Pino Daniele, i fischi a D’Alema e il Paese che ha perso la fiducia.

Nuova immagineIntollerabili i fischi a D’Alema. Figli di un Paese pronto ad indignarsi per qualsiasi cosa a vanvera. Non era la fila per mangiare il caviale, ma la fila per visitare un morto (e resta da capire il senso per chi non lo conosceva mentre è chiarissimo per chi poteva amarlo o volergli bene, io non andrei mai a disturbare la famiglia in un momento così doloroso e intimo) ed è normale che amici e conoscenti vengano fatti passare prima perché si riconosce un primato alla relazione privata piuttosto che a quella pubblica. D’Alema sta antipatico anche a me, ma se la famiglia gli ha aperto le porte, contestarlo è stata una mancanza di rispetto per loro e per il defunto. Che Paese insopportabile e meschino che siamo capaci di essere a volte.

Eppure questa rabbia inamovibile è figlia di una passione tradita. Negarlo e chiuderla qui sarebbe sciocco. È il simbolo marcio di una non indifferenza, facevo questa riflessione su twitter ieri leggendo l’articolo che vedete nell’immagine di Costanza Riccacasa D’Orsogna. E’ come avessimo perso lo sguardo limpido e fosse sempre necessario intorbidire gettare un sasso nello stagno. E’ una rabbia che ci descrive come popolo e deve essere rimossa per sostituzione. La medicina è non tradire la fiducia. Tutta questa rabbia è una questione di fiducia.

Napoli.

Napoli è una città complicata. E’ una città Stato con i suoi riti, le sue tradizioni, la sua lingua. Nessuna delle tantissime città in cui ho abitato è così “straniera” per me che ho le radici tra i morti di mafia e la Pianura Padana e dovrei avere l’abitudine a tutto e al suo contrario. Napoli è chiusa e divaricata, inciampi e ti rialzi. Ti incazzi e ti innamori nello stesso momento, ti strema, peggio di un capriccio inspiegabile. Non conosce lo spazio altrui e lo invade e nello stesso tempo ti si nasconde, ti sfugge. Cerca di fregarti e ti porge generosamente la mano quando meno te lo aspetti. Non la sentirò mai la mia città come è stato per altri luoghi. Lo so. Mi sentirò sempre ospite, anche dovessi restarci per anni. La odierò e quando me ne andrò mi mancherà. Lo so. Non posso capire chi è nato qui, chi ci resta e nemmeno chi va via. Osservo queste ore da straniera, la morte di un napoletano famoso, sento la musica di Pino Daniele messa fuori in strada con le casse dai baretti. Ascolto. Osservo. Questo lutto che sarò difficile raccontare, perché tutti ne parlano, ma tutti ci scivolano sopra, in motorino in tre senza casco, contromano per i vicoli del centro. Tutti se lo aspettano. Tutti si aspettano il dolore e l’indifferenza insieme.

Napoli non si fida e non consente di lasciarsi andare. E’ come vivere un primo giorno ogni giorno. C’è solo il presente. Niente futuro. Forse è il vulcano.

Che magnifico spettacolo sta città.