Alemanno e il Gay Pride e l’affaire GLBT romano. Ultima puntata

“Ci siamo confrontati con franchezza e ho spiegato loro i motivi per cui il Comune di Roma non darà il patrocinio al Gay pride, è una manifestazione di identità in cui si fanno rivendicazioni ben precise che per alcuni aspetti non condivido, come i matrimoni gay e le coppie di fatto”. Si tratta di “rivendicazioni per cui c’è il diritto di manifestare ma non possono essere appoggiate da questa amministrazione” e anche “Abbiamo accolto le proposte di carattere formativo, culturale e di assistenza contro ogni forma di discriminazione. Perciò istituiremo nuovamente presso l’assessorato alla Cultura un tavolo di coordinamento tra l’amministrazione e le associazioni per tradurre in fatti concreti le proposte”, Il Comune appoggerà “corsi di avviamento al lavoro per persone gay e trans anche per combattere il rischio della prostituzione e dello sfruttamento”.

Intervento al Circolo PD Portuense

Ovviamente non ero presente, ma ringrazio il coordinatore Fabrizio Mossino per averlo fatto leggere.

 

Un’analisi politica a freddo che sia degna di essere tale non può prescindere da una forte autocritica soprattutto di quanto accaduto a Roma.

 

In questi mesi tra Torino, l’Emilia Romagna e Roma mi è capitato di parlare con tantissima gente di ogni estrazione sociale. La mia è certamente una posizione privilegiata che mi consente di venire a contatto con più strati sociali contemporaneamente. L’esperienza nel cuore della Fiat di Marchionne, la militanza nel movimento gay e lesbico italiano e infine la curiosità umana da cui non posso prescindere, forse per la passione della scrittura.

 

Così ho incontrato operai che hanno votato Lega e hanno pianto, lesbiche e gay, tantissimi, che hanno vissuto la candidatura di Rutelli come una violenza, come l’ennesimo colpo dopo un 2007 davvero tragico per la comunità. E ancora, giovani di trent’anni, appassionati di politica, persone di sinistra e affascinate dal progetto del PD, che hanno storto il naso davanti alla candidatura di Rutelli considerata la prova della mancanza di crescita generazionale, della mancanza di continuità se non attraverso una forma di reggenza, la stessa matrice che si ritrova nelle università, negli enti pubblici, insomma ovunque ci sia da rivoluzionare il modo di agire.

 

Qualche giorno fa un vecchio militante mi ha detto: “Su Rutelli sarebbe bastato fare 10 telefonate a caso nei circoli e chiedere alla gente di dire davvero cosa pensava.”

 

Rutelli non ha certo perso per avere negato nel 2000 il patrocinio al più bel Gay Pride italiano o per aver portato la Binetti in parlamento o avere distinto, l’anno scorso, famiglie etero da quelle gay, come se tra queste due famiglie ci fosse davvero una contrapposizione. La comunità gay non è ancora così forte e consapevole e lo ha dimostrato l’esperimento fallimentare della candidatura Grillini, da me stessa appoggiata. Ma attraverso la questione della laicità in questi 15 anni Rutelli si è giocato la credibilità, passando da un estremo all’altro. Come fidarsi di una persona che vive una tale parabola su questioni così importanti?

 

Non abbiamo ascoltato. Non solo la città o il paese, in alcuni casi (tentativo comunque cominciato dal nostro segretario Veltroni e probabilmente attutito dagli equilibri di correntismo ancora troppo forti) non ci siamo nemmeno ascoltati tra di noi.

 

Se ogni forma di dissenso viene censurata ed isolata ripeteremo gli errori del vecchio PCI. Mi vengono in mente nomi illustri di dissidenti che provarono a “svegliare” il partito. Penso a Pavese. A Vittorini. A Pasolini. Ma penso a tutti i signor nessuno che non riescono ancora ad entrare in questo processo di creazione del partito. Se noi lasciamo fuori quel pezzo, quella componente che era il valore aggiunto alla somma di DS e Margherita avremo fallito il nostro sogno.

 

Se la questione Rutelli si riduce ad una caccia alle streghe tutta interna al partito, isolando chi ha dissentito (e il dissenso in assenza di primarie doveva essere democraticamente consentito!) noi non avremo capito che i veri responsabili di questa sconfitta sono coloro i quali lo hanno candidato ed anche coloro i quali hanno taciuto, sapendo che era una scelta sbagliata.

 

Perdere quasi il 20% dei consensi in due anni significa non avere capito la città.

 

La classe dirigente del partito oggi ha una sola grande responsabilità: guidare il ricambio, quello generazionale ed anche quello di genere. Anche facendo dei passi indietro. Anche rinunciando. E’ il momento per chi dirige il partito di essere generosi.

 

A Roma deve crescere una classe dirigente giovane, entusiasta, compatta, che superi le differenze dei vecchi schemi. Vorrei vedere i tantissimi ragazzi che ho conosciuto in questi mesi, dei DS, della Margherita, del PD, avere delle responsabilità. Voglio vederli coinvolti nelle decisioni del partito. E voglio vedere questo partito avere coraggio, anche di guidare il Paese vero il cambiamento.

 

Il ricambio porterebbe nuovo entusiasmo, ci farebbe ripopolare i circoli, scendere in strada ad ascoltare la gente come ha fatto la Lega, come ha fatto AN a Roma in questi anni.

 

Infine mi piacerebbe che il mio circolo e così gli ospiti illustri che oggi sono presenti e con i quali mi scuso di nuovo per l’assenza, ma purtroppo non potevo assentarmi dal lavoro per esserci, aderisse al Gay Pride romano.

Come sapete di recente ho scritto ad Alemanno per invitarlo al Gay Pride. Spero non ci sia bisogno nemmeno di chiederlo al mio partito, ricordando che non è la pagliacciata che alcune televisioni vorrebbero fare credere, ma una manifestazione che chiede pari diritti e pari dignità, già patrocinata tra l’altro dalla provincia di Roma, guidata da Nicola Zingaretti (che era il mio candidato sindaco!).

Solo ieri un giovane di 24 anni è stato aggredito a Roma dopo il raid neonazista al Pigneto. Io ritengo che un partito coraggioso, progressista, che guarda all’’Europa non possa non sfilare accanto al popolo omosessuale italiano.

Se non abbiamo il coraggio di distinguerci dalla destra o da certi estremismi religiosi che ancora considerano l’omosessualità una malattia saremmo un partito reazionario e difficilmente potremmo rappresentare una speranza per le future generazioni.

 

Un caro saluto a tutti i democratici presenti.