Vince D’Alema 40-3 (per questo se ne deve andare)

Ho fatto un esercizio questa sera prima di gettarmi tra le braccia di Cleopatra.

Ho postato due post.

1) Uno in cui sfidavo D’Alema ad un uno contro uno in un collegio uninominale.

2) Uno in cui parlavo della sanità nel Lazio, raccontando una cosa gravissima.

L’ho fatto perché prima di uscire dall’ufficio ho guardato i titoli dei giornali e c’era il faccione di D’Alema che raccoglie firme di adepti per ricandidarsi. E mi sono incazzata. Mi sono incazzata perché avevo appena ascoltato la storia al punto 2 e ho pensato che siamo un Paese malato. Malato di tutto, anche di dalemite, nel bene e nel male.

Su FB il post in cui sfidavo D’Alema ha avuto circa 40 “mi piace” e una 60ina di commenti. Quello sulla sanità ha avuto 3 “mi piace”. E’ vero, a chi può mai piacere quello che racconto sulla sanità nel Lazio? A pochi. Però neanche un commento, un segno di vita, un dibattito. Poca roba. E in effetti accade sempre quando si parla di cose serie, di buon governo, di idee per migliorare il Paese. Niente sangue per gli squali.

Sono sempre dell’idea che oggi D’Alema sia il simbolo (giusto o sbagliato che sia) della politica che non ha funzionato, che ha lasciato accadere le cose al punto 2. E quindi so benissimo che adesso la rabbia del Paese o il tifo dalemasessuale sembrano cose senza senso (a uno che apre il mio blog e magari gli hanno appena mandato una cartella di Equitalia perché non riesce a pagare le tasse) e invece un senso ce l’hanno. Ma proprio davanti a questa sproporzione, uno come Massimo D’Alema dovrebbe farsi indietro, spersonalizzare la politica, mettersi a insegnare se vuole (io da lui non andrei ad imparare come si diventa statisti o come si mangia la crostata, si intenda), ma capire che adesso (ehm) basta così. Che quando stai troppo in politica poi ti viene voglia di incidere sulle banche, di piazzare troppa gente nelle partecipate, di accordarti. E’ la politica, magari capiterebbe a tutti dopo 7 mandati parlamentari. E’ proprio per questo che in politica, nei paesi moderni, si preferisce il ricambio all’esperienza. Per mantenere puliti quei rapporti, quelle relazioni con cui se fai politica ti trovi ad inciampare. Sanità compresa, per tornare al dunque, quel dunque vero di cui dobbiamo ricominciare a parlare.

La sanità privata del Lazio

Quando lavoravo in Veneto mi sono lussata una spalla. Ho incontrato un ortopedico che mi ha ricevuto più volte in ospedale gratuitamente e che mi ha preparato la spalla per l’operazione dal punto di vista fisioterapico con le sue mani perché non si fidava di nessuno. Tutto gratis. Ho fatto TAC, ecografie e analisi presso la struttura pubblica, pagando solo il ticket. La stessa cosa per l’operazione chirurgica in artroscopia.

Oggi, non farò nomi e riferimenti, ho ascoltato il racconto agghiacciante di un imprenditore romano che ha pagato quasi 50000 € per fare operare la moglie: tra clinica, pagamento del chirurgo, dell’aiuto chirurgo, medicinali usati durante l’intervento. Altrimenti avrebbe dovuto aspettare un anno e mezzo per fare lo stesso intervento, con lo stesso luminare, nella struttura pubblica.

Ecco io questa la chiamo sanità privata. Se hai soldi ti curano e in fretta. Se non li hai ti curano male e aspetti. Ci sono medici che usano le strutture pubbliche e poi dirottano i pazienti (in questo caso clienti) nelle cliniche private. La leva della salute funziona con tutti, anche con i poveri. Basta accendere un mutuo e chi non lo farebbe per salvare un proprio caro? E chi denuncia il bravissimo medico che gli salva la moglie o il figlio? Nessuno.

Ecco io vorrei parlare di questo in questi mesi di primarie. Anche di questo. E so benissimo che scardinare i legami dei baronati della sanità dalla politica fa parte delle cose che vorrei rottamare.

 

Disponibile a sfidare D’Alema.

D’Alema dice: corro solo se me lo chiede il Partito.

Gli piace giocare facile dopo averne cooptato buona parte.

Io direi che dovrebbero chiederglielo gli elettori. E per farlo: o sfida qualcuno alle primarie interne (sono disponibile ad uno contro uno nel suo collegio di residenza romano) oppure si fa un banale giro per i mercati senza truppe cammellate che gli ostruiscono la realtà.