Pino Daniele, i fischi a D’Alema e il Paese che ha perso la fiducia.

Nuova immagineIntollerabili i fischi a D’Alema. Figli di un Paese pronto ad indignarsi per qualsiasi cosa a vanvera. Non era la fila per mangiare il caviale, ma la fila per visitare un morto (e resta da capire il senso per chi non lo conosceva mentre è chiarissimo per chi poteva amarlo o volergli bene, io non andrei mai a disturbare la famiglia in un momento così doloroso e intimo) ed è normale che amici e conoscenti vengano fatti passare prima perché si riconosce un primato alla relazione privata piuttosto che a quella pubblica. D’Alema sta antipatico anche a me, ma se la famiglia gli ha aperto le porte, contestarlo è stata una mancanza di rispetto per loro e per il defunto. Che Paese insopportabile e meschino che siamo capaci di essere a volte.

Eppure questa rabbia inamovibile è figlia di una passione tradita. Negarlo e chiuderla qui sarebbe sciocco. È il simbolo marcio di una non indifferenza, facevo questa riflessione su twitter ieri leggendo l’articolo che vedete nell’immagine di Costanza Riccacasa D’Orsogna. E’ come avessimo perso lo sguardo limpido e fosse sempre necessario intorbidire gettare un sasso nello stagno. E’ una rabbia che ci descrive come popolo e deve essere rimossa per sostituzione. La medicina è non tradire la fiducia. Tutta questa rabbia è una questione di fiducia.

Micro riflessione sulle primarie, dopo la candidatura di Casson a Venezia

Le primarie sono belle quando sono partecipate. Sono partecipate quando c’è vera competizione. Non sono belle quando servono ad incoronare qualcuno, mascherando i vecchi metodi del caminetto che volevamo rottamare. Non si aspetta l’ok da Roma o gli appoggi illustri. Le primarie hanno e devono avere il punto di vista del basso e non dell’alto. Bene ha fatto Casson a candidarsi a Venezia mentee qualcun altro aspetta il permesso. Già nell’attesa del permesso si toglie un pò di senso alle primarie. Vecchi metodi. Duri a morire.