La meraviglia.


Questa estate siamo andati a salutare S. , prima di partire. Aveva il muso lungo e alla fine in inglese mi ha detto che il suo unico desiderio era rivedere T. che aveva incontrato nella precedente casa famiglia.

S. ha 12, forse 13 anni. Viene dalla Nigeria. Ha fatto il viaggio fino in Libia, è stato in carcere, ha fatto la traversata in nave.

T. ne ha 11 di anni, è italiano e ha probabilmente “fatto” un altro tipo di traversata. S. e T. sono stati insieme in casa famiglia per pochi mesi, poi S. è stato spostato in una casa famiglia più adatta alle sue esigenze di crescita e formazione.

Gli abbiamo promesso che avremmo organizzato questo incontro.

Quando S. e T. si sono visti si sono abbracciati. Una cosa breve, molto maschia ed adulta (ma piena di infinita tenerezza che ovviamente noi adulti tutti a piagne) anche perché tutti noi stavamo sul piazzale a guardare, ad assistere increduli a questa storia di amicizia tra bambini come se fossimo ad un Safari a guardare quanto sono buffe le giraffe o come allattano i leoni. Come se i bambini della nostra specie fossero un’altra cosa, come se ci fossimo dimenticati della potenza delle nostre emozioni di bambini. come se ci fossimo dimenticati anche i libri che abbiamo letto dai ragazzi della via Paal a Pollyanna a Remì, ad Heidi, all’Amico Ritrovato, Piccole Donne, Peter Pan. Eppure, dico, se ci siamo dimenticati di noi da bambini, come abbiamo potuto dimenticare anche tutte le cose lette? Come se fossero favole, come se non ci credessimo più una volta diventati adulti.

Forse spesso noi adulti non valutiamo adeguatamente la forza di quei sentimenti, la sottovalutiamo (Edoardo Tagliani me lo hai ricordato con la storia del Pirata traslocante che si è dichiarato il più adatto ad accogliere il nuovo compagno ucraino perché ne poteva capire – secondo lui – il trauma da sradicamento).

Ma soprattutto la meraviglia di due bambini feriti che invece di leccarsi le ferite e chiudersi, si sono accolti, sostenuti (S ha detto proprio cosi: “quando sono arrivato non c’era nessuno, c’era solo T a starmi vicino.” T…undici anni), hanno superato lo scoglio della lingua, del colore della pelle, della cittadinanza. Tutte le nostre sovrastrutture, le nostre Babilonia: monnezza.

p.s. non posso nominarle per ovvi motivi, ma grazie (duemila volte) alle due case famiglia che hanno reso possibile l’incontro, che lo hanno organizzato, che stanno crescendo questi due giovani uomini al meglio possibile per le condizioni al contorno.

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