Una Storia D’Amore…dal GayPride di Bologna

[Beh…essere linkati da repubblica.it (qui) anche quando ci vado di sentimenti…E perchè non vi ho postato una cosa che ho scritto ieri sera, altrimenti eravate già tutti in lacrime. ;o)]

Le foto del GayPride di Bologna 2008 le trovate qui.

Dal GayPride Bologna vi porto le solite foto di volti e di due, di volti, in particolare, incontrati in uno squallido bar di fronte alla stazione mentre attendevamo un appuntamento, mentre la città fiumava verso un appuntamento collettivo.

Noi siamo tre donne, loro due uomini. Avranno tra i 40 e i 45 anni. Brizzolati uguali, coetanei. Uno di loro è più scosso fisicamente, più sciupato, si vede. Attacchiamo bottone, si vede che andiamo nello stesso posto e alla fine G1. e G2. ci raccontano la loro storia, ovviamente perchè io gliela chiedo. G1 è ingegnere e G2 operaio saldatore specializzato.

Guardo G2, anzi gli guardo il braccio destro, gli chiedo: “Come va il polso?”

Fa un risatina e mi chiede:”Come fai a saperlo?”

Non esiste un ingegnere che ha lavorato in una fabbrica di carpenteria pesante in mezzo agli operai che non conosca la tortura della saldatura, quel dolore che dopo pochi anni, quindi quando non ne hai nemmeno 30, ti attanaglia il braccio, ti accavalla i nervi, ti toglie il sonno e la giovinezza. La sera massacri una pallina nelle mani, se sei poco grave e il dolore fa appena in tempo a passare che la mattina dopo sei di nuovo con l’attrezzo in mano. Dovrebbe essere un lavoro usurante. G2, è allo stremo. Ha meno di 45 anni, gliene mancano 7 per la pensione, ne ha già lavorati 27. Sai che cazzo gliene dovrebbe fregare dei PACS. Eppure è qui. Stanco, ma felice di esserci. Si sono conosciuti che G1 abitava a Milano e lui sempre a Brescia. Dal primo giorno si è fermato a dormire da lui e stanno insieme da quasi nove anni. Ogni giorno G2 si faceva 180km per andare a lavorare e 180km per tornare da G1. Alla fine G1 ha trovato che non era giusto, non era tollerabile e ha fatto anche lui il suo: si sono trasferiti a Bergamo, a metà strada tra i lavori di ognuno.

G2 è l’ipercinetico della coppia, malgrado i dolori, arriva a casa e attacca la siepe, o fa lavori di falegnameria. “Devo vivere un’altra vita oltre alle 10 ore di lavoro. Devo darle un senso”

G1 è quello che può stare rilassato sul divano. Eppure G2 va a dormire prima e quando crolla, crolla.

Hanno un gatto, enorme perchè è malato e imbottito di cortisone. Quando G2 va a dormire e G1 si mette un pò davanti al PC, si dimentica di essere gatto (forse in un’altra vita era un cane da pastore) e comincia a strusciarsi perchè vuole che si vada tutti a dormire. Se G1 non si alza va a svegliare G2. E’ un’ottima tattica per farsi obbedire.

Scusatemi. Oggi non ce la facevo a dirvi sempre le stesse cose. L’assenza di Veltroni al Pride, la folla incredibile, composta, il Pride più morigerato della storia mi è sembrato, questo, la mancanza di bandiere. Il vuoto pneumatico che ho provato questa mattina davanti al trafiletto di repubblica sul Pride: quattro righe in cronaca accanto alla storia di una studentessa di Treviso che si prostituisce o qualcosa di simile. Il vaffanculo che avevo sulle labbra è morto in serata su un treno bestiame contro un giovane italiano che strusciava le sue scarpe da ginnastica sui divani del vagone. Manuela non ha fatto nulla per trattenermi e io ho dovuto dirglielo. Ho dovuto indignarmi e scandalizzarmi per qualcosa in un’Italia in cui tutto scivola, tutto si dimentica, tutto sembra più non avere misura.

Uccidere il padre…

…ed anche il fratello primogenito.

Il dibattito, all’alba dell’Assemblea de Imille impazza. Da Francesco Costa a Marco Simoni, a Ivan Scalfarotto fino a Gianni Cuperlo, il tema è: ricambio generazionale attraverso il parricidio. Ieri sera leggevo un intervista a Franco Marini, il quale, relativamente all’argomento del ricambio generazionale diceva: i giovani si facciano sotto, si facciano vedere, non aspettino di essere cooptati.

Ma cosa significa farsi sotto? Farsi sotto significa ogni tanto dire: caro Partito, cari dirigenti, sapete che c’è? Io non sono d’accordo. A costo di farsi guardare male da tutti e di passare per i soliti rompiscatole. In questi mesi qualcuno si è pure alzato a dire: non sono d’accordo. Ha pure ucciso il padre (per esempio non votando Rutelli), oppure cercando di provocare una posizione chiara del PD sui temi GLBT, oppure organizzando una manifestazione per l’8 luglio prima che il partito si svegli da solo, contro le leggi canaglia che il centro destra ci sta infilando a guisa di supposta.

Il fatto è che, come dice Cuperlo,  dopo la svolta dell’89 il partito ha rimosso il tema del conflitto interno per paura della scissione. In poche parole il dibattito interno è morto. Così D’Alema non lavora dentro il partito per trascinarlo verso le sue idee, ma fonda i Reds e va a chiacchierare delle cose sue altrove. SE tutti lo facciamo, sto dibattito, lontano dal cuore del partito, più che un parricidio è un suicidio di massa.

Non basterà comunque uccidere il padre. Bisognerà uccidere anche il fratello primogenito, quel giovane cooptato che è messo lì a dire che il ricambio c’è…e quindi voialtri perchè diavolo vi lamentate?

La prima cosa da fare è organizzarsi. Il nuovo del partito c’è, ma è disintegrato. Loro, la Sacra Famiglia piddina fatta di padri e vassalli sono legati tra di loro da un patto di sangue che prevede anche l’eliminazione del dissenso.

Guardate la questione GayPride: tutto tace. Nessuno protesta perchè questo potrebbe danneggiare il Partito. Invece io dico: Veltroni sbagli se pensi che mentre ti occupi di tasse e di leggi non puoi anche aderire al Pride. Sbagli grossolanamente. Ti sembra una cosa furba mandarci la ministra ombra, in una sorta di panacea ma_anchista, invece sbagli.

Continui a coltivare sulle pietre e lasci stare il campo già concimato. E questa è miopia.

Se Uòlter non viene al Pride non vale.

Sabato 28 giugno a Bologna, la comunità Gay sfilerà al GayPride Nazionale. Un evento che in tutte le nazioni occidentali viene rilevato sui giornali e al quale partecipano il sindaco della città ospitante e moltissimi esponenti di primo piano del mondo politico. Sia il sindaco che gli esponenti di cui sopra non sono necessariamente di sinistra. Anzi, il movimento GLBT si è certamente svincolato dalle dinamiche di partito ed è liquefatto in modo omogeneo nella società. Questo fa, della battaglia GLBT, una battaglia di diritti e non una battaglia di schieramenti. In Italia questo percorso di crescita della comunità GLBT è appena cominciato ed è stato un processo forzato innescatosi dopo la delusione cocente del risultato politico del centro-sinistra che poco ha promesso e nulla ha fatto.

Parlare di GayPride ad Amsterdam o a Madrid, oggi, sembra quasi di parlare di una manifestazione folkloristica. Non che l’omofobia non si annidi persino nelle nazioni più avanzate e proprio per questo media, stampa e politica partecipano all’evento normalizzandolo, risucchiandolo nella società.

In Italia questo non accade. L’unica firma che in questi anni si è apertamente schierata con saggezza con la comunità GLBT è stato Michele Serra. Nessun segretario di partito o grande leader politico, se si esclude l’opportunismo peloso di certa sinistra, subito pronta a mollare il carico pesante quando la questione Dico ha cominciato a scottare. Oggi il baluardo progressista del parlamento è il Pd. Un Pd che riesce a litigare su tutto dalla leadership al posizionamento in Europa, quindi dando spettacolo di divisione, ma sul GayPride tutto tace. E questo silenzio, comincia a pesare. Comincia a pesare perché da fuori qualcuno potrebbe chiedersi che sul GayPride nel PD nemmeno si litiga. Semplicemente entrambe le componenti sono d’accordo nel non ritenere opportuno parlarne. Inviare una ministra ombra per farci contenti, ma non rilasciare dichiarazioni pubbliche a nostro favore, è una forma di ipocrisia così imbarazzante da essere quasi peggiore delle dichiarazioni omofobe, ma esplicite e sincere di certi esponenti della destra. Persino l’adesione del PD di Bologna seguita dalle polemiche a livello locale, relegano l’argomento ad una manifestazione cittadina, quando invece si tratta di una manifestazione nazionale, di una parte di Paese che manca dei diritti fondamentali del vivere civile. Una manifestazione insomma alla quale dovrebbe partecipare Veltroni. Altrimenti non vale.

Ora sta al movimento GLBT trovare la forza di unirsi davvero, di svincolarsi dai partiti, di fare una comunicazione unitaria per trascinare il Paese fuori dall’ ombra omofoba e razzista che lo sta attanagliando. Per farlo dobbiamo essere compatti e furbi. 

 

 

 

 

 

The Baden Family

Mi porto a casa un bagno di sole in un prato nuovo di zecca dove cresceranno un sacco di cose.

 

Mi riporto qualche litro di birra calcistica

 

Un nodo in più fatto a corde che già erano annodate, ma sembra sempre che non basti mai

 

Una persona in più che mi è piaciuta

 

La teoria dei 2 schiacciasassi

 

La teoria del Panzer (che si è esibito anche sabato sera e si scusa ufficialmente)

 

La nostra dance_song sparata sul lago, come se fosse una magia

 

Lo stinco di maiale con rostipatate e senape fatta in casa che “spettina”

 

Una Zurigo splendida e giovane, una specie di città_rave invasa dagli europei

 

La sorpresa di “avere” qualcosa per me, davvero, come per esempio un fratello che si mette in treno per recuperarti e portarti ancora più lontano oppure due persone che ti ospitano a casa sorridenti il giorno del loro anniversario di nozze e tu, che c’eri, te lo sei pure dimenticato. E quando gli ricapita di sabato?

 

Che le cose belle non sempre sono finte, come la Svizzera in alcuni tratti: immaginate un lago inondato di sole, centinaia di barche a vela e tutto intorno montagne e ghiacciai.

 

Mi porto a casa un po’ di nostalgia per le piste da sci enormi, per lo Julerpass fatto da incoscienti con Sauro, per le risate stupide sul ciglio di un marciapiede (no, non eravamo lucidi), per il Grullo nella vigna, per l’arrosto al barolo, per la spesa in Germania, per i canadesi, per la piscina e per la neve tutto l’inverno, altissima, continua, che copriva tutto, ma dentro faceva caldo. Un po’ di nostalgia per Quattro, quando era ancora mio e non di tutti. Un po’ di nostalgia per la follia che avevo ancora di portarmi a casa uno appena conosciuto (il fratello Grullo) a dormire, dirgli subito che non era aria, litigare con lei che mi dava della matta, sistemarlo dall’altro capo della stanza mentre mi diceva: “io dormo ignudo” e io che rispondevo: “allora domani torni all’ostello”… e un po’ anche per la mia fantastica pandina verde 1.100 che se ci penso ora a quel viaggio di 1200Km con il mangianastri, senza climatizzatore, che faceva un casino….carica come un cargo  con la polizia svizzera che mi seguiva sospetta fino al Gottardo… 

 

Mi porto a casa un po’ di saggezza, dal posto in cui per la prima volta ho avuto coraggio. Perché ero io ad andare e nessuno spingeva.

Guarda se devo tifare Spagna…

Il mondo secondo Gattuso non prevede il matrimonio tra persone dello stesso sesso. Una stoccata a Zapatero?  “Le nozze tra omosessuali non mi trovano d’accordo – dice a proposito della legge spagnola che le consente – per me le nozze sono tra un uomo e una donna. Sì, io mi scandalizzo, perché credo nella famiglia. E se credi nella famiglia e nella tua religione, non puoi essere d’accordo. Poi, siamo nel 2008 e ognuno fa quello che vuole”.

Ma soprattutto, cosa c’entra? Chi è quel coglione di giornalista che ha imbeccato la domanda? Sperava di sentirsi fare una battuta alla Winston Churchill (che era razzista quando ancora Hitler poppava latte d’asino) che quando i soldati inglesi perdevano le battaglie in Africa se la prese con l’indebolimento della razza ad opera di zingari, invertiti, prostitute e delinquenti…ci aspettavamo qualche battuta della serie:” Vinceremo noi perchè siamo più maschi degli spagnoli?”

Posso dire una cosa? Che palle.

 

Verso Nord

Prima di partire verso Nord volevo postarvi un pezzetto di #2, ma è difficile scegliere un pezzo che vi dica qualcosa, ma non vi racconti nulla. Alla fine vi regalo un pezzo dove si parla di un luogo, uno dei luoghi più importanti della mia vita, forse il più importante. Da piccola significava “tornare” a casa, significava “incoscienza”, una notte ha significato “fuga” da un amore impossibile (era il 1998) e un pomeriggio (era il 1992) in cui il mare era agitato e grigio scuro capire che “era” amore. Capire chi ero.

                   […] La spiaggia si chiamava la Quiete. Non si poteva dire che fosse il contrario. E lì Aurora aveva passato la propria infanzia.  

Volevo dirti ti amo qui. Dove la mia pelle è stata scura e i miei capelli biondi di sole. Dove ho costruito castelli di sabbia e acceso vulcani, anch’essi di sabbia, con la carta dei gelati della Motta.

Dove facevo la doccia dolce per sciacquare il sale, la sabbia bagnata, viscida sotto i piedi che prendeva la forma dell’acqua, verso lo scolo. Mia madre giovane che mi avvolgeva nell’asciugamano.

Volevo dirti ti amo dove sono stata incosciente. Trasportarti in un passato ancora più lontano, per averti da più tempo.

 

“Alex, tesoro?”

La voce di donna era composta, come un muretto a freddo della Sicilia Orientale, infondeva la stessa percezione di solidità priva di artifizio. Solo pietre accostate con sapienza di secoli. Mancavano solo le ginestre a quella voce. Per coprirla dove avrebbe tentennato. Sarebbe successo anche lei. Ma non ora. Martina.

 

“Non ti ho visto più. Non hai freddo?” Martina le si sedette accanto, la coscia contro. Un contatto intimo, materno. Come era lei. La sabbia era umida e gelida anche attraverso il telo che Alessandra aveva steso.

“No, il vino rosso sta facendo la sua parte. Ho ancora un po’ di autonomia. I bambini?”

“Dormono. Anche Caterina. Erano stravolti.”  […]

 

 

18 giugno 2008. Ore 19:06

#2 è diventato carta.

Fagocitato al mondo al ritmo di un foglio al secondo, da una stampante ultratecnologica del MailBox sottocasa.

285 pagine e una rilegatura a spirale di quelle che sanno di università, di Chiostro, di esami finiti alle dieci di sera.

Ora riposa nella bow-window, sullo scrittoio dove si concentrano tutte le cose importanti che ho qui, baciato da questo primo sole estivo, dai suoi 3cm di spessore, per qualche minuto, nel tragitto, l’ho tenuto sotto braccio come una baguette e tutto di nuovo sembrava Parigi.

I tre titoli stanno lì a guardarmi, sono belli tutti e 3.

Adesso ho la borsa piena di matite, un temperino e una gomma. E’ la parte più difficile, la parte che non riesco mai a fare. Rileggere le cose che ho scritto di fila, come se non le avessi scritte io, senza passare da un punto all’altro in cerca di un filo diverso.

Leggere. Semplicemente, dopo averlo scritto, leggerlo. Credo di non averlo mai fatto nemmeno con Quattro. Io non ho mai letto il mio libro dall’inizio alla fine.

In queste situazioni benedirei un editor cinico e perfido che avesse voglia di farlo al posto mio.

Adesso comincia l’elaborazione del lutto. E lo farò verso nord.

This Night…

..ci fanno compagnia i ColdPlay con il nuovo album Viva la Vida (splendida Violet Hill) ed Eddy Wedder con Society nel loop di I-Tunes che accompagna gli ultimi scapoli di battitura, le ennesime ultime manipolazioni, cambi di parola, inversione di nomi, collocazione di luoghi e descrizioni di colori.

Lasciarlo andare in un unico sorso ingordo. Devo.

Questa notte sono in un punto di luce come nel ventre di una lucciola.

E intanto qualcuno ha di nuovo teso la corda. Io prendo l’asta da equilibrista e aspetto il prontipartenzavia.

Sono le 2:00. Vado a letto, va’.

Opposizione.

Devo ammettere che la parola che fa da titolo a questo post è stata la parola che più di ogni altra mi ha allontanato dalla sinistra radicale in questi anni, sostituita dal cosiddetto atteggiamento di governo che, in questi ultimi 10 anni, buona parte del Paese chiedeva e ha chiesto al centro-sinistra.

L’atteggiamento di governo doveva finalmente essere componente del nostro agire politico, palesarsi attraverso lo spirito critico che discerne, e quindi sceglie, sulla base di parametri oggettivi e non delle paure ataviche, componenti sempre più emotive di questo momento storico italiano.

La paura del diverso, della distruzione della famiglia, del rumeno, del Rom, di una pala eolica, di una centrale a carbone a letto fluido, di una TAV che ci colleghi all’Europa, insomma la paura di un intero popolo reduce da 60 anni di democrazia ingorda, volubile e capricciosa, come solo i giovani sanno essere.

Ma la democrazia è alternanza, e con un risultato come quello riportato dal centro-destra, non si può dimenticare di essere l’OPPOSIZIONE  e bisogna OPPORSI con forza, persino con rabbia ad alcuni provvedimenti. Va benissimo ricomporre i contrasti, va benissimo votare a favore per provvedimenti che si condividono, questo è certamente segno di maturità democratica e di rispetto nei confronti del Paese. Ma ci sono alcune cose che NON sono tollerabili. Non è nemmeno tollerabile il tono sommesso con cui a volte ci OPPONIAMO.  Quando il governo Prodi varò la finanziaria, l’OPPOSIZIONE in tutte le sedi e con tutte le sue voci fece credere agli italiani che fosse ben peggiore di quello che era, oscurandone i provvedimenti positivi. Fu un OPPOSIZIONE mediatica che ha portato i suoi frutti, fondata sulla paura e sul mettere in contrasto parti del Paese. Una potentissima campagna elettorale messa in campo fin dal giorno dopo della vittoria di Prodi. E proprio perchè abbiamo 5 anni davanti e il loro governo è certamente stabile e finirà la legislatura, non dobbiamo perdere occasione per evidenziare le differenze, non dobbiamo avere paura di essere diversi, dobbiamo essere orgogliosi di essere diversi.

Abbiamo bisogno di un Pd Pride.

Il PD ha il dovere di comporre la propria politica in modo definitivo e netto, non può essere un partito a due voci (se non sono di più). Deve essere un megafono di democrazia che sollevi lo scandalo della questione intercettazioni. Che porti la gente in piazza contro la sospensione dei processi. Che ristabilisca il senso della misura relativamente alla questione “sicurezza” (vedere Bowling a Columbine di Michael Moore, mi sembra di rivivere tutto in salsa nostrana). Che ricucia il rapporto con una parte di Paese rimasta fuori dal Parlamento (prima che sia troppo tardi). Che tra immigrazione senza controllo e misure degne di uno stato di polizia sappia interpretare una terza via sostenibile.

Per questo servono voci autorevoli e credibili e in assonanza tra loro. Serve la squadra, non un’orda di bravi spin-doctor che corrono dietro alla palla, la metafora calcistica aiuta: con una squadra di scarsi vincemmo il mondiale, con un agglomerato di talenti ce ne stiamo tornando a casa al primo turno.

Intanto l’11-12-13 luglio noi Mille ci incontriamo a Roma a riprendere le fila di noi stessi e cominciare a pensare di prendere anche le fila di questo benedetto partito, non certo prima che le prenda qualcun altro, bensì prima che i fili vadano persi. Sarà una 3 giorni di dibattito politico vero, un’esperienza rara a cui vi consiglio di assistere ed alla quale vi esorto a partecipare. Vi anticipo che il 12 luglio ci sarà un sottogruppo dedicato alla Diversity che io ed Ivan Scalfarotto stiamo organizzando con ospiti di tutto riguardo, dalla bioetica Chiara Lalli (il cui blog consiglio sia dal punto di vista medico-scientifico che di quello politico e fotografico) ad esponenti del movimento GLBT, anche per parlare di un argomento che mi sta molto a cuore: l’unità del movimento GLBT come motore politico della nostra battaglia. Il mio sogno è ospitare un dibattito in campo neutro che possa essere un primo mattone in questo senso.

 

L’essenziale è invisibile agli occhi.

Da “Il Piccolo Principe” di Antoine De Saint Exupery

 

 

 

In quel momento apparve la volpe.
“Buon giorno”, disse la volpe.

“Buon giorno”, rispose gentilmente il piccolo principe, voltandosi: ma non vide nessuno.

“Sono qui”, disse la voce, “sotto al melo….”

“Chi sei?” domandò il piccolo principe, ” sei molto carino…”

“Sono la volpe”, disse la volpe.

” Vieni a giocare con me”, disse la volpe, “non sono addomesticata”.

“Ah! scusa “, fece il piccolo principe.

Ma dopo un momento di riflessione soggiunse: […]

” 
Che cosa vuol dire addomesticare?”
” E’ una cosa da molto dimenticata. Vuol dire creare dei legami…”

” Creare dei legami?”

” Certo”, disse la volpe. ” Tu, fino ad ora per me, non sei che un ragazzino uguale a centomila ragazzini. E non ho bisogno di te. E neppure tu hai bisogno di me. Io non sono per te che una volpe uguale a centomila volpi. Ma.se tu mi addomestichi, noi avremo bisogno uno dell’altro. Tu sarai per me unico al mondo, e io sarò per te unica al mondo.”

” Comincio a capire”, disse il piccolo principe. ”

C’è un fiore…. Credo che mi abbia addomesticato…” 
“E’ possibile”, disse la volpe “capita di tutto sulla terra…”

“Oh! Non è sulla terra”, disse il piccolo principe.

La volpe sembrò perplessa:

” Su un altro pianeta?”

” Sì”

” Ci sono dei cacciatori su questo pianeta?”

” No”

” Questo mi interessa! E delle galline?”

” No”

” Non c’è niente di perfetto”, sospirò la volpe.

Ma la volpe ritornò alla sua idea:

“La mia vita è monotona. Io do la caccia alle galline, e gli uomini danno la caccia a me .Tutte le galline si assomigliano, e tutti gli uomini si assomigliano. E io mi annoio per ciò.

Ma se tu mi addomestichi la mia vita, sarà come illuminata.

Conoscerò il rumore di passi che sarà diverso da tutti gli altri.

Gli altri passi mi faranno nascondere sotto terra. Il tuo, mi farà uscire dalla tana, come una musica. E poi, guarda! Vedi, laggiù in fondo, dei campi di grano?

Io non mangio il pane e il grano, per me è inutile.

I campi di grano non mi ricordano nulla. E questo è triste! Ma tu hai dei capelli color d’oro. Allora sarà meraviglioso quando mi avrai addomesticato. Il grano, che è dorato, mi farà pensare a te. E amerò il rumore del vento nel grano…” La volpe tacque e guardò a lungo il piccolo Principe: ” Per favore …..addomesticami”, disse. ” Volentieri”, rispose il piccolo principe, ” ma non ho molto tempo, però. Ho da scoprire degli amici e da conoscere molte cose”.

” Non si conoscono che le cose che si addomesticano”, disse la volpe.” gli uomini non hanno più tempo per conoscere nulla. Comprano dai mercanti le cose già fatte. Ma siccome non esistono mercanti di amici, gli uomini non hanno più amici. Se tu vuoi un amico addomesticami!”

” Che bisogna fare?” domandò il piccolo principe.

” Bisogna essere molto pazienti”, rispose la volpe. ” In principio tu ti sederai un po’ lontano da me, così, nell’erba. Io ti guarderò con la coda dell’occhio e tu non dirai nulla. Le parole sono una fonte di malintesi. Ma ogni giorno tu potrai sederti un po’ più vicino….” Il piccolo principe ritornò l’indomani.

“Sarebbe stato meglio ritornare alla stessa ora”, disse la volpe.
” Se tu vieni, per esempio, tutti i pomeriggi, alle quattro, dalle tre io comincerò ad essere felice. Col passare dell’ora aumenterà la mia felicità. Quando saranno le quattro, incomincerò ad agitarmi e ad inquietarmi; scoprirò il prezzo della felicità! Ma se tu vieni non si sa quando, io non saprò mai a che ora prepararmi il cuore… Ci vogliono i riti“.

” Che cos’è un rito?” disse il piccolo principe.

” Anche questa è una cosa da tempo dimenticata”, disse la volpe. ” E’ quello che fa un giorno diverso dagli altri giorni, un’ora dalle altre ore. C’è un rito, per esempio, presso i miei cacciatori. Il giovedì ballano con le ragazze del villaggio. Allora il giovedì è un giorno meraviglioso! Io mi spingo sino alla vigna. Se i cacciatori ballassero in un giorno qualsiasi i giorni si assomiglierebbero tutti, e non avrei mai vacanza”.

Così il piccolo principe addomesticò la volpe.

E quando l’ora della partenza fu vicina: “Ah!” disse la volpe, “…Piangerò”.

” La colpa è tua”, disse il piccolo principe, “Io, non ti volevo far del male, ma tu hai voluto che ti addomesticassi…”

” E’ vero”, disse la volpe.

” Ma piangerai!” disse il piccolo principe.

” E’ certo”, disse la volpe.

” Ma allora che ci guadagni?”

” Ci guadagno”, disse la volpe, ” il colore del grano”.

[…]

“Addio”, disse.

“Addio”, disse la volpe.

“Ecco il mio segreto. E’ molto semplice: non si vede bene che col cuore. L’essenziale è invisibile agli occhi”.

[…]

Tu diventi responsabile per sempre di quello che hai addomesticato.

 

La versione integrale del dialogo con la Volpe, qui.