Unioni Civili a Roma: ora tocca al governo.

10405234_10205131120632111_6578836863677194348_nRoma ha un registro per le Unioni Civili. Grazie Ignazio Marino a chi l’ha votata e a tutta la giunta di Roma. Speriamo che questo atto fortemente simbolico nella Capitale del Paese sia l’ultimo dei tanti simboli e che sia il tempo di atti concreti che tutelino davvero le nostre famiglie. Adesso tocca al governo non ci sono più scuse dopo l’approvazione della legge elettorale.

Ma Vendola se lo ricorda con chi governa SeL in molte città?

Ma Vendola se lo ricorda in quante città sta governando con il PD di Renzi? Mi sembra un po’ schizofrenico questo attacco. Il partito della Nazione non esiste, esiste solo sui giornali. Dovrebbe esistere, invece, un bel partito grande e plurale di centro sinistra, quello dove per fortuna sono entrati anche compagni di SeL. Un posto dove discutere e far nascere una cultura di governo comune, non di opposizione separata. Sì, il PD, no un altro cespuglietto da cui far nascere altri cespuglietti e ancora e ancora e ancora fino 8come diceva il Bertinotti di Guzzanti, alla scissione dell’atomo). L’unica cosa che esiste è che Italia bene Comune di Bersani, Vendola e Nencini non vinse le elezioni. Quello che accade adesso è una toppa a quel loro fallimento, sono riusciti a perdere anche quando Berlusconi era al tappeto, anche perché furono incapaci di prendere le distanze nette da Monti e Casini (che gli elettori punirono e dimensionarono correttamente, più lungimiranti di tutta la coalizione di sinistra).

Vi prego ditemi che alla prossima tornata elettorale non nascerà il solito cespuglio di sinistra per far perdere i progressisti e far vincere magari Salvini, Meloni e Fitto. Ditemi che non sta accadendo di nuovo.

E dopo il Napalm il ministero “Digitale”

Su verybello.it sono d’accordo Mantellini che invoca il napalm:

[…]Io sostengo da tempo che per la presenza web istituzionale dell’Italia, che si tratti di ministeri, del sito del governo o dei mille progetti satellite che nascono ormai con cadenza settimanale (tutti con il loro ridicolo profilo Facebook e Twitter d’ordinanza) servirebbe il napalm.Sarebbe utile spazzare via tutto, creare una task force di gente brava e competente (tocca pagarli bene perché sono pochi) che si occupi della faccia digitale dell’Italia fuori dal magma informe delle mille commesse date a caio e sempronio (talvolta alla web agency del figlio del cugino ma molto spesso anche a grandi decadute aziende del sofware dal nome altisonante con risultati spesso molto simili) i cui effetti sono sotto i nostri occhi da oltre un decennio. […]

Nel 2014 non si può partorire un sito da 2001 (forse va bene per la CEI e la LUISS……ehm) , quando si viaggia coi i QRCode, con le app e con gli sms che ti arrivano se passi in punti strategici per dirti cosa c’è nei dintorni. C’è un mondo tecnologico e poco costoso tra l’altro da “usare” per rendere accessibile la cultura, per digitalizzare le guide, risparmiare in materiali e quindi spese (con lo smartphone le cuffiette non servono più….).

Lo Stato, secondo me, dovrebbe dare meno soldi ad agenzie private e consulenti esterni e creare una task force dedicata al digitale, un ente trasversale che sia di supporto agli altri ministeri, come accade nelle aziende con le funzioni di staff. Anche perché le cose una tantum, non vengono mai manutenute, e raramente si integrano con gli strumenti istutuzionali e tra loro.

Se non è questo il tempo, quando?

Frasi killer per la democrazia.

Frasi killer per la democrazia: “…ripartire dalla base senza la zavorra dei partiti.” Peccato sentirla pronunciare da chi conosce bene la Costituzione (la cui vita democratica proprio sulla pluralità partitica si fonda, piaccia o no) e la storia, dimenticando che frasi così sono l’anticamera della fondazione di un altro partito che contiene il germe del totalitarismo e del pensiero unico perché non riconosce la dialettica democratica agli altri partiti. Mala tempora currunt.

Il tempo in cui non navigammo lentamente.

Quando provi a cambiare le cose dai più fastidio di quelli che hanno lasciato che le cose andassero per inerzia per tanto tempo. Quando metti mano a cose che nessuno ha mai toccato prima cambi lo scenario, tocchi la resistenza al cambiamento, generi dissenso accanto al consenso. Magari il consenso lo perdi pure. E’ un po’ il destino di quelli che li ami o li odi che in questo Paese sono sempre arrivati secondi, dietro le faccine anonime di nomi bipartisan.

In questo Paese siamo abituati a cambiamenti lentissimi e a lasciare fare al tempo il suo corso. Come un fatalismo, come una rassegnazione. “Tanto è così e non cambierà mai.” E tutti si adeguano a quel “non cambiamento”, le vite si costruiscono in quella dimensione, lo stallo diventa norma. Il movimento, un disturbo.

Siamo abituati a non dare risposte (prima dei social network la politica per un periodo si è dissociata totalmente dal “dare feedback”). A non mettere mano.

Dice il detto del saggio di strada che la “merda” più la tocchi più puzza. Ergo non toccarla.

E’ tutto perfettibile, tutto può essere fatto meglio di così. L’unica differenza è che in questi mesi qualcuno sta provando a fare. A qualcuno questo piace molto. A qualcuno questo piace meno. Pochi sono contenti, ma criticano nel merito i difetti della velocità o rilevano implacabili le cose ancora da fare(mi annovero in questa terza categoria).

Quelli a cui piace meno forse preferivano come era prima: il navigare lentamente, senza disturbare nessun interesse, lasciando tutto alla rassegnazione, al dopodomani.

Da questo punto di vista, comunque la si guardi, se la si pensi in un modo o al suo contrario, questo è un tempo di cambiamenti. Preferivamo quando non si muoveva nulla? Quando le cose avvenivano, ma nessuno le vedeva (tipo gli accordi con Berlusconi per dirne una)?

Davvero non siamo pronti a questo “vedere” cosa accade in tempo reale? Davvero preferiremmo l’ipocrisa dei tempi passati? Questo è il tempo meno democristiano dall’avvento della repubblica. Che non significa che tutto andrà bene e che tutto sarà fatto alla perfezione. Questo è, anzi, il tempo della partecipazione e non della resa. Il tempo di vigilare.

Fassina, i 101 e un pò di retroscenismo pure qua.

Mi fa piacere che Fassina sappia a chi obbedivano i 101. Secondo lui a uno che non era premier e nemmeno segretario e che a mala pena aveva portato un manipolo di persone in parlamento. E io che avevo sempre pensato che fosse opera di ex DS che volevano Marini parte dei quali eletti alle parlamentarie grazie ai voti di Fioroni e ad un accordo con i popolari (visto che oggi è il giorno di dirsi le cose retrosceniste le dico anche io). Poi ricordo benissimo qualcuno che si autodenunciò tra i 101 e che ancora oggi non è annoverabile tra i renziani. A proposito caro Fassina, sempre che sia vero ciò che dici: perchè lo dici oggi?

Cosa diceva Cofferati delle primarie a Napoli e dei cinesi in fila.

…e meno male che non gli domandarono di Roma o del Lazio del 2010.

Per la serie due pesi, due misure, un razzista e l’altro no a seconda di come gira il vento. Mah.

Siccome qui lo schifo lo denunciamo sempre e da anni, permettetemi di mettere in dubbio la buona fede di uno che ha fondato il PD ma evidentemente o fino ad ora ha obbedito senza pensarci molto o non lo ha bazzicato molto. In entrambi casi mi spiace, ma non è una gran perdita. Mi interessa di più stare vicino a chi denuncia. E resta. E paga le conseguenze.

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Mischiare brogli con le patate.

In Liguria si sta facendo confusione. Stupido mischiare tema alleanze con brogli alle primarie. Ho visto cammellare il voto anche a tanti ex comunisti nel Lazio. Separiamo i due temi. Paita chiarisca politica e programma e PD si dua regole buone per evitare voto clientelare che sia straniero o sindacale o associativo o eccetera eccetera. Punto.

Quindi possiamo prendere a pugni le Sentinelle in Piedi?

Molto umilmente credo che il Papa (che mi piace abbastanza spesso di solito) stavolta abbia commesso una gaffe. Se tutti gli offesi del mondo si mettessero a dare pugni avremmo più guerre di quelle che già abbiamo, perchè le offese fanno male anche quando non sono a sfondo religioso. Per esempio, un gay italiano dovrebbe forse andare a dare pugni alle sentinelle in piedi?
Ritengo che l’Europa debba aprire un dibattito profondo su cosa intendiamo per libertà di opinione e crescere un continente dove il rispetto delle differenze (religiose o di qualsiasi altro tipo) e l’esercizio della libertà siano davvero DNA di tutti. Non è facile stabilire quel limite. È una linea sottile che separa le democrazie sane dai totalitarismi (in cui si annoverano anche le teocrazie). Di sicuro tutto questo oassa più per la cultura che per leggi che mettono paletti.

Il problema non sono le primarie.

In molte regioni e città il vero profondissimo problema è che non si fanno crescere classi dirigenti all’altezza. Bravi amministratori che in modo naturale possano dare il cambio avendo dalla propria parte la fiducia e la stima dei cittadini. Così si scontrano spesso tra loro vecchio apparato, sradicati dai territori, persone che fanno convergere poteri non proprio bellissimi. Insomma non vediamo una bella competizione sana alle primarie sa un bel po’ di tempo. Dove per sana, prima ancora che per l’assenza di brogli, intendo tra politici bravi da ambo le parti. La riflessione non va fatta sulle primarie. Ma sul partito e la sua capacità di crescere non per fedeltà ma per competenza all’interno delle sue filiere.