è difficile esprimere una posizione da cittadina quando si milita in un partito e quindi l’impressione può essere quella che il pulpito sia scorretto o per lo meno mal posto. Concedetemi il beneficio del dubbio e la buona fede.
Cercherò di essere breve nel raccontare cosa ho vissuto leggendo (più o meno tutto) in questi mesi e mordendomi la lingua per intervenire il meno possibile soprattutto nel periodo di campagna elettorale.
1) sono favorevole ai pride itineranti, quindi ero molto felice che si facesse il pride a Napoli
2) non ero affatto d’accordo che il pride di Roma o qualsiasi altro pride si svolgesse prima di quello Nazionale. In particolare quello di Roma che notoriamente toglie la scena mediatica a qualsiasi altra città. Su questo non ero d’accordo con la posizione del Mieli.
3) da cittadina e da contribuente con il 5x mille ad anni alterni con un altro circolo (il Maurice di Torino) del Mario Mieli, sono rimasta perplessa sulla spaccatura sul pride. Da una parte avevo una posizione molto critica in merito alle ultime vicende che hanno visto il Mieli protagonista (elezioni interne ed invito a Mucca a Lorella Cuccarini dopo le sue dichiarazioni omofobe) e ci tengo a precisare posizioni deluse proprio dalle aspettative maggiori che in quella associazione ho sempre riposto nel panorama romano, anche affrontando feroci discussioni interne sul arcigaycentrismo del mio partito (che non significa Arcigay fuori, Mieli dentro, significa solo che il Mieli a Roma è una realtà non trascurabile con cui la politica deve fare i conti, sempre, quando affronta tematiche LGBT). Dall’altra la preoccupazione di un Pride troppo poco politico e stretto nella morsa del business di alcune strutture ricreative.
4) Ho iniziato a guardare con favore (pur non potendovi partecipare personalmente, ma seguendo tutto tramite amici militanti) le riunioni aperte, i cosiddetti workshop che si proponevano di aprire l’organizzazione del pride alla cosiddetta comunità. Anche se qui, spezzo una lancia in favore, del Mieli, ogni anno i volontari erano chiamati a raccolta. Certo, con una guida politica ben definita. Questo sì.
5) Ho cominciato a percepire perplessità da qualcuno che aveva cominciato a partecipare ai workshop con entusiasmo, ma poi percepiva che le cose si muovevano comunque da sole.
6) Ho letto la piattaforma del Pride Romano e mi è piaciuta, pur trovando quella di Napoli più completa ed esaustiva e politica. Ho taciuto quando ho saputo (è vero?) che, comunque, il movimento ha in programma un’unica piattaforma nazionale da definire al più presto, comunque non prima della fine dell’anno.
7) Ho un certo fastidio personale per la convocazione personalistica dei media alle fiaccolate, magari 30 minuti prima che arrivi la comunità, lo trovo di cattivo gusto. L’evento è la comunità che manifesta e si indigna o il leader della tale associazione che si fa fotografare ed intervistare con il pestato di turno?
8) Ho un profondo rispetto per l’azione di assistenza delle associazioni nei confronti degli aggrediti. Davvero profonda gratitudine.
9) Ho qualche perplessità sul livello di scontro che in una situazione tragica come questa siamo in grado di contrapporre a questo sindaco, ma anche a questo governo. Davvero ci bastano i soldi alla Gay Help Line o il gay Village a Testaccio e abbiamo incassato una vittoria? Non abbiamo bisogno di entrare nelle scuole? Nei cinema? Nelle case? Siamo solo soccorso, assistenza e intrattenimento? Non c’è niente in mezzo?
10) Non credo che il restante 99% della comunità rainbow sia consapevole di cosa accade nelle nostre ML. Non credo se ne accorga (direi per fortuna). Forse non coglie nemmeno alcune sfumature su cui ci accapigliamo per mesi anche arrivando agli insulti. Fuori la maggior parte delle persone sono grate ad Imma Battaglia ogni volta che la vedono in tv. La stessa cosa di Marrazzo e tutti gli altri di noi visibili. Questo è per noi, comunque, un patrimonio che dobbiamo chiedere (a tutti noi) di usare al meglio ed al servizio di tutti. Magari i più impegnati di noi hanno spesso qualcosa da ridire. Sono cose normali, dialoghi anche crudi, come in tutte le famiglie. E’ chiaro che ognuno si deve prendere le proprie responsabilità sugli obiettivi che si pone e su quanto porta a casa e per chi. Ma non dimentichiamo anche ciò che si vede fuori e l’effetto che fa. Se poi riteniamo che l’effetto sia deleterio, di alcune visibilità, facciamo qualcosa, ma qualcosa di politico, non di competizione su chi appare di più e meglio.
11) Mi infastidisce la spocchia contro i movimenti auto organizzati che hanno molti leader ed ex leader di movimento. Hanno i loro limiti. Hanno avuto però il senso di responsabilità di non aprire una partita iva per sedersi al tavolo con le istituzioni. Non sono nemmeno stati presenti da Napolitano, come non lo sono stati da Alemanno. Però non si può dire che negli ultimi mesi non abbiano favorito un ricontatto con la comunità, fatto di riflessione politica e di partecipazione. Possiamo anche fare finta che non esistano perché non hanno la partita IVA, ma io ritengo che il gioco delle tessere, del loro valore, non sia conveniente per nessuno politicamente, vista la situazione.
12) Mi preoccupo molto quando le battaglie si riducono ad avere dei finanziamenti dalle istituzioni. Tantissimo. Mi piacerebbe che tentassimo un cammino più autonomo, almeno finché la politica non comincia a dare risposte concrete. Pagano forse il nostro silenzio? (ovviamente non sto generalizzando e affermando che qualsiasi cosa venga finanziata non deve più esserlo).
Cosa penso.
Mi viene tristezza pensando che il Pride romano sta nascendo in modo troppo spaccato. La parola “Pride” è un logo forte che richiama la comunità. Non sarà chi lo usa a minarlo o distruggerlo. E la gente verrà a prescindere da chi lo organizza, per lo meno coloro i quali ancora, come noi, non sono stufi di manifestare senza portare a casa nulla. Ognuno dentro di se contiene la proprio singola piattaforma politica e andrà al Pride per portarla avanti.
Chiedo, da cittadina lesbica romana, un passo indietro a tutti. Non è possibile spezzare il Pride e non è possibile non garantire la buona riuscita, soprattutto, del Pride di Napoli che in questo momento ci rappresenta tutti, in quanto Pride Nazionale. Mi piacerebbe un Pride (ovunque si farà) in cui i leader locali e nazionali sfilano con la gente, stringono loro le mani, si fanno raccontare storie. Che le tv seguano queste di scene e non i teatrini di testa. Forse, anche loro, ne scoprirebbero delle belle.
Ieri qualcuno mi ha messo in mano il volantino del Pride romano. Non ci ho pensato due volte, me lo sono messo addosso anche perché non si sarebbe compreso, lontano dalla gaystreet se eravamo cattolici per il mese mariano o popolo rainbow. Non sono stata a pensare a chi organizzava o a chi no. Ho solo pensato a cosa volevo dire alla città che ci passava accanto.
Saluti rainbow a tutti, sperando che un altro Pride sia possibile a Roma e che quello di Napoli sia il più bel Pride del prossimo decennio.
Cristiana Alicata