Se basta un cognome.

Oggi solo per avere osato fare notare cosa faceva Lucia Borsellino fino a ieri (la dirigente della sanità, lavorando fianco a fianco di Russo, assessore di Lombardo) me le sono sentite dire di ogni colore.

Ecco questo è puro berlusconismo mediatico.

Basta un cognome, formato spot, nel Colosseo degli affamati di giustizia.

Nessuno vuole nemmeno sapere che Lucia Borsellino si sente in continuità con quella giunta e che parlare di rivoluzione è solo operazione mediatica.

Il mio non è un giudizio tecnico, è la raccolta di un dato di fatto, che sarebbe confermata anche dalla diretta interessata, basta leggere qui.

Ma nel paese del tifo è meglio offendere chi ti smonta il sogno che chi ti ha ingannato.

Nel Paese in cui basta un cognome come se ci fosse identità nel sangue, automaticamente, è meglio tacere e allinearsi ai luoghi comuni di memoria monarchica. Ebbene: non è detto che lo stesso cognome è indice di identico comportamento sociale. E’ da stolti pensarlo. Magari Lucia Borsellino, è una bravissima persona, onestissima.

Ma non vi pare che incoronarla come “onesta” solo in quanto figlia sia un postulato sociale assurdo?

Buona notte, Sicilia.

La Sanità in Sicilia ovvero la continuità.

Io non voglio fare sempre la guastafeste, ma ci sono cose che NON comprendo.

Nei governi Lombardo la Sanità era affidata ad un magistrato “allievo” di Borsellino.

Oggi è affidata alla figlia di Borsellino, già dirigente regionale in capo a quell’assessorato.

Quindi è continuità, non discontinuità. Giusto?

O sono io che non comprendo?

Un assaggio di analisi seria del voto in Sicilia

Per il M5S solo il 56% di chi vota il partito esprime anche la preferenza. Per il PD l’84%, per il MPA il 96%, per l’UDC il 95%. Insomma il M5S è un partito in termini quasi tradizionali, la gente si fida del simbolo. Gli altri sono partiti in mano alle preferenze personali. Vogliamo aprire un riflessione? Partiti più sani, meno ostaggio dei capobastone.

Sicilia, il M5S ci pensi su.

Lo dico chiaro.

Ha vinto Grillo. O meglio, ha vinto quel ragazzo, Cancelleri, della mia età.

Ha vinto la voglia di uscire dallo schema rigido dei partiti, quella roba che molti di noi hanno deciso di combattere da dentro e non da fuori. Quella roba che gli asserragliati nella torre (la nostra dirigenza) non hanno compreso: perché loro sono convinti di sapere cosa fa bene al Paese anche quando il Paese non è d’accordo. L’anti-democrazia totale.

Cancelleri ci pensi bene e – provocatoriamente – offra appoggio a Crocetta sulla base del proprio programma, senza snaturarsi. Impedisca di passare dalla parte del torto e di ricreare una sorta di Lombardo bis. Meglio un Crocetta ostaggio del M5S che del PDL.

Se fossi Bersani chiederei a Crocetta una legislatura breve in cui si cambia la legge elettorale e si restituisce il voto alla Sicilia. Questa alleanza PD, UDC e probabilmente PDL significa impalare la Sicilia, non so davvero come faccia Crocetta a pensare di scrivere una qualsiasi storia con questi numeri. Veramente, siamo seri. Far passare tutto questo come un vittoria ci fa perdere di credibilità e non offre opportunità a chi si vuole astenere e si asterrà anche a maggio.

 

Sicilia: il futuro e’ arrivato e fa abbastanza schifo.

Questa mattina vorrei vedere fioccare dimissioni. Per primi tutti quelli che si sono candidati in Sicilia e quando perdevano se ne andavano, rifiutandosi di costruire il futuro. Ora il futuro e’ arrivato e fa abbastanza schifo.

Anche solo per il dato di affluenza, dovrebbero piovere i saluti e gli addii di un’intera classe dirigente. La Sicilia resta un mistero, ma stavolta forse fa eccezione e fa da cartina di tornasole del fallimento di un’intera classe politica al tramonto del ventennio.

Come si fa a non vedere? In Sicilia ci sono in grande tutti gli errori che abbiamo fatto: fare campagne elettorali per vincere e basta, facendo cartelli improbabili. Appoggiare Lombardo che veniva coperto di inchieste e scandali, invece di opporci, con tutte le nostre forze opporci e cercare una candidatura sana e svincolata da quel sistema e soprattutto: che non fosse pescare tra i soliti 4 nomi.

Candidare uno che andava bene a quel cartello quando la storia di Palermo gridava vendetta (Crocetta aveva appoggiato Ferrandelli, vincitore delle primarie, poi asfaltato dal dinosauro, ma visionario, Orlando) era una follia.

Ecco. Il futuro è arrivato, ora si raccoglie quello che abbiamo costruito. Il primo frutto è che 1 siciliano su due è rimasto a casa. Il secondo è che la mafia non governa il voto o è frammentata, o non gliene frega  nulla.

Dico un’altra cosa che non ho detto fino ad ora. Che in fondo, sapendo che la gente del M5S è brava gente incazzata (altra cosa è Grillo), dentro di me mi auguro che alla fine vincano loro (leggete il profilo del candidato Cancelleri) e questo sia l’inizio del nostro cambiamento. Se vinciamo di un soffio rischiamo di non comprendere quella lezione e di non vedere, come gli struzzi, infilati sotto la sabbia, con tutto il corpo, non solo con la testa.

p.s. poi chiunque vinca se la dovrà vedere con questa legge elettorale. Nessun presidente avrà la maggioranza.

p.s.2 A nessuno del mio partito salti in testa di dire che se vince il M5S, vince la Mafia.

Il consumo di suolo a Roma

“Il tema dell’espansione della città, della trasformazione di territorio agricolo in territorio urbanizzato è uno di quei temi cardine per l’urbanistica, anche ovviamente per quella romana; a Roma il consumo di suolo e l’espansione della città da oltre cento anni a questa parte sono stati guidati dalle esigenze della città ma anche, e spesso in modo prevalente, dalla rendita fondiaria. I proprietari di terreni (a inizio secolo in mano a poche famiglie) hanno sempre manovrato affinché i loro terreni diventassero edificabili, una rendita enorme, senza grandi sforzi e impegni, che ha deformato, da sempre, la politica e l’economia romana, e ovviamente l’assetto della città.”

Una bravissima Estella Marino, sul consumo di suolo a Roma, da leggere per intero qui.

A proposito di casta e di ingiustizia.

Vi ricordate Gianluca quello che ha tappezzato Roma di manifesti per scusarsi con la moglie di averla tradita? I manifesti (ovviamente) erano abusivi e ora Gianluca deve pagare 8 mila euro di multe.

Ora io sono d’accordissimo, figuriamoci. Mi conoscete e su questa storia dei manifesti non faccio sconti a nessuno, nemmeno a Matteo Renzi che alla fine si è dovuto scusare pubblicamente con la città.

Ma ora che questo poveraccio sia l’unico a Roma a pagare una multa quando i partiti fanno carne da macello della città (con i soldi nostri e spesso di dubbia provenienza), mi pare una vera assurdità.

O pagano tutti (preferibile) o non paga nessuno. Possibile che anche in questa cosa così stupida si debba rilevare profonda distanza e differenza di trattamento tra politica e gente comune?

Le olive che hanno fatto il servizio militare.

“Numero 70”.

“Numero 71”

“Eccomi, sono il il 70.”

Supermercato vicino casa, sabato pomeriggio. Ci buttiamo lo stesso nell’ora notoriamente di punta, con tanto di traffico per girare con i carrelli che qua non è un ipermercato e lo spazio di movimento non è moltissimo. Fuori pane e olio e una bibita e animazione per bambini. Insomma un sabato normale, se non fosse che non riesco quasi mai a passarlo così e finisce che la sera mi butto in un fruttivendolo indiano per fare la spesa di prima necessità.

“Prego desidera?”

E chiedo un guanciale e del pecorino per l’amatriciana di una cena tra amici. Poi chiedo delle olive. Chiedo se quelle verdi, in fondo, sono dolci, non vedo bene.

Lei, che  non sta servendo me, ma mi aveva notato perché rovistavo nella cesta dei salumi in offerta e li avevo fatti cascare sul loro banco a pioggia, dice: “Non sono quelle verdi, sono quelle di Cecchignola.” E poi, dopo un po’, dice una frase e io capisco che lei ha fatto il servizio militare, invece dice che le olive di Cecchignola sono le olive che hanno fatto il servizio militare, insomma era una battuta.

“Come hai fatto il servizio militare?” Domando. Siamo lì, tutti in fila, le due signore che serve lei fanno le puntute a distinguere caciotte dai pecorini, io intanto mi ero distratta su altre olive.

E lei: “Magari”.

“Come magari?” Faccio io.

E mi racconta che era entrata  nei carabinieri, ma poi c’era un errore nella sua scheda e l’hanno chiamata. E però non era un errore e che quel “licenza inferiore” non stava per “superiore”, stava proprio per inferiore. E quindi niente carabinieri. Pare che il maresciallo l’abbia consolata per un’ora al telefono mentre lei piangeva a dirotto. Me lo racconta mentre incarta stracchino alle due signore che ascoltano curiose.

“Almeno questo è un lavoro sicuro…” Dico io, imbecille, e penso all’alpino ligure, 24 anni.

L’uomo che mi serve, il più storico, autorevole del banco, fa spallucce, mi guarda: “Sicuro? E’ più sicuro fare il carabiniere.”

Abbiamo un concetto di sicurezza diverso, ovviamente. Ma forse anche questa diversità è un lungo racconto della città, delle classi sociali, delle aspettative. E non c’è molto da stupirsi se quelli che muoiono nelle missioni di pace (eufemismo per assolvere coscienza da mondo occidentale) sono tutti di estrazione povera e la maggior parte del sud. Prima o poi una riflessione sul tema dovremo pure avere il coraggio di farla in modo serio. Oggi un mondo armato è un mondo diseguale. E un mondo più uguale sarà un mondo meno armato.

Torniamo a casa. Mentre sbucciamo fagiolini c’è qualcuno che spara botti come fosse capodanno, roba da migliaia di euro. Qualcuno dal palazzo popolare accanto gliele manda a dire che nemmeno fosse la sera del derby.

Il prossimo governo deve mettere mano alla disuguaglianza e alle opportunità. Non c’è altra strada se non la scuola, se non una redistribuzione della ricchezza per riportare il Paese a valori accettabili di convivenza. La rabbia che vediamo è solo di riflesso figlia dell’antipolitica. Nessuno degli italiani, nessuno davvero, ha mai pensato di avere una classe politica complessivamente onesta e incorruttibile. E’ che fino a poco tempo fa la vita era ancora sostenibile. Ora che non lo è più (basta vedere il contenuto dei carrelli della spesa alla fine del mese) l’intolleranza per l’ingiustizia ha superato i livelli di guardia. Non resta che sperare che sia un’opportunità e non un rischio.

 

 

La finta fine di questo ventennio.

Per superare questi 20 anni non basterà cambiare la classe dirigente o non avere Berlusconi (o D’Alema) candidato.

Serve scardinare un sistema di potere tra politica e potere che ha investito ogni settore della vita sociale.

Il ricambio necessario è molto più profondo e culturale di due o tre nomi in meno. Sono i legami che hanno intessuto con banche, sindacati, associazioni, imprese che hanno sfiancato il Paese e reso impossibile una dialettica vera tra la politica e il Paese.