quella sera rimasero di stucco quanto me quando Di Maio fece saltare l’accordo per mettere in crisi il PD e fare un favore alla CEI) costringendo il PD a mettere la fiducia e ad accontentarsi di un istituto equivalente al matrimonio per le coppie.

E allora , direbbe sicuramente un mio amico fiorentino, perché non voti PD e la fai poco lunga?

Intanto (grazie a questa terrificante legge elettorale) votando +Europa voto comunque la coalizione che ruota intorno al PD, ma votare +Europa mi dà anche l’opportunità di mandare un segnale forte su almeno un paio di grossi errori fatti in questi anni.

  • La questione Roma. Forse i radicali (insieme a pochi altri tra cui umilmente mi annovero) sono stati gli unici a mantenere una posizione corretta durante l’epoca Marino. Critica quando doveva esserlo, di supporto quando serviva. La questione romana è stata una catastrofe politica (forse sono l’unica folle a pensarlo, così mi dicono tutti i soloni che ne sanno più di me) che ha avuto ripercussioni in tutta Italia, non solo a Roma. È stata una catastrofe il coinvolgimento in Mafia Capitale di un sistema che era anche vicino al centro sinistra, è stata una catastrofe essere incapaci di trovare la chiave per fare squadra con un sindaco (che era, sì, uno strano marziano), ma che con il senno di poi, grazie soprattutto alla squadra diffusa, avrebbe portato Roma in direzione opposta a quella dove sta adesso. La questione Roma non può essere archiviata ritrovando nelle liste tanta di quella roba lì. A Roma nelle liste oltre a ministri e Bonino ci sarebbero stati benissimo qualcuno dei presidenti di municipio saltati. Non gente del vecchio schema. Non serve solo essere inquisiti per non essere ricandidati. Esistono anche responsabilità politiche. Come se niente fosse successo. Io non ce la faccio a votarvi. Mi dispiace. Se fossi a Milano probabilmente avrei votato PD. Immagino anche a Firenze. In Friuli.
  • La questione migranti. Mi dispiace, io non sono d’accordo. Non sono d’accordo con il dire aiutiamoli a casa loro perché non siamo credibili nel dirlo. Non possiamo aiutare a casa loro chi fugge dalle dittature o dalla siccità. Non esiste una “casa loro”. Non possiamo riportarli in Libia. Non possiamo fare accordi con la Libia. In Libia ci sono lager e io non so come possiamo dormire sonni tranquilli sapendo che cavalcare le pance rabbiose di una parte di Paese ignorante, aizzata da capo popolo, procura la morte di esseri umani al di là del Canale di Sicilia. Bene i corridoi umanitari, ma per quanti sono? E quando anche a sinistra abbiamo cominciato a mettere distinguo, abbiamo aperto una specie di cloaca. Perché le chiavi dei limiti se non le ha la sinistra chi diavolo le possiede? Un vaso di Pandora immenso che ha giustificato qualsiasi cosa. Noi su questo tema dobbiamo tenere il punto. Chi se ne frega dei risultati elettorali. Se la gente non capisce non ci spieghiamo bene noi e allora invece di usare le parole degli altri, ricominciamo a raccontare bene le cose come stanno: siamo un paese di transito. Non abbiamo una politica di integrazione, non abbiamo una politica dell’accoglienza se non lasciata nelle mani dei sindaci o dei volontari. Se non integri e non accogli, se non fai rispettare le leggi, generi criminalità. La criminalità purtroppo, gliela insegnano le nostre mafie ai migranti. Perché sono più presenti dello Stato nel procacciare un mestiere ai disperati. Sul tema considero la proposta Ero Straniero la proposta meno demagogica, più umana, più razionale.

Ci sono altre mille questioni per cui voto +Europa. Hanno a che fare con la libertà delle donne (siamo ancora il Paese dove centinaia di attrici firmano un appello contro il potere, si dichiarano accanto a chi denuncia, e poi non lo fanno con chi lo ha fatto davvero e la politica tace, siamo ancora il Paese dove in alcuni ospedali non si può abortire, siamo ancora il paese dove esiste il gender gap, dove i ristoranti hanno i menù con i prezzi per i maschi e senza per le femmine), con il fatto che è un partito a favore dei matrimoni gay e il PD non ha avuto il coraggio di metterlo in programma, con il fatto che abbiamo bisogno di riforme strutturali e non di bonus o di assegni di sostegno se davvero vogliamo un welfare degno di questo nome. Io so che il PD avrebbe tutto questo nelle sue corde, ma non ha ancora il coraggio di essere quello che dovrebbe perché (soprattutto in tempi di sondaggi negativi) ci si attacca alla tradizione, al vecchio schema, ai vecchi nomi. In tutta Italia ci sono tanti bellissimi candidati PD (pensate a Milano) e non vi sto dicendo che fa tutto schifo, anzi!, ma io a Roma voterò per + Europa: perché in questo momento è la cosa più simile al PD che avrei voluto e dò il voto alla coalizione, senza mettere il Paese a rischio di finire nelle mani di Berlusconi, Salvini e Di Maio.

Per l’esattezza:

  • Al Plurinominale di Camera e Senato (il proporzionale), voterò per +Europa, fatelo anche voi in tutta Italia.
  • Camera, collegio 10: per fortuna abito nel collegio 10 a quindi voterò Riccardo Magi alla camera, alcuni di voi in giro per il Paese avranno altrettanto bei candidati della coalizione, altri purtroppo no.
  • Senato Lazio 1: sempre per fortuna avremo Emma Bonino candidata, quindi nessun imbarazzo.
  • Al consiglio regionale del Lazio, per il collegio della provincia di Roma, scriverò Alessandro Capriccioli, facendo una x sopra il simbolo di +Europa

Abolire il dipartimento “Mamme”. Per evitare confusione.

Patrizia Prestipino non è razzista. Su questo non ci sono dubbi.

La verità è che per difendere un dipartimento che molti di noi non comprendono, Patrizia è caduta in un tranello linguistico che giustamente a molti sembra mostruoso includendo i padri omosessuali nel materno e parlando di razza. Un papà è un papà anche dove non c’è una mamma. E di certo l’idea del PD per aiutare le madri non è quello di aiutare quelle italiane contro altre ipotetiche madri, non a caso siamo quelli dello Ius Soli mentre tutti rincorrono il consenso sul razzismo vero. A prescindere dalla parola razza quel concetto è grave (e stupido) a prescindere.

La verità è che il nostro Partito deve chiudersi in una stanza e definire la visione del Paese: vale per le infrastrutture, per l’energia, per il modello di trasporto pubblico, ma vale anche per il modello di famiglia e il tipo di sostegno da mettere in campo: continuiamo con i bonus o costruiamo asili con i soldi? Ho raccontato ieri al segretario che non saprei come spiegare ad uno dei miei ex operai che ha perso la moglie di tumore e che sta crescendo i suoi due figli a cosa serva per lui un dipartimento “Mamme”. Sembra quasi, quel nome, deresponsabilizzare i maschi alla genitorialità o costringerli al femminile se si occupano dei figli. Che esattamente uno dei problemi culturali che abbiamo in Italia: declinare la cura della famiglia al femminile e far finire i padri che si occupano di casa e figli come degli sfigati effeminati (poi non lamentiamoci del femminicidio o dell’omofobia) e le donne che non vogliono figli delle stronze.

Più che chiedere le dimissioni a Patrizia Prestipino o fare incauti paragoni (che io stessa ho vissuto sulla mia pelle una volta) suggerirei al segretario di abolire il dipartimento “Mamme”, onde evitare confusioni e scivoloni dei 40, e di riempire di contenuti il dipartimento Welfare e quello Pari Opportunità e di lanciare una bellissima iniziativa sull’essere genitori (per chi lo vuole) fatta di cultura e investimenti.

Renzi si e’ fermato ad Acquapendente: ovvero perche’ il congresso del PD romano non dovrebbe annoiarvi e chi votero’.

I congressi locali del PD (vorrei dire dei partiti, ma, ehm…il PD resta l’unico a farli in questo modo “aperto”) di solito finiscono nella mortale noia di dibattiti autoreferenziali e nella quarta pagina delle cronache locali dei giornali che si alimentano di dinamiche che di solito riescono ad appassionare ben pochi.

Eppure la definizione degli organi locali, soprattutto sotto elezioni e’ fondamentale perche’ il segretario “provinciale” e’ quello che fara’ le liste per entrare alla Camera e al Senato, oltre che ad avere la missione di guidare il partito locale a costruire una linea di opposizione o di governo coerente e a fare da collegamento (cinghia di trasmissione!!!) tra gli eletti e gli iscritti ed elettori.

A Roma, perche’ di Roma stiamo parlando, c’e’ (ci sarebbe) da fare una rivoluzione.

Qualche considerazione:

  1. Il PD a Roma ha sbagliato tutto. Su Marino ha fatto un pastrocchio indicibile, mettendo in difficolta’ il proprio sindaco (Marino) e la propria giunta ancora prima dello scoppio di Mafia Capitale (ricordiamoci la Panda rossa). Poi lo scoppio di Mafia Capitale e un po’ di pace (dal fuoco amico), mentre parte del consiglio veniva travolto dalle inchieste (ancora da chiudersi) e mentre in molti si aspettavano che l’inchiesta si allargasse molto di piu’ di dove e’ arrivata andando a toccare anche altri “compagni ed amici” che all’epoca sedevano in altre istituzioni. Poi il fuoco amico e’ ricominciato (complice una situazione romana drammatica e la totale mancanza di gioco di squadra tra vari livelli) e siamo arrivati al pastrocchio delle dimissioni di Marino (che non avrebbe dovuto darle anche se la pressione era enorme), alle dimissioni ritirate (una volta date, e’ stato stupido ritirarle, sarebbe stato meglio come gli avevo consigliato anche io salvare la sua squadra che andava dalla giunta ai presidenti di municipio), alle firme dal notaio.  Uno dei motivi per cui non votero’ Casu e’ che e’ appoggiato da tutti quelli che hanno fatto il pastrocchio suddetto e faccio parte di quelli che ancora aspettano una semplice frase da tutta quella classe politica (che ad onore del vero passa per buona parte del notabilato romano e finisce all’attuale segretario nazionale a cui voglio un bene dell’anima, ma su Roma non andiamo proprio d’accordo per usare un eufemismo edulcorato): ” Scusate abbiamo sbagliato. Abbiamo sbagliato a non aiutare Marino (e si’ con tutti i difetti che aveva), ma sopratutto a NON sostenere i nostri assessori e i nostri presidenti di municipio (il PD li aveva tutti!). Scusate, abbiamo sbagliato a rottamare un’intera classe dirigente (che oltretutto era quasi completamente nuova). Scusate abbiamo sbagliato: ci voleva piu’ pazienza e sopratutto un grande aiuto nel comunicare con la citta’ (invece di infiammare le veline giornalistiche fino al NYT).
  2. Dei 4 candidati, tutti e 4 hanno votato Renzi al congresso nazionale (quindi NON esiste un candidato ufficiale, forse esiste un candidato appoggiato dal notabilato, bene per lui e il fatto di spacciarlo per candidato ufficiale e’ cosi’ antirenziano, su…eravamo quelli che si candidavano senza permesso e che rompevano le palle…)
  3. Due di quei candidati sono espressione di governo nell’epoca Marino ed entrambi hanno fatto bene: Valeria Baglio ed Andrea Santoro. Una consigliera comunale e poi presidente dell’Asemblea in uno dei momenti piu’ difficili e l’altro presidente di Municipio. Ricciardelli e’ un giovanissimo ed agguerrito renziano, tra i giovani dem e’ uno dei piu’ intelligenti e lucidi, ma non so se saprebbe reggere il peso delle dinamiche interne e avere la leadership per fare la tabula rasa che serve. Di sicuro serve gente come Livio, anzi Livio e’ gia’ servito perche’ con la sua candidatura ha smosso il commissario dormiente (Orfini, per i non addentro) ad accelerare la questione (il che ha comportato che l’accordo unanime sovietico (nascere della Margherita e morire stalinisti e’ il nuovo proverbio romano?) su un unico candidato NON si e’ trovato, quindi bene cosi’, se no sai che noia.
  4. Vogliamo un segretario che controlli il tema delle liste a Camera e Senato (da qui la corsa ad avere un candidato ufficiale e a concentrarvi quasi tutto il notabilato) o un candidato che ricostruisca un partito che faccia politica? Veniamo al dunque. Serve un segretario che rimetta in piedi il partito. Il partito e’ come la cultura: con il partito si mangia. Non nel senso che pensate voi, ma nel senso che bisogna restituire, utilizzando tutto quello che il XXI secolo ci mette a disposizione) un partito che dialoghi con le persone, che raccolga idee e lamentele, le trasformi in programma e visione, costringa gli eletti a seguire quelle indicazioni come traccia di elaborazione. Va bene la sto facendo troppo difficile: a Roma, Orfini, ha commissariato il partito praticamente quasi chiudendolo. Bloccandolo (non mi citate convegni e magliette gialle, per favore, grazie). Io non conosco quale e’ la linea del mio partito (l’ultima volta che il PD romano ha avuto una linea era segretario Miccoli e Alemanno faceva il sindaco e non a caso da quel partito e’ nata una classe dirigente che aveva poca esperienza di governo, ma almeno una parvenza di visione di citta’ su molti temi) a Roma. E questo comporta che la gente ci vota per le nostre facce e non per le nostre idee. E su questo perdiamo (sono rimasta basita dai festeggiamenti di questi giorni perche’ il PD Roma ha superato il M5S…si’, ma con uno dei minimi storici, quindi cosa c’e’ da festeggiare? A Roma siamo ridotti al lumicino). Insomma per me serve un segretario che abbia un minimo di esperienza di gioco di squadra e per lo meno di governo della citta’ (che sa di cosa parliamo sul serio perche’ si e’ beccato\a le urle della citta’). Queste due caratteristiche (secondo me) le hanno solo Valeria e Andrea (che io avrei voluto insieme, ma non si puo’ sempre avere tutto e a Roma questa cosa e’ una dannazione).

Ho scritto troppo, lo so. E’ che mi fa rabbia sapere che di questo congresso non freghera’ nulla a nessuno e invece e’ uno dei congressi piu’ importanti del Paese perche’ a Roma la rottamazione non e’ mai arrivata.

Renzi si e’ fermato ad Acquapendente e qualcuno deve pur dire qualcosa (anche se per tutti questo e’ il momento di tacere o per lo meno non fare troppo casino).

In estrema sintesi: votero’ per Valeria Baglio. Perche’ sa fare squadra, sapra’ tenere insieme il positivo che c’e’ da tutte le parti (ce ne e’ anche con Casu, come accade sempre), perche’ sa cosa significa tenere insieme parti distanti. Serve la politica. Non servono slogan, non servono candidati ufficiali, serve ripartire dalla classe dirigente vasta che stava nascendo, continuare il lavoro di dialogo con la citta’ che e’ in ginocchio per capire quale direzione prendere sui grandi temi: sui rifiuti, sui trasporti, sul turismo, sul commercio, sugli asili! So che stanno nascendo (e uno di questi e’ Spazio x Roma a cui da lontano partecipo) think tank sulla citta’ che stanno finalmente ricominciando a congiungere idee e politica ed esigenze della citta’. IL futuro del PD (e quindi di Roma) puo’ essere migliore. E lo sara’.

Andiamo a votare Valeria (ogni municipio ha la sua data, quindi andate su pdroma.it per trovare quando andare a votare nel vostro municipio).

 

L’esercizio di Lampedusa.

Su Lampedusa avrei anche io voluto scrivere tante cose. Mia cugina ha insegnato sull’isola per due anni e ci ha dato, durante una delle nostre ultime visite in Sicilia, un punto di vista diverso da quello del “continente”. Persino il film che abbiamo tanto amato, non e’ stato cosi’ amato da tutti (e in effetti non faccio fatica a crederlo).
Lampedusa ci insegna tante cose.
Ci insegna la separazione che c’e’ tra la storia e il presente, tra l’umanità e gli uomini. Forse ci dice tante cose anche su cosa e’ destra e su cosa e’ sinistra, ma siamo diventati troppo veloci per ragionarci su. L’abdicazione alla storia o alla vita. O voler essere cosi’ testardi da voler coniugare insieme le due cose. Che e’ difficile, eh.
Ma il mio abbraccio va lo stesso a Giusi Nicolini​ soprattutto adesso. Perche’ perdere per avere amato il mondo, tutto il mondo fuori da una piccola isola e’ una vittoria.
A Lampedusa adesso (come a Roma e altrove, ma Lampedusa e’ un porto e non puoi fare a meno di salvare le persone in mare, capito Raggi?, quindi ci devi fare i conti) la politica ha il famoso doppio compito. Far funzionare l’idealismo e la vita. Perche’ l’esercizio di Lampedusa e’ esattamente quello che le altre citta’ NON possono fare/ Lampedusa quell’esercizio deve farlo sul serio.

PD 2.0: un orecchio fuori e un orecchio dentro.

L’opportunita’ che ha adesso il PD di innovare e di portare competenze e’ l’ultima. Se assomigliera’ al vecchio apparato e si chiudera’ per “paura” fallira’. Se fara’ quello che non ha fatto nei corsi precedenti (o nel del tutto) e che avrebbe dovuto fare fin nella sua fondazione (non fondere due partiti ma rifondere due partiti ormai vecchi con il Paese e rifondare una speranza collettiva) potra’ ritrovare le ragioni della sua nascita e la componente positiva di quella “rottamazione” che rappresentava il desiderio di cambiamento. Lo stesso cambiamento che la Francia (con entrambi i candidati e nel bene e nel male) ha chiesto a queste ultime elezioni. E’ l’ultima chiamata e non va sprecata, allargando il piu’ possibile, aprendo finalmente le famose porte e finestre sulla soglia delle quali alcuni di noi sono rimasti perche’ si sta bene sulle soglie con un orecchio dentro e un orecchio fuori.

Perche’ il 30 Aprile votero’ ancora Matteo Renzi (e il PD)

L’ho scritto dentro un lungo pezzo scritto per Imille, qui (sotto ne riporto una parte)

Sui diritti civili hanno scritto benissimo Ivan e Paola qui e onestamente dopo le parole di Grillo contro i radicali e i diritti in generale mi pare chiaro che il PD (e in questo caso Renzi) ha fatto bene ad andare avanti. Nel manifesto della candidatura e’ scritto chiaro che il percorso non e’ finito e che adesso si deve mettere mano anche alle adozioni come si era detto prima.

A chi sostiene (gli altri due) che Renzi voglia allearsi con Berlusconi devo rispondere pero’: e’ esattamente il contrario. Chi ha fatto di tutto per affossare il referendum e gode della bocciatura della legge elettorale e’ proprio chi sta condannando il Paese alle larghe intese. Tutto si puo’ dire a Renzi tranne che abbia lavorato per costruire un futuro di larghe intese (anche perche’ metttiamoci d’accordo: non si puo’ dire di lunedi’ che voleva un presidenzialismo e governare tutto da solo e il giorno dopo dire che vuole allearsi con Berlusconi.)

Qui uno stralcio delle cose che ho scritto su Imille e sul perche’ vale ancora la pena votare Renzi e soprattutto PD:

Sono molto d’accordo con chi sostiene che Macron e’ un Renzi che si e’ evitato tre congressi e che arrivera’ (speriamo) alla presidenza senza il cammino di logoramento che ha vissuto Matteo Renzi in questi anni. La differenza tra Macron e Renzi e’ che Macron ha intercettato senza struttura quello che stava accadendo in Francia creando una specie di Partito Democratico a tavolino, Renzi ha provato a prendere la nave del PD dove la fusione calda non era mai avvenuta. Forse e’ stata una follia. Per alcuni Renzi avrebbe dovuto lasciare il PD dopo la sconfitta alle prime primarie, il che avrebbe comportato una sconfitta di Bersani e forse equilibri diversi alla Camera. Forse adesso avremmo una camera in mano a Forza Italia (tra Forza Italia e PD ci fu uno 0,4% di differenza) e larghe intese di centro destra. Nessuno di noi puo’ dirlo. Forse Renzi avrebbe potuto lasciare governare Enrico Letta. Forse adesso avremmo un governo Letta bis o ter, rimpastato un paio di volte, forse non avremmo diviso il paese per fare una riforma costituzionale perche’ solo un folle, da presidente del Consiglio puo’ davvero pensare di fare delle Riforme in questo contesto. Forse per evitare correzioni da penna rossa dall’Europa avremmo avuto anche manovre piu’ pesanti, rincorrendo il salotto europeo invece che il bene del Paese (dove per bene del Paese intendo anche il bene dell’Europa dei cittadini).

Il terremoto ci sarebbe stato lo stesso. Le unioni civili non ci sarebbero state. E nessuno degli ex DS, ex comunisti si sarebbe lamentato. Sai..le larghe intese, Casini, Alfano. E via dicendo. Gli 80 euro non voglio menzionarli. Faccio parte di quelli che non puo’ apprezzarli. Ogni volta che lo dico in contesti dove 80 euro al mese sono tanti, mi prendo quasi una scarpata in faccia. La riforma della scuola non ci sarebbe stata. E forse il PD non avrebbe fatto incazzare gli insegnanti e nemmeno li avrebbe deportati. Semplicemente sarebbero rimasti precari o disoccupati e il PD avrebbe potuto dire loro: e sai, le larghe intese.
Diciamocela tutta. Il Paese senza Renzi al governo sarebbe stato piu’ lineare. Piu’ tranquillo. Senza tutto questo odio che si legge in giro che e’ meglio che vinca Grillo con i suoi fascisti piuttosto che Renzi torni al governo. Il Paese senza Renzi sarebbe stato piu’ uguale a se stesso. Un po’ lento. Un po’ democristiano. Un po’ che le cose ci accadevano sotto il naso e tutti avremmo dato la colpa a Berlusconi che governava oppure a Letta che governicchiava. E noi di sinistra ci saremmo sentiti con il cuore in pace. Il cuore in pace in politica e’ quando e’ colpa di qualcun altro e si puo’ manifestare contro qualcuno o qualcosa tutti insieme. Come si stava bene quando c’era Berlusconi. Diciamoci anche il resto. Matteo Renzi e’ antipatico. Io che lo conosco bene, quando lo vedo in TV gli tirerei una scarpa. E glielo scrivo pure.

In questi anni ha trascurato tantissime cose. Ha fatto una cazzata su Roma (come e’ noto non ho tralasciato di dirglielo) e non importa se questo sta mostrando al mondo la totale inettitudine del M5S. Ha trascurato di curare il partito, ma diciamocela anche tutta. Costruire una casa su un’altra casa non e’ una cosa semplice. Questo ragazzo e’ stato cosi’ folle che dopo avere perso le primarie invece di fondare un partito e affossare Bersani, ha covato il sogno (con quel suo modo insopportabile) di poter continuare a cambiare quella casa.

 

PD: meno cognomi, piu’ valori.

La dico brutale. Con il premio di maggioranza al 40% togliere anche un 5% al PD significa condannare il Paese alle larghe intese invece che ad un governo PD. Ma non voglio pensare il gioco sia questo. Non voglio pensare che alla fine tutto si riduca ad un “meglio governare come negli ultimi settantanni” che dare al Paese una speranza di avere un governo chiaro, limpido e che governi senza alibi, rispondendo nelle urne agli elettori dopo 5 anni.
Il PD non e’ e non sara’ mai un partito personale. Ma deve smettere di essere il partito delle correnti portando in eredita’ questa mala pratica da PCI e DC. Il PD deve rispondere ad iscritti ed elettori che messi tutti insieme rappresentano la piu’ grande maggioranza progressista e democratica d’Europa. Un valore inestimabile. Chi danneggera’ questo patrimonio umano e politico, chiunque esso sia, si rende responsabile di un danno immenso al Paese, all’Europa e scusate se ci aggiungo il resto del mondo. Contemporaneamente nel PD c’e’ tanta pulizia da fare che ancora non e’ stata fatta. E’ ora di farla. E vale da tutte le parti. Il PD non e’ diviso tra bersaniani e renziani e franceschiniani. E’ diviso in brave persone (tante) e assetati di potere (pochi ma potenti). Quindi io al giochino dei cognomi non ci sto. Io sto alla battaglia dei valori. E dobbiamo ricominciare a scriverli, elencarli, gridarli. Per me il primo valore di un partito come vuole chiamarsi Partito Democratico e’: Uguaglianza. Maniacale perseguimento dell’eguaglianza. 

Stare da una parte o della dissidenza.

in Italia dovremmo rivedere cosa significa stare da una parte. Per la maggior parte di noi “stare da una parte” e’ difendere quella parte anche davanti all’evidenza dell’errore.
Criticare anche una sola volta e’ tradimento, significa varcare la soglia della “casa”, uscire per il bosco oscuro, inseguiti dalla sassaiola,
Per questo la maggior parte preferisce “restare dalla parte” sempre (ci sono anche quelli che criticano quando hanno gia’ “un’altra parte”, eh).
Quindi si perde la capacita’ di criticare, si ha paura di farlo, quella buona pratica che e’ discutere, criticare per cambiare. La critica viene vista come distruzione: a sinistra e’ il tipico approccio comunista sovietico. Il critico e’ oppositore. il dissidente. Va distrutto con qualsiasi mezzo. Azzerato. La sua distruzione diventa piu’ importante del cambiamento, diventa meta finale, non parte di una visione. Per cui si perde di vista la visione. Resta solo il nemico.
 
Mi piace pensare (in coppia, in azienda, in politica) che stare da una parte significa sollevare i problemi per cambiare. Fare meglio. Crescere. E sopratutto non essere spazzati via: da un’amante, da un competitor, da un movimento populista.
La natura del nostro Paese secondo me e’ racchiusa in questa mancata maturita’ che e’ personale e collettiva insieme. Dobbiamo trovare il modo di evolverci per sopravvivere.

D’Alema, come la volpe e l’uva.

Che la rottamazione non abbia ancora raggiunto alcuni confini, Capitale compresa, questo è un fatto che solo uno stupido potrebbe negare. Per chi sta nel PD dalla fondazione osservare i tanti ex dalemiani, ex bersaniani o talebani dell’antirenzismo ora saliti sul carro del vincitore è la sofferenza più grande, accanto al vedere tante brave persone non professioniste della politica storcere il naso davanti ad alcune cose, ad alcuni assetti, ad alcune scelte. Ci sono delle valutazioni da fare che partono da come andarono le primarie 2013 e da come è composto il parlamento attuale per capire alcune cose incompiute di questi anni, una discussione lunga e sincera che andrebbe fatta prima o poi e che io da semplice militante non avrei paura a fare. Ma prendere lezioni da D’Alema che il Pd non lo voleva, le primarie non le voleva, quello che fece cadere Prodi, quello che alla fine direttamente o indirettamente ci ha fatto perdere per venti anni con la classe dirigente allevata da lui come polli da batteria che non osavano contraddirlo è ridicolo. Nessuno si offenda, anzi forse molti adesso si definiscono renziani. Io vorrei che la politica fosse servizio, che la facessimo tutti quanti un pochino di più senza generare mostri che fanno solo questo nella vita per cui poi la politica diventa esistenza e non servizio per il bene comune. Se tutti fossimo un pochino più politici, avremmo meno professionisti e più controllo diffuso, altro che primarie dopate (che poi dove si dopano le primarie si dopa anche il voto vero, quindi il problema è molto ma molto più profondo). Io credo che il PD avrebbe tutte le carte in regola non per cambiare sistema di potere da D’Alema a Renzi, cosa che a me personalmente non interessa, ma per ricostruire un tessuto civico di partecipazione anche leggera, che consenta l’impegno e il controllo di molti per evitare il potere in mano a pochi. Non accetto lezioni da D’Alema o dai suoi polli di batteria, ma contemporaneamente non nego che la rottamazione in molti territori va cominciata e di brutto. L’ho sempre chiamata provocatoriamente un’operazione a 5 stelle, prendere il buono della partecipazione civica che con la nostra storia può evitare di divenire populismo o solo inesperienza che davanti al potere diventa fame ancora più brutale di quella più accorta dei professionisti. Tempi difficili, ma continuo a pensare che solo il PD può ospitare per primo quella rivoluzione di cui tutto il sistema politico italiano avrebbe bisogno. My two cents del venerdì.

Due sassolini (per la minoranza PD)

Io non capisco la cosiddetta minoranza PD. Cosa c’entra il doppio incarico di Renzi con la scarsa affluenza a Roma? Quindi a Napoli e altrove invece il doppio incarico ha funzionato? Roma è un discorso a parte di cui è più responsabile la minoranza PD passando anche per Fassina dell’ultimo renziano in Val D’Aosta. Come la storia di Verdini che vota la fiducia per le unioni civili. E se la legge la votavamo con il M5S? Siamo seri. Parliamo di cose serie. Parliamo tutti insieme di come si può vincere a Roma, dei passi da fare, dell’umiltà da mettere in campo (tutti, perchè se non siamo tutti è un casino). Forza.