Se sull’omofobia l’Italia non cambia verso.

Buffo che nei giorni in cui viene Obama in Italia anticipando il suo viaggio parlando di un mondo dove i diritti non siano calpestati con esplicito riferimento ai diritti degli omosessuali e l’omofobia russa, l’Italia faccia un enorme passo indietro inchinandosi a Bagnasco e cancellando il lavoro dell’Unar nelle scuole, proprio in un tempo in cui l’emergenza suicidi tra adolescenti gay è altissima. Quanti altri morti prima di capire?

Cambiare verso significa, come Obama ci ha insegnato, regalare un Paese che sia accogliente con tutti e combatta ogni forma di discriminazione. Definire le scuole “campo di rieducazione” è di una gravità inaudita, è una parola violenta.

Darla vinta a Bagnasco significa scegliere tra lui e il destino di molti dei nostri giovani. Un’estrema manifestazione di debolezza di questo governo. Mi spiace dirlo, ma è così.

Non starò in silenzio.

L’indottrinamento LGBT, l’Italia come la Russia?

Una piccola premessa. Vladimir Luxuria, esponente ed attivista LGBT doveva andare a parlare in una scuola di Modena. Questo (che attivisti LGBT vadano nelle scuole, invitati) accade in tutto il Paese per fortuna ed accadrà anche a me in settimana in una scuola romana, nell’ambito del progetto Le Cose Cambiano a Roma nelle scuole che hanno aderito al progetto, un progetto voluto dal Comune di Roma dopo l’ennesimo suicidio di un ragazzo gay. In sostanza, se mi permettete di dirlo con emozione, nessuno di noi va a propagandare (cioè promuovere, cioè fare pubblicità, cioè dire che un prodotto è meglio di altri o va scelto per le sue qualità) alcunchè. E’ come se io dicessi che qualsiasi eterosessuale che parla della sua fidanzata o dei suoi figli stia facendo propaganda. Semplicemente, vivaddio, si racconta. Ed ogni amore, ogni famiglia è differente, non esiste un modello migliore di altri. E’ come dire che una persona separata o senza figli che si racconta propagandasse la sua forma di famiglia. O un prete, per dire, è come se propagandasse la scelta di prendere i voti.

Provoco, ovviamente.

Sostiene Toccafondi, sottosegretario all’istruzione (una delle tristi scelte figlie delle maledette larghe intese), citando l’articolo 30 della Costituzione che “e’ dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli” e che quindi una persona LGBT non può entrare in una scuola a parlare della propria esperienza perché questo mette a soqquadro un principio educativo perchè si fa propaganda LGBT e si offre una visione unilaterale di famiglia e sessualità.

Qualche puntino sulle i.

  1. L’essere gay e trans non si può propagandare. Questa visione è figlia, purtroppo, di chi ancora crede che si possa far diventare qualcuno gay o guarire i gay e farli “tornare” etero. Non si guarisce dall’omosessualità come non si convince un etero a diventare gay. Per fortuna.
  2. Le persone LGBT non danno una visione unilaterale di sessualità e famiglia. E’ esattamente il contrario. Noi veniamo per il 99% da famiglie etero e raccontiamo che esiste ANCHE un altro tipo di famiglia e non diamo alcun criterio qualitativo nel definire i due tipi di famiglia. Semplicemente raccontiamo la verità ai ragazzi invece di fargli credere che le famiglie gay non esistono o sono una cosa così mostruosa da non dover essere raccontata. In poca sostanza chi fa propaganda è chi racconta il mondo come lo vorrebbe e non come è. In questo caso chi fa propaganda o forse desidera scuole che la facciano è proprio il sottosegretario Toccafondi.
  3. è molto probabile, comunque, che non sia nemmeno il tema famiglia a voler essere toccato in un contesto scolastico, quanto piuttosto quello “elementare” ma fondamentale della bellezza della diversità. Il progetto romano, per esempio, è nato dopo un’ondata di suicidi tra adolescenti

Infine è davvero triste dover discutere in questi termini e con questi toni nel 2014 in un paese civile, come se fossimo la Russia di Putin che non a caso per limitare in maniera paracula l’evoluzione dei diritti civili, si è rifiugiato contro la frase “propaganda gay” rendendo “propaganda” la sola esistenza delle persone omosessuali che solo in apparenza non sono perseguitate. Lo sono eccome.

Mi piacerebbe portare con me il sottosegretario Toccafondi questa settimana nella scuola romana dove andrò a parlare con 50 studenti (sperando che il ministero a questo punto non me lo impedisca) per dimostrargli il profondo rispetto che ho nei confronti della diversità, in questo caso la sua, quella di qualcuno che evidentemente ha ancora paura. Io non ho paura di lui. Non ho paura della varietà del mondo e quella paura è l’unica cosa che dovremmo provare tutti a guarire.

p.s. Questo tweet di Christian RoccaNuova immagine mi ha fatto rimanere molto male perché assume che il pensiero di Toccafondi sia plausibile, cioé che Vladimir Luxuria, possa davvero andare nelle scuole a promuovere nuove forme di famiglia. Un giornalista (bravo come lui oltretutto) dovrebbe conoscere bene la differenza tra la parola “promuovere” usata in modo ideologico e la realtà del “raccontare”. E coglierne la voragine.

 

 

Il sottosegretario omofobo.

Dovevamo proprio metterlo all’istruzione, proprio nel luogo che dovrebbe contribuire a rendere migliore il Paese di domani?

leggete qui.

Per quanto mi riguarda sono sempre più orgogliosa del progetto Le cose cambiano a Roma” che in questi giorni sta portando molti di noi nelle scuole superiori romane. Se Toccafondi ha dubbi e ritiene che parlare nelle scuole sia fare propaganda gay (una contraddizione intellettuale) o ledere la libertà dei genitori lo invito a venire con me in settimana. Così si tranquillizza.

“Ho dormito con te tutta la notte”

E’ una frase contenuta in una poesia di Neruda ed il titolo del mio terzo romanzo.

“Ho dormito con te tutta la notte”, tra qualche settimana in libreria, edizioni Hacca Edizioni.

Ho come al solito quella sensazione strana: quel grande silenzio appena “prima”. Ciò che esiste appena dopo la curva, ma non dico nulla. Ho messo tutto lì dentro.

Bella gente.

Strana settimana, quasi didascalica. Tra colloqui e incontri casuali ho incontrato X che ha 50 anni ed è tornato in Italia dopo che gli hanno bruciato il ristorante su una spiaggia di un paese sudamericano, ha perso tutto e oggi vuole rimettersi in gioco. Ho incontrato Y che dopo essere stata costretta a dimettersi perché era incinta (due anni fa) ha creato un’attività tutta sua ed è uscita dalla peggiore delle umiliazioni a cui ancora oggi tanti imprenditori “minuscoli” costringono le donne italiane. Ho incontrato uomini e donne di una “certa” età che non si arrendono e hanno l’energia ijnaspettata (siamo pieni di pregiudizi, tutti quanti) di un ventenne.

Il cognome di uno sul simbolo di tutti.

Nelle liste Europee troverete i nomi di Berlusconi (e magari la figlia candidata) e Grillo sulle schede. Non troverete il nome di Renzi sul simbolo del PD e lui non si candiderà perché tutti noi siamo ospiti di un progetto che appartiene a tutti al di là del carisma che un leader può avere o non avere. Il PD sopravviverà a Renzi, sopravviverà a tutti noi (se noi lo conserviamo, cambiamo, miglioriamo e non lo lasciamo in mano ai pochi banditi sui territori, missione altissima e difficilissima questa che ci aspetta nei prossimi anni accanto a quella di governo, la vera MISSIONE nel PD di questo tempo) mentre Forza Italia e Movimento5Stelle legano i loro destini non ad un’idea di società, ma al cognome di un singolo. Sarebbe facile sfruttare il vento in poppa di un cognome per “personalizzare” un progetto politico. Non sarebbe etico, non sarebbe giusto. E vinceremo lo stesso.

Rispondendo a Moretti sui manager pubblici.

Dice Moretti che se si tagliano gli stipendi ai manager pubblici questi ultimi se ne andranno all’estero.

Non credo accadrà perché tutti sappiamo benissimo quanto siano (in larga parte) politicizzate le loro nomine e non basate sul merito. I manager pubblici devono essere misurati su obiettivi e devono vivere la stessa precarietà dei manager in ambito privato. Questo ci consentirà di selezionare i migliori e allora sì, forse qualcuno sarà chiamato all’estero o in aziende private. Ad oggi vedo manager pubblici saltare da un’azienda pubblica all’altra, con stipendi stratosferici e sproporzionati rispetto ai servizi erogati a noi cittadini, non vedo innovazione, non vedo cambiamenti come se il pubblico fosse un carrozzone e non una sfida.

“Menzionati” il triste destino dei creativi italiani.

Ve la ricordate la campagna #coglioneno? che provocatoriamente faceva provare ad idraulici e antennisti l’umiliazione checspesso i grafici devono sopportare in Italia?

Ci casca anche il M5S cercando un grafico che lavori gratis, solo per una menzione. La domanda è sempre la stessa, oggi riguarda il m5s, ma ci riguarda tutti, in Italia, un luogo dove la creatività dovrebbe essere coccolata e coltivata e dove la umiliamo quotidianamente: chiederemmo all’idraulico di lavorare gratis in cambio di una menzione su FB?

Il gattopardo è sempre in agguato (il caso PD Lazio)

Nessun progetto politico potrà durare nel lungo periodo se non si rinnova l’essenza stessa delle formazioni politiche a tutti i livelli. Il cambiamento deve coinvolgere minuziosamente ogni angolo del Paese, ogni giunta comunale, ogni consiglio regionale perché solo così si possono “fare avvenire” le cose. I cambiamenti coinvolgono i livelli profondi. Stiamo attenti. Il nodo è lì, tutto lì. E il gattopardo è sempre in agguato.

Mi dicono che la prima assemblea del PD Lazio sia finita con una rissa e si sia conclusa senza votare direzione e commissione di garanzia e con l’elezione di una presidente che non fa nemmeno parte dell’assemblea e sulla cui elezione faremo ricorso immediato.

Diciamo che Roma e Lazio continuano a non essere coinvolte dal nuovo corso, come se non fosse accaduto nulla negli ultimi 4 mesi. E forse meriteremmo il commissariamento ad oltranza: non oso immaginare da qui alle Europee cosa possa accadere per spartirsi i posti in lista. Direi che la gestione del partito, a tutti i livelli, in questo momento è molto più importante di quanto possa apparire in superficie. E di superficialità si rischia di morire. Prestissimo.

Ancora sulle preferenze e in risposta a Filippo Facci.

Filippo Facci scrive su Il Post che appoggerebbe il referendum che il deputato Marco Meloni vorrebbe proporre per reintrodurre le preferenze. Lo fa ricordando poi cosa accadde nel 1991 quando Craxi disse al paese di andare al mare e il PDS per fortuna portò 27 milioni di italiani a votare contro con affermazioni valide tutt’ora, anzi forse tra le affermazioni più valide di una classe dirigente che non ha spiccato né per vittorie neé per lungimiranza:

“«Espressione di populismo che fa leva sulla disaffezione popolare», discorsi sul clientelismo e sul voto di scambio, insomma gli stessi argomenti che ora imbraccia Forza Italia. Piero Fassino e Walter Veltroni parlarono delle preferenze come di «un fattore di competizione perversa e malsana tra candidati della stessa formazione, di lacerazione e indebolimento nel confronto con gli autentici avversari». Altri, come Fabio Mussi e Pietro Folena, paventarono «l’incremento delle spese elettorali, il proliferare delle pratiche clientelari, del malaffare e della corruzione, del voto di scambio e degli inquinamenti malavitosi», una «garanzia del predominio delle organizzazioni criminali»”

A parte che Facci dimentica che oltre alle preferenze esiste anche una forma elettorale “a collegio uninominale” che come è noto è la mia prediletta per il giusto equilibrio che viene distribuito al collettivo politico e al singolo candidato, l’affermazione che più mi ha fatto sorridere è la seguente:

“Anzitutto, un mix di preferenze e indicazioni uninominali è già ampiamente usato nelle elezioni comunali e regionali ed europee: e funziona. Quando si paventa il rischio di clientele, in secondo luogo, forse non è chiaro che le segreterie dei partiti sono considerate proprio questo: delle clientele, degli avventori al servizio di un venditore unico che si chiami Berlusconi o Renzi o altri ancora. Senza contare che, diversamente dai capibastone della Prima Repubblica, certi nominati le preferenze non sarebbero nemmeno capaci di andarsele a prendere: non saprebbero proprio come si fa. Poi ci sarebbe un terzo argomento, questo: i voti di scambio e le clientele sono una minoranza estrema, ed è assurdo che una maggioranza di italiani non possa esprimere una preferenza per via di un’estrema minoranza. Questa non è una nazione interamente di clientele, e tantomeno lo è il Sud. In qualsiasi caso l’erba cattiva si cerca di estirparla, mica si sospende tutto il raccolto.”

E’ verissimo che non tutto il Paese è clientelare. Infatti la % di chi esprime le preferenze rispetto al totale dei votanti in alcuni casi è bassa (partito più forte – e forte – degli eletti, vedi caso Piemonte), in alcuni casi è altissima (partito identificato con gli eletti e debole). In ogni caso la % totale degli italiani che esprime le preferenze sul totale dei votanti è bassissima, quindi di cosa parliamo? Di una minoranza che decide le persone con pesi decisi dalla maggioranza (studiare i maccanismi elettorali è affascinante, ma è materia da approfondire e da non liquidare con populismo). In entrambi i casi le preferenze si concentrano su pochi, quei pochi che hanno 100/200k per pagare una campagna elettorale e dotarsi della giusta visibilità rispetto ai componenti dello stesso partito. A Facci poi sfugge che quei soldi (spesso, non sempre, non nei casi di quei pochi singoli davvero visibili ed amati dal territorio, ma si tratta di rarissimi casi comunque di persone che hanno dedicato la vita alla politica o sono famosi per altri motivi) vanno restuiti e vengono restituiti sotto forma di marchette quando si governa: si finanziano progetti, si concendono appalti, si prendono decisioni x piuttosto che y.

La verità è che, a mio avviso, l’unica legge elettorale sana per il nostro Paese in questo momento è quella maggioritaria con i collegi uninominali a doppio turno. Ma che prima del sistema delle regioni è meglio l’Italicum con liste corte e collegi comunque piccoli. Le preferenze sono un guaio. Lo scandalo delle regioni e le molte marchette che si fanno spesso nei comuni ne sono la prova.

p.s. per fortuna il Paese non andò al mare e la storia di Craxi e di tangentopoli racconta semplicemente che non solo Craxi aveva torto ma era anche in malafede come la storia ha dimostrato.

Le quote rosa.

Non sono passate le quote rosa e non è una cosa buona. Non è una cosa buona perchè non faceva parte dell’accordo. Saranno problemi per i partiti che su questo (NCD e FI) non hanno voluto sentire ragioni, ne pagheranno le conseguenze alle prossime elezioni e se non le pagheranno dovremmo farci un paio di domande sul Paese come se non fossero già venti anni che dovremmo guardare agli elettori e non agli eletti per capire di più di noi stessi.

Non lo è, una cosa buona, perchè se fossero passate sarebbe saltato l’accordo sulla legge elettorale che già è un estremo compromesso per molti di noi. Considero questa fase un transitorio bruttissimo in cui si sta facendo i salti mortali per produrre una legge elettorale che conferisca governabilità al Paese (la verà priorità della nostra democrazia e dello sviluppo “lungimirante” di politiche serie, durature, incisive. Se questo accadrà (ancora non ci credo e il vincolo dell’abolizione è pericoloso) sarà una vera rivoluzione: significherà radere al suolo i professionisti dell’inciucio e del potere passato di mano in mano, spesso maschile. Il PD rispetterà la parità di genere e se dovesse governare con la maggioranza assoluta insieme agli alleati sono certa che darà al paese una legge elettorale migliore di questa e che introdurrà la parità di genere. Possibilmente chiariamo subito che le liste avranno alternanza di genere e che la parità sarà applicata sui capolista.

Su questo non sono d’accordo con Matteo Renzi. La parità si deve costruire anche per legge in un sistema di potere maschile e molto clientelare. Inutile girarci intorno. Piuttosto valorizziamo le scelte che farà il PD. E’ meglio e ci facciamo tutti una figura migliore.

ps. trovo poco sensato che chi si batte per la parità di genere non si batta anche contro le preferenze: dove si vota con le preferenze non è un caso che le donne elette siano molte ma molto meno degli uomini, soprattutto più sono grandi i collegi. Guardate la Regione Lazio dove, nel PD, non è stata eletta nemmeno una donna. Sono stupide le donne del Lazio o c’è qualcosa che non va? Ecco preferirei ragionare su questo che su altro.