Il consumo di suolo a Roma

“Il tema dell’espansione della città, della trasformazione di territorio agricolo in territorio urbanizzato è uno di quei temi cardine per l’urbanistica, anche ovviamente per quella romana; a Roma il consumo di suolo e l’espansione della città da oltre cento anni a questa parte sono stati guidati dalle esigenze della città ma anche, e spesso in modo prevalente, dalla rendita fondiaria. I proprietari di terreni (a inizio secolo in mano a poche famiglie) hanno sempre manovrato affinché i loro terreni diventassero edificabili, una rendita enorme, senza grandi sforzi e impegni, che ha deformato, da sempre, la politica e l’economia romana, e ovviamente l’assetto della città.”

Una bravissima Estella Marino, sul consumo di suolo a Roma, da leggere per intero qui.

A proposito di casta e di ingiustizia.

Vi ricordate Gianluca quello che ha tappezzato Roma di manifesti per scusarsi con la moglie di averla tradita? I manifesti (ovviamente) erano abusivi e ora Gianluca deve pagare 8 mila euro di multe.

Ora io sono d’accordissimo, figuriamoci. Mi conoscete e su questa storia dei manifesti non faccio sconti a nessuno, nemmeno a Matteo Renzi che alla fine si è dovuto scusare pubblicamente con la città.

Ma ora che questo poveraccio sia l’unico a Roma a pagare una multa quando i partiti fanno carne da macello della città (con i soldi nostri e spesso di dubbia provenienza), mi pare una vera assurdità.

O pagano tutti (preferibile) o non paga nessuno. Possibile che anche in questa cosa così stupida si debba rilevare profonda distanza e differenza di trattamento tra politica e gente comune?

Le olive che hanno fatto il servizio militare.

“Numero 70”.

“Numero 71”

“Eccomi, sono il il 70.”

Supermercato vicino casa, sabato pomeriggio. Ci buttiamo lo stesso nell’ora notoriamente di punta, con tanto di traffico per girare con i carrelli che qua non è un ipermercato e lo spazio di movimento non è moltissimo. Fuori pane e olio e una bibita e animazione per bambini. Insomma un sabato normale, se non fosse che non riesco quasi mai a passarlo così e finisce che la sera mi butto in un fruttivendolo indiano per fare la spesa di prima necessità.

“Prego desidera?”

E chiedo un guanciale e del pecorino per l’amatriciana di una cena tra amici. Poi chiedo delle olive. Chiedo se quelle verdi, in fondo, sono dolci, non vedo bene.

Lei, che  non sta servendo me, ma mi aveva notato perché rovistavo nella cesta dei salumi in offerta e li avevo fatti cascare sul loro banco a pioggia, dice: “Non sono quelle verdi, sono quelle di Cecchignola.” E poi, dopo un po’, dice una frase e io capisco che lei ha fatto il servizio militare, invece dice che le olive di Cecchignola sono le olive che hanno fatto il servizio militare, insomma era una battuta.

“Come hai fatto il servizio militare?” Domando. Siamo lì, tutti in fila, le due signore che serve lei fanno le puntute a distinguere caciotte dai pecorini, io intanto mi ero distratta su altre olive.

E lei: “Magari”.

“Come magari?” Faccio io.

E mi racconta che era entrata  nei carabinieri, ma poi c’era un errore nella sua scheda e l’hanno chiamata. E però non era un errore e che quel “licenza inferiore” non stava per “superiore”, stava proprio per inferiore. E quindi niente carabinieri. Pare che il maresciallo l’abbia consolata per un’ora al telefono mentre lei piangeva a dirotto. Me lo racconta mentre incarta stracchino alle due signore che ascoltano curiose.

“Almeno questo è un lavoro sicuro…” Dico io, imbecille, e penso all’alpino ligure, 24 anni.

L’uomo che mi serve, il più storico, autorevole del banco, fa spallucce, mi guarda: “Sicuro? E’ più sicuro fare il carabiniere.”

Abbiamo un concetto di sicurezza diverso, ovviamente. Ma forse anche questa diversità è un lungo racconto della città, delle classi sociali, delle aspettative. E non c’è molto da stupirsi se quelli che muoiono nelle missioni di pace (eufemismo per assolvere coscienza da mondo occidentale) sono tutti di estrazione povera e la maggior parte del sud. Prima o poi una riflessione sul tema dovremo pure avere il coraggio di farla in modo serio. Oggi un mondo armato è un mondo diseguale. E un mondo più uguale sarà un mondo meno armato.

Torniamo a casa. Mentre sbucciamo fagiolini c’è qualcuno che spara botti come fosse capodanno, roba da migliaia di euro. Qualcuno dal palazzo popolare accanto gliele manda a dire che nemmeno fosse la sera del derby.

Il prossimo governo deve mettere mano alla disuguaglianza e alle opportunità. Non c’è altra strada se non la scuola, se non una redistribuzione della ricchezza per riportare il Paese a valori accettabili di convivenza. La rabbia che vediamo è solo di riflesso figlia dell’antipolitica. Nessuno degli italiani, nessuno davvero, ha mai pensato di avere una classe politica complessivamente onesta e incorruttibile. E’ che fino a poco tempo fa la vita era ancora sostenibile. Ora che non lo è più (basta vedere il contenuto dei carrelli della spesa alla fine del mese) l’intolleranza per l’ingiustizia ha superato i livelli di guardia. Non resta che sperare che sia un’opportunità e non un rischio.