Libro #2

Dunque. Oggi ho assassinato un personaggio. Non mi piaceva. L’ho fatto rinascere e ne ho liquefatto i contrasti. Meno male che era finito ed era un lavoro di cesello. Mi deve essere capitata in mano un’ascia. Cazzo.

La colonna sonora del Libro#2: Giovanni Allevi The Cure Negroamaro Fabrizio De André ColdPlay

Torno sul pezzo. ‘notte.

 

 

Da Sodoma ad Holliwood, cronaca del Torino GLBT festival e di una comunità GLBT matura. Almeno più di quella romana.

Ragioni di lavoro mi costringono a Torino, nella città che il luogo comune vuole triste, nebbiosa e grigia.

 

Torino ha vissuto, con l’organizzazione delle olimpiadi invernali, una specie di risveglio comunitario, la liberazione di energie sopite da decenni, intristite, ma anche vivacizzate, dalle lotte operaie, ingabbiate dalla ricezione di un flusso continuo di immigrazione prima dal sud d’Italia poi dal nord africa e in seguito dal nord est. Torino più di ogni altra città e prima di tutte le altre metropoli del nord, ha vissuto il fenomeno dell’immigrazione. Tale primato evidentemente l’ha resa anche più preparata, o semplicemente il lungo periodo l’ha resa abituata, vaccinata, aperta alle differenze.

 

La comunità GLBT torinese contemporaneamente organizzava il Pride Nazionale, creando un coordinamento di associazioni che, incredibile, visto da Roma, ancora vive, pulsa, organizza, cresce. Il Piemonte, in testa Torino, è considerata, insieme alla Toscana, la regione più gay friendly d’Italia. Un motivo ci sarà: non sarà che se lo meritano? Non sarà che a Roma abbiamo troppo a cuore le identità associative e meno la comunità GLBT?

 

Non ultimo, il risanamento dell’azienda automobilistica di casa, ha contribuito a veicolare come un virus una nuova speranza collettiva che ha unito le classi sociali cittadine.

 

Così Torino si sveglia, ai piedi delle Alpi, non più falsa e cortese, ma come dicono alcune magliette trendy, “fashion e cortese”, si risveglia laboratorio post-industriale, tra i morti della Thyssenkrupp, i concerti negli scantinati, i locali sul fiume, voglia di leggerezza, mostre a non finire di fotografia, di arte, di design e, semplicemente, di vita. La movida torinese è persino salita alla ribalta per una rissa in piazza Vittorio tra alcuni cittadini dal parcheggio facile (selvaggio, diciamo) e i vigili urbani. Quella notte eravamo sul PO ai murazzi e saremo usciti da “di Giancarlo” solo alle 5 del mattino, per vedere il giorno dopo in tv cosa ci era capitato sopra la testa.

 

Il Torino GLBT Festival è stata un’ottima occasione per un apnea di una settimana in cui, naturalmente, non mi sono fatta sfuggire quanti più film potevo.

 

Primato assoluto ai film spagnoli, forse per vicinanza culturale. Il primo, Chuecatown, visto il giorno dell’inaugurazione in una sala che conteneva almeno 500 persone, un film che rompeva il cliché dei gay ricchi e fascinosi, distruggeva, facendogli impersonare un killer di vecchiette, la figura del gay cool, tutto palestra e saune. Un film ironico e dolce. Alla fine non guardavo i titoli di coda, guardavo le persone in piedi, che non avevano la voglia di uscire fuori, per fermare ancora un po’ quello stare tutti insieme, così vicini, così orgogliosi di se stessi. Sì, ho pianto. Non era il film, era tutto intorno.

 

Poi la genitorialità gay affrontata dal punto di vista spagnolo in Spinnin’ e da quello canadese in Breakfast with Scot. Da una parte il colore, il cazzeggio e l’ironia fatalista tipici del paese mediterraneo e il machismo sportivo tutto canadese, che alla fine si dimostra la maschera della propria natura e finisce con il mostrarci il popolo gaio uguale in tutto il mondo: forte, allegro, coraggioso, tenero.

 

Poi il nichilismo giapponese di Candy Rain, in cui storie di donne si alternano nello stesso appartamento. Un film lontanissimo dalla nostra cultura, ma intenso e poetico che si chiude dicendoci: c’è chi è nato per stare solo, che chi non riesce a stare insieme a nessuno anche se vorrebbe, e c’è chi, invece, è nato per farlo. 

 

E ancora il mondo dell’adolescenza raccontato con la malinconia francese in Naissance des pieuvres  dove una giovanissima lesbica scopre grazie ad una bellissima atleta di nuoto sincronizzato i turbamenti dell’amore e il dolore del rifiuto (anche se un bacio alla fine lo spunta, con boato di soddisfazione del pubblico che non aspetta altro per tutto il film) che non sono affatto diversi da quelli che l’amica etero bruttina vive per un ragazzo che le piace. Ci dice che l’amore non è diverso, è amore e basta, anche quando ci è sembrato, da piccoli, di essere dei mostri. Ed ancora But I’m a Cheerleader, americano, comico, da schiantarsi dal ridere, film in cui una cheerleader viene spedita dai genitori (tipici WASP) a curare il proprio lesbismo in una fattoria tenuta da una specie di Crudelia in rosa, tra giovani checche in fase di redenzione e una butch sufficientemente figa da redimerla definitivamente. Lì scoprirà di esserlo davvero e si libererà dei pregiudizi e dei genitori.

 

In quasi tutti i film ho percepito una tensione alla normalità, una maturità da cui in Italia siamo lontanissimi, dell’argomento omosessualità, quasi un esercizio mondiale, in cui autori e registi si cimentano nel rompere luoghi comuni (il giocatore di Hockey gay che odia i bambini, la Cheerlady lesbica che si fa i bigodini), nel descrivere il desiderio di paternità gay con naturalezza. Si parlava di famiglia, ecco, superando il solipsismo della condizione omosessuale; si parlava di allegria, superando il travaglio del “dirselo”.

Non sono riuscita a vedere nessun film italiano, ho avuto l’impressione che non ci fossero nemmeno e questa è l’unica nota triste del festival.

 

 

Qui sotto vi riporto le schede dei film che ho visto, magari potete cercarli, ordinarli.

 

Le schede dei film

 

 

Chuecatown

 

Leo e Rey sono una coppia e vivono nel quartiere di Chueca a Madrid. Sono gay atipici: non gli interessa la moda, gli piace il calcio, non hanno un soldo, sono in piena crisi, ma, nei limiti del possibile, vivono felici. Nel loro quartiere si stanno verificando strani omicidi di donne anziane. L’assassino è Víctor, un agente immobiliare la cui massima aspirazione è trasformare Chueca in un quartiere modello, dove tutti siano giovani e belli e vivano in appartamenti lussuosamente ristrutturati. Quando la vicina di Leo e Rey muore misteriosamente, nell’appartamento ereditato dai due si trasferisce la madre di Rey, una vecchia dal carattere impossibile che renderà il lavoro di Víctor molto difficile. Candidato ai premi Goya per la migliore colonna sonora. Nel cast, tra gli altri, Pepón Nieto, (Los novios búlgaros,Cachorro, Un paso adelante) Pablo Puyol (20 centimetri, Un paso adelante), Concha Velasco (Km 0), Rosa Maria Sardá (A mia madre piacciono le donne, Tutto su mia madre, Amic/Amat). 

 

Naissance des pieuvres

 

D’estate, nella periferia di Parigi, Marie, Anne e Floriane, quindici anni e una passione in comune per il nuoto sincronizzato, passano il tempo a guardare il soffitto. Quando i loro destini si incrociano, esplodono amori e desideri inaspettati.

 

Candy Rain

 

Candy Rain racconta quattro storie intime e poetiche di donne innamorate nella Taipei contemporanea. Jessie ha deciso di ricominciare la sua vita a Taipei dopo aver rotto con il suo fidanzato e litigato con la famiglia. La sua amica di liceo e ammiratrice segreta Pon le ha detto: “Mi prenderò cura di te”. U è dell’ariete e si sa proteggere bene. Cerca l’amore ideale ma non sa dove trovarlo. Spencer è innamorata di Summer, che si sta sposando. Prima di dirsi addio, promettono di rivedersi da lì a dieci anni. Le relazioni di Ricky invece sono sempre violente: come fuochi d’artificio, meravigliose ma corte. Per Ricky, è un circolo vizioso.

 

But I’m a Cheerleader

 

Quando Megan, tipica ragazza pon-pon, è sospettata di essere lesbica dagli amici e dalla famiglia, viene spedita a “True Directions”, un campo di riabilitazione diretto da Mike (Ru Paul), “ex-gay” che promette di “curare” la sua omosessualità. Ma su cosa si fondono queste accuse? Beh, lei è vegetariana, detesta baciare il suo ragazzo e ha un poster di Melissa Etheridge nella sua stanza. Col passare del tempo, Megan si rende conto di essere davvero lesbica e di essere innamorata della sua amica Graham, che invece vive apertamente la propria sessualità. Film prodotto da Andrea Sperling e diretto dalla sua compagna Jamie Babbit (Itty Bitty Titty Committee). 

 

Berusaiyu no bara
Lady Oscar

 

Oscar Francois De Jarjayes è una fanciulla bionda, allevata dal padre come se fosse un maschio. A venticinque anni entra, in abiti maschili, nel servizio della regina, assistendo agli intrighi di corte e facendo la conoscenza del conte Hans Axel Von Fersen di cui si innamora. Dal romanzo La rosa di Versailles di Ryoko Ikeda, diventato popolare grazie a un serial giapponese di disegni animati. 

 

Breakfast With Scot

 

Eric, trent’anni, vive per l’hockey. Da ex-giocatore dei TorontoMaple Leaf è riuscito a trasformarsi in giornalista sportive per la TV. Il suo sogno si è realizzato! Ma quando il suo compagno Sam gli comunica che dovranno temporaneamente occuparsi di un bambino, il comodo mondo di Eric traballa. Arriva Scot, un bimbo assai effeminato di undici anni che ha appena perso la madre: l’esatto opposto di Eric. Sconvolti dalla “joie de vivre” di Scot, Eric e Sam cercano di far dimenticare a Scot la crema profumata per le mani e la passione per gli oggetti rosa, in cambio di un passatempo più accettabile: l’hockey. Ma dopo la prima disastrosa partita di Scot, Eric comincia a ripensare ai compromessi che ha fatto nella sua vita allo scopo di essere “accettato”.

 

Spinnin’

 

Gárate e Omar sono una coppia gay. Vogliono avere un bambino, ma non è facile…Seguendoli, incontriamo altri curiosi personaggi e le loro particolari, mutevoli, storie di amore e di amicizia.